Capitolo 3

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Melek

<Ti avevo detto di chiamarmi appena l'aereo atterrava. Quando stamattina mi sono svegliata e ho constatato che non hai fatto quello che ti avevo chiesto mi è salita l'ansia, ho pensato che...>

<Non dirmi che hai pensato che l'aereo fosse esploso o che mi avessero rapita> borbotto con la voce impastata cercando di non perdere il filo della conversazione. Proprio prima che squillasse il mio telefono stavo per addormentarmi e chi poteva essere se non la mamma.

<Conoscendoti sono sicura che sarebbe potuto succedere anche di peggio> dice la mamma sicura di se strillando.

<Ma che ti urli?> sbotto conto di lei mentre allontano il telefono dall'orecchio. Quando ci si mette sa essere decisamente fastidiosa.

<Ti avevo semplicemente detto di fare la brava e di chiamarmi>

<Giuro che ho fatto la brava> rispondo ridacchiando mentre penso a quel ragazzo ma quando mi rendo conto di quanto posso essere scema divento seria mentre il mio sorriso svanisce. Dannato sconosciuto di nome Damon.

<Guarda neanche te lo chiedo> risponde la mamma sospirando. Lei mi conosce meglio di chiunque altro e sa quanto in realtà sono combina guai ma questa volta posso dare la colpa a quel ragazzo, non ha fatto altro che infastidirmi.

<Comunque, hai mangiato?> chiede poi la mamma cambiando discorso.

<Mi sono presa qualcosa per strada>

<Ti piace la tua stanza?> chiede curiosa mentre io scoppio a ridere.

<Mamma, sei stata tu a scegliere l'appartamento> rispondo constatando l'ovvio.

"Non mi fido di quelle stanze in comune" è questo quello che aveva detto quando ha saputo del mio trasferimento così aveva deciso di prendermi un appartamento. L'accademia mette a disposizione delle stanze per le persone che vengano da fuori o che comunque sia abitano lontano, un po' come chi frequenta il college e sta al dormitorio.

<Con te è impossibile parlare> sbuffa forse irritata per poi staccare la chiamata.

"Sei peggio di quelle vecchiette che si riuniscono per sparlare" digito velocemente per poi inviare il messaggio alla mamma.

<Si dice spettegolare. Fammi lavorare, ti chiamo più tardi> leggo a voce alta la sua risposta mentre alzo gli occhi al cielo.

"Ma se eri già al lavoro" rispondo mentre ridacchio. Quando la mamma ha voglia di spettegolare come dice lei si deve fermare persino il mondo intorno a noi.

"Chiama tuo fratello" impreco mentalmente dopo aver letto la sua risposta. Mi alzo dal divano qualche istante dopo quando capisco che ormai la mia quiete è finita. Il rapporto bellissimo che avevo con mio fratello da piccoli non è più così bello come un tempo. Tutti noi abbiamo un sogno e il suo era quello di arruolarsi per questo aveva scelto di seguire l'accademia militare e quando ha compiuto 18 anni è partito per seguire i suoi sogni ma la sua scelta ha causato la rottura del nostro rapporto. All'epoca io avevo solo 14 anni e lui che era tutto il mio mondo mi lasciò sola. Inizialmente accettai la sua partenza e cercavo di tirarmi su da sola pensando a quando mi avrebbe chiamato dandomi la possibilità di sentire nuovamente la sua voce. La mamma da piccoli ci prendeva sempre in giro dicendo che io e Jason sembravamo siamesi, facevamo praticamente tutto insieme, eravamo uno la metà dell'altro ma come tutto finisce anche il nostro rapporto con gli anni si è raffreddato. Quando Jason è partito i primi giorni chiamava sempre ma poi i giorni passavano e le chiamate diminuivano ma a me andare bene anche così, per me l'importante era sentirlo, sapere che stessi bene ma nell'ultimo periodo si inventava sempre delle scuse per parlare sempre di meno con me ma tutto cambiò quando un giorno lo chiamai in preda alla paura e lui mi rispose in modo freddo di lasciarlo in pace. Quel giorno nonostante sapessi che lui si trovava dall'altra parte del mondo e non poteva aiutarmi in nessuno modo io avevo solo bisogno del mio fratellone, avevo bisogno di avere la certezza che tutto sarebbe andato bene, avevo bisogno di lui ma mio fratello non mi voleva. Ho odiato Jason quel giorno.

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