2. Get Over It (parte 3)

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Il week end passò velocemente e non avevo perso tempo per il compito di matematica in arrivo, studiando giornalmente la materia

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Il week end passò velocemente e non avevo perso tempo per il compito di matematica in arrivo, studiando giornalmente la materia. Conoscevo talmente bene gli argomenti da ricordarli a occhi chiusi. Il mio punto debole non era infatti tenere a mente le formule o i concetti ma l'ansia: durante i compiti venivo assalita da dubbi stupidi che accecavano il mio lato razionale, impedendomi di vedere gli errori e di correggermi.

La settimana era appena cominciata e quel giorno all'ultima ora ci attendeva il compito di Inglese. Io e Marika ci appartammo in sala lettura durante la ricreazione: era un'aula all'ultimo piano dove non andava mai nessuno e potevamo ripassare in tutta tranquillità. Anche Sonia venne a trovarci, per stare in compagnia. Non ero preoccupata per l'esito del compito: ero molto brava in lingua inglese e sarebbe stata una passeggiata.

La campana ci avvertì che le lezioni stavano per ricominciare e con enorme disappunto scendemmo per tornare in classe. Stavamo attraversando uno degli atri del secondo piano quando all'improvviso, un gruppetto di ragazzi scese dalla scala davanti a noi dirigendosi nella nostra direzione. Squadrai gli studenti e con enorme sorpresa riconobbi un viso ben noto: il ragazzo misterioso. Non potevo crederci: che ci faceva nella mia stessa scuola? E se fosse davvero venuto lì per pedinarmi? Irene ci aveva visto giusto.

- Sarah, ma quello non è.... - esclamò Marika guardando in direzione del gruppo.

- Si, e non capisco perché è qui - risposi scocciata.

In fondo non gli avevo fatto nulla: perché era venuto a cercarmi? Gettai un'occhiata a Sonia, sorpresa dal suo silenzio inaspettato e notai un'espressione particolare sul volto. Nessuna di noi si aspettava di vederlo gironzolare tranquillamente per gli atri della scuola senza che nessun inserviente o professore lo fermasse. Era pur sempre un estraneo, no? E come aveva fatto a entrare? Che avesse delle talpe? Nah, troppa fantasia.
Accarezzai per un attimo la possibilità che fosse anche lui uno studente del mio istituto ma la bocciai subito, poiché non lo avevo mai visto prima di quel martedì sera. Non poteva essere una coincidenza che lui fosse lì. La teoria del pedinamento era quella più esatta. Ero sicura avesse fatto apposta a seguirmi forse per prendermi ancora in giro. Tanto valeva prendere l'iniziativa e aprire la bocca per prima.

- Ammettilo che fai apposta a seguirmi ovunque! - gli gridai arrabbiata.

Il gruppo non mi aveva notata: lo capii dagli sguardi di stupore che si dipinsero sui loro volti nell'udire la mia voce. Si fermarono in mezzo all'atrio a pochi metri da noi. Erano in cinque e per la prima volta vidi il ragazzo alla luce del sole: notai il suo viso contratto in una smorfia di rabbia e scocciatura, incorniciato dai capelli castano chiaro quasi biondo che gli ricadevano attorno al volto, evidenziandone gli zigomi alti, e in parte davanti agli occhi, vivi e luminosi. Gli altri di fianco a lui erano gli stessi dell'altra volta: c'era un ragazzo con i capelli neri lunghi fino al collo, alto e slanciato come lui, uno più piccolo e giovane con il viso da ragazzino e piccoli occhi neri e vispi, quello che sembrava un gigante e un altro dal viso piuttosto anonimo e i capelli rasati, di corporatura muscolosa.

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