17. Time Is Running Out (parte 3)

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Prinz posteggiò la moto in mezzo al fiume di bici, accatastate disordinatamente le une alle altre e salimmo i gradini per giungere nell'atrio della stazione

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Prinz posteggiò la moto in mezzo al fiume di bici, accatastate disordinatamente le une alle altre e salimmo i gradini per giungere nell'atrio della stazione. Ci guardammo attorno ma né alla biglietteria né nelle sale d'attesa trovammo la ragazza.

- Andiamo a vedere sui binari - Prinz mi prese per mano e mi trascinò nel corridoio di sinistra, diretto al primo binario. Ci guardammo attorno ma c'era troppa gente e alcune ragazze somiglianti ci ingannarono. L'altoparlante avvertì l'arrivo imminente dei treni e la folla cominciò a muoversi scomposta in ogni direzione. - Da qui non vediamo nulla. Proviamo di là -

Prinz mi strattonò verso l'atrio ma anziché tornare alla biglietteria, andammo dritto a imboccare il sottopassaggio, che si diramava al di sotto dei binari come una spina dorsale cui a ogni costola corrispondeva una galleria d'accesso al binario in superficie. Risalimmo a metà della galleria tra gente che andava e veniva, portando con sé voluminose valigie o semplici zaini. Una volta arrivati di sopra, ci guardammo nuovamente attorno in modo frenetico.

- È inutile Prinz, lei non è qui. Sarà già a casa o magari... -. Le parole mi morirono in bocca quando dall'altra parte del binario, una ragazza minuta con le guance rigate dalle lacrime e un enorme fiore viola in testa, guardava sconsolata il treno che stava avanzando. - Eccola! - gridai con il braccio proteso in avanti. Prinz seguì il mio dito.

- Cazzo vuole fare? - domandò preoccupato.

- Ho un brutto presentimento -

Senza pensarci due volte, Prinz mi trascinò di nuovo nel sottopassaggio, correndo per raggiungere il binario dove era Valentina.

- Dobbiamo raggiungerla subito - intimò il ragazzo. Una parola che si perse in mezzo alla folla, tra spintoni e imprecazioni di sdegno gridate dalle persone che urtavamo. Mi sentivo soffocare: il calore dei corpi, gli odori e le grida. Prinz mi teneva sempre più stretta per non perdermi. Svoltammo improvvisamente a destra e iniziai a respirare un po' di aria fresca: eravamo tornati in superficie. - La vedi? Dovrebbe essere qui! -

Notai con orrore che il treno era già arrivato e si era fermato. - Forse siamo arrivati troppo tardi - commentai preoccupata. Non poteva essere vero. Non poteva essere successo. Attorno al treno c'era una gran folla ma nessuno stava urlando o peggio ancora, nessuno era sui binari.

- Ma era qui - insistette Prinz.

Avanzammo lungo la banchina con passo spedito e rimanemmo sorpresi nel trovare Valentina rannicchiata a terra contro un pilastro, completamente ignorata dalla gente che le passava sui piedi. La ragazza stava piangendo in silenzio, le lacrime a incorniciarle di nuovo il viso. Ci avvicinammo cautamente per non spaventarla e la chiamammo per nome ma la ragazza sembrava non sentire: continuava a ripetere in una nenia "non ce l'ho fatta".

Prinz l'aiutò ad alzarsi e la portò lontano dalla confusione, in un angolo della banchina ancora vuoto, facendola sedere su una panca. Valentina sembrava non rendersi conto di ciò che le stava succedendo e continuava a guardarci perplessa e a ripetere quella frase all'infinito, mentre noi non facevamo che chiamarla per nome dicendo che andava tutto bene. All'improvviso la ragazza sembrò svegliarsi dallo stato d'incoscienza e si agitò.

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