26. Sometimes You Can't Make It On your Own (parte 3)

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Nel giro di qualche giorno mi ripresi

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Nel giro di qualche giorno mi ripresi. La spalla non si era rotta fortunatamente. Era la prima volta che le avevo prese in quel modo per di più da dei teppisti.
Avrei dovuto odiarli e temerli ma dentro di me era invece scattato l'effetto contrario e ora li invidiavo ancora più di prima.
Ero rimasto affascinato da loro: quella notte mi avevano dimostrato quanto fossero forti, cosa significasse appartenere a un gruppo. Ciò che io avevo dimenticato.

Ero sempre stato abituato a essere circondato da gente, a trovarmi al centro dell'attenzione e ora il ritrovarmi solo mi infastidiva. Ciò che mi bruciava di più non era il fatto di averle prese da loro ma di non essere stato capace di reagire. Loro mi vedevano come una merda.
Se volevo essere ascoltato non dovevo arrendermi ma reagire e dimostrarmi pari a loro. Ma come fare? L'occasione me la mise tra le mani il caso.

Avevo passato la mattina a gironzolare per la città a vuoto e nel tardo pomeriggio, andai a cazzeggiare nei pressi del sotto mura. Li vidi in distanza ma non mi avvicinai; decisi di risalire le mura e riposarmi sotto un albero, gettando di tanto in tanto occhiate sia a loro sia alle ragazze che passavano facendo jogging. Un'ora dopo il mio arrivo, il gruppo se ne andò; decisi di fare lo stesso. Presi lo zaino pieno di libri che non avevo mai aperto e m'incamminai verso casa.
Dopo cena ero di nuovo fuori: stare in casa m'irritava sempre di più. Gli sguardi e le frasi apprensive di mia madre, i rimproveri di mio padre per il modo in cui stavo buttando via la mia vita. Non li sopportavo.
Si erano accorti che qualcosa in me non andava, così avevano detto quando ero tornato a casa pestato a sangue qualche notte prima. Dovevano aspettare di vedermi così per capire quello che mi stava succedendo? Troppo tardi.

L'unico sollievo era starmene lontano da casa anche se ormai conoscevo a memoria ogni via o struttura di Ferrara e dintorni. Tagliai per una via laterale in fondo al mio quartiere e capitai in un vicolo abbandonato: non avevo alcuna meta come al solito, volevo solo restare fuori fintanto che i miei non fossero andati a dormire.
In fondo alla via illuminata da una fioca luce, vidi alcune persone. Si stavano menando e tra di loro riconobbi l'imponente sagoma di Nero. Non c'erano tracce degli altri. Solo lui e un altro ragazzo che avevo già visto e stavano combattendo contro altri quattro ragazzi.

- Quando arriveranno gli altri sarete già finiti - pronunciò uno dei quattro tenutosi fuori dallo scontro; ero sicuro fosse il capo dell'altro banda.

Rimasi per un attimo in disparte a osservare la scena colpito dalla forza di Nero: riusciva a battersi contro due persone contemporaneamente mentre l'altro ragazzo stava soffrendo la presenza del suo unico avversario. Vidi il capo dell'altro gruppo prendere qualcosa da terra e avvicinarsi furtivamente alle spalle di Nero.

Reagii: mi scagliai verso quel vigliacco colpendolo ai reni con un calcio e facendolo cadere a terra. Nero rimase sorpreso nel vedermi ma non badò troppo a me, occupato come era a tenere testa agli altri due.

- Ehi ragazzino, hai voglia di prenderle anche tu? - mi chiese il capobanda rialzandosi da terra. Il ragazzo mi attaccò ma riuscii a tenergli testa facendolo andare a k.o. dopo un paio di colpi dati e presi. Mi guardai attorno affaticato per la lunga lotta e notai che anche Nero e l'altro ragazzo erano riusciti ad abbattere i loro avversari.
Guardai quel gigante: nessuna emozione sul suo viso. Si avvicinò e mi diede un pugno in faccia ma questa volta non crollai.

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