1. Skater Boy (parte 1)

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He was a boy, she was a girl, can I make it any more obvious?

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He was a boy, she was a girl, can I make it any more obvious?

❤️

Ero arrivata in finale! Ce l'avevo fatta! Il premio per Best Rock Artist dell'anno sarebbe stato mio. Fremevo dall'eccitazione: bastava solo che il conduttore pronunciasse il mio nome e la folla sarebbe scoppiata in un fragoroso applauso. Avrei stretto la mano ai due perdenti accanto e mi sarei gettata sul pubblico di fronte a me per fare un surf.

- Il vincitore della Rock Competition è... - esclamò l'uomo aprendo la busta.

"Dai! Dillo!" pensai con le mani giunte in preghiera. Il conduttore tirò fuori il cartoncino con il nome, avvicinò il microfono alle labbra, prese un breve respiro e pronunciò... DRRIINN!!!

Spalancai di scatto gli occhi, accesi la luce sopra la testa e con gran rammarico realizzai di trovarmi in camera mia: il solito armadio bianco, la solita scrivania piena di cose. Il solito disordine che mia madre mi rinfacciava ogni santo giorno. Gettai un'occhiata incurante alla sveglia sul comodino e mi stropicciai gli occhi con fare assonnato.

Era stato solo un sogno, uno dei tanti da aggiungere alla mia straripante collezione. Che delusione! La cosa che però mi aveva più innervosita era che quel sogno era stato interrotto proprio sul più bello dal suono del cellulare. Gettai un'occhiata alla sveglia e presi in mano il cellulare: volevo sapere chi era quello scemo che mi aveva mandato un messaggio. Marika. Curiosa e scocciata lessi il testo del messaggio: "Sarah dove sei?". Dove pensava che fossi? Stavo dormendo! Erano le 5:02 e la sveglia sarebbe suonata solo da lì a due ore. Iniziai a risponderle, insolenze comprese, ma dopo le prime tre parole mi fermai in preda a un dubbio: e se aveva bisogno?

"Certo che a quell'ora..." constatai tra me e me.

Decisi di telefonare alla mia amica per cancellare ogni interrogativo. Lasciai suonare per diversi minuti, riprovando almeno per altre quattro volte ma Marika ignorava le mie chiamate. Non mi restava che scriverle un messaggio a cui avrebbe sicuramente risposto o magari mi avrebbe chiamata, se aveva davvero bisogno.

Ripresi la scrittura quando gli occhi furono catturati dall'ora di invio del messaggio: le 8.00. Un tremendo dubbio mi assalì: guardai di nuovo la sveglia sul comodino tranquillamente puntata sulle 5:02. Pensai che l'orologio del cellulare fosse tarato male e presi in mano il mio orologio per controllare: faceva le 8:02.

8:02! Oddio! A momenti non mi venne un infarto: la scuola sarebbe iniziata di lì a otto minuti. La sveglia si era scaricata e non aveva suonato lasciandomi bella e beata nel mondo dei sogni. Scesi subito dal letto e mi infilai i jeans e la maglia che avevo abbandonato sulla sedia il giorno prima; buttai nella borsa alcune cose che avevo lasciato sulla scrivania, passai velocemente la matita nera negli occhi e presi la custodia con dentro la chitarra per le prove del pomeriggio con le Black Cat.

Uscii immediatamente senza neppure aver fatto colazione, sperando di avere con me qualcosa da addentare mentre correvo. Lottai alcuni secondi con la porta di casa che sembrava non volersi chiudere finché non ci rinunciai: di lì a pochi minuti sarebbe arrivata la donna delle pulizie e non avevo di che preoccuparmi. Presi la bici e iniziai a pedalare in fretta per le vie della città, salendo sul marciapiede e rischiando pure di investire qualcuno, per evitare l'imbottigliamento di auto dell'ora di punta. Ferrara si era svegliata presto e nelle sue vene scorreva già il traffico quotidiano di madri che portavano a scuola i figli, di autobus dai vetri appannati colmi di ragazzi prelevati dall'ultimo treno arrivato in stazione, i lavoratori assonnati e svogliati che si dirigevano sul luogo di lavoro, le biciclette che passavano da ogni parte; il rumore dei clacson, l'alternarsi dei semafori verdi e rossi, le nuvole di smog e tanti altri suoni, colori e odori che rendevano la mia città unica. Passando di fianco a un orologio affisso al muro di un negozio gettai un'occhiata ai numeri verde acido lampeggianti: 8:09. Miseria, non ce l'avrei mai fatta. Avevo ancora cinque minuti di tragitto. Perché tutte a me?

Soundtrack:LoveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora