6. Faint (parte 5)

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Quella sera a cena i miei notarono che ero troppo silenziosa

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Quella sera a cena i miei notarono che ero troppo silenziosa. Dissi loro che ero giù perché avevo preso un po' di raffreddore, motivo che sfruttai anche per giustificare la mia mancanza di appetito; per fortuna credettero alla bugia e non badarono troppo al mio insolito comportamento. Se fossi tornata a casa quando loro erano già rientrati da lavoro non avrei potuto nascondergli niente.

La bugia del raffreddore si trasformò in verità un'ora dopo cena. La febbre a trentotto e qualche giorno di assenza da scuola erano tuttavia solo l'aspetto superficiale del mio vero stato d'animo. Inizialmente mi sentivo in colpa, come se tutto fosse dipeso da me e alimentavo questa stupida tesi con i fatti: se non avessi giocato con il fuoco non mi sarei scottata. Sebbene le mie amiche cercassero di dissuadermi, di dirmi che non dipendeva da me, continuavo ad avvertire dentro uno stato di disagio: era come se fossi sull'orlo del baratro, pronta a cadere da un momento all'altro al minimo soffio di vento.

Mi faceva strano immaginarmi in quello stato. Avevo perso completamente voglia di parlare o reagire; volevo solo chiudere gli occhi e non ripensare a quanto successo. Ero rimasta scioccata da quell'avvenimento. Non avevo mai pensato che una persona, un ragazzo per giunta della mia età o di poco superiore, potesse trattare una ragazza con così tanto odio e disprezzo da desiderare di vederla morire. Pensavo che solo nei libri o nei film succedessero queste cose ma mi ero sbagliata, così come mi ero sbagliata a comportarmi da perfetta incosciente con persone così poco raccomandabili.

La cosa più difficile da mandar giù fu il forte senso di impotenza che provai durante e subito dopo quei fatti: quello che mi bruciava era di non essere riuscita a reagire, di aver avuto le mani legate e non aver quindi potuto affrontare quel bastardo. Per una come me sempre aperta alle sfide, fu davvero difficile in quei momenti affacciarsi all'idea di aver raggiunto i propri limiti e rendersi conto di essere debole.

Le mie amiche mi stettero vicino il più possibile, incoraggiandomi a reagire e funzionò. Capii che dovevo uscire da quella situazione e tornare a dedicarmi alla vita: la musica, il divertimento e... la matematica.

Presto presi coraggio e tornai a scuola per l'ultima settimana di lezione ma cancellammo le uscite al Fusion, poiché non mi sentivo ancora pronta per suonare; d'accordo con Massimo saremmo risalite sul palco dopo le feste. Stavo tornando la vecchia Sarah di sempre, quella che le mie amiche avevano imparato a conoscere e ad amare; era come se l'acqua di quel giorno fosse completamente scivolata via da me.
Tuttavia, dove l'acqua passa lascia sempre una traccia; invisibile ma sempre presente. Avevo rilegato tutto nel profondo, nella parte inconscia della mia mente perché avevo deciso di tornare a dedicarmi alla mia vita: dopo le vacanze mi sarebbe toccato il compito di matematica e non potevo gettare all'aria quell'occasione.

La diga dei miei pensieri tuttavia era troppo fragile per trattenere il torrente in piena dei miei sentimenti: sarebbe bastata una goccia e tutto sarebbe strabordato, rompendo gli argini e distruggendo ciò che avevo difficilmente e momentaneamente ricreato.


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Sarah si trova in una situazione di estrema fragilità: riuscirà a rimanere integra senza spezzarsi del tutto?
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Stay tuned!

Soundtrack:LoveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora