27. My Happy Ending (parte 2)

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L'odore intrigante del dopobarba di Castelli era più forte nell'abitacolo, mescolato a un leggero sentore di fumo

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L'odore intrigante del dopobarba di Castelli era più forte nell'abitacolo, mescolato a un leggero sentore di fumo. Allacciammo le cinture e partimmo a tutta velocità.

- Sai dirmi che posti frequenta? Possiamo controllare subito lì -

Gli elencai i luoghi in cui lo avevo visto girare con il gruppo e ci immettemmo nel traffico cittadino della tangenziale, diretti verso la prima meta: la Rivana. Estrassi il cellulare dalla borsa e telefonai alle mie amiche, rassicurandole che tutto andava bene nonostante mi avessero vista andar via in tutta fretta. Il tono di Irene era scettico ma non insistette troppo per evitare di allarmare le altre.

- Tutto ok? - domandò l'ispettore vedendo i lineamenti tesi sul mio volto dopo aver riattaccato.

- Sì, sì - lo rassicurai - ho solo telefonato alle mie amiche per calmarle o chissà cosa avrebbero pensato vedendomi allontanare con lei -

Castelli sorrise appena e continuò a guidare concentrato.

- Non accende i lampeggianti? - domandai curiosa.

- Questa è la mia macchina privata e non ne è dotata. Non potevo usare quella di servizio o avrei destato sospetti. Ricordati che quello che ti ho detto è una confidenza -

Non risposi ma annuii tacitamente. Mi girai verso l'ispettore e cominciai a fissarlo mentre il mio cervello stava macchinando strane teorie. Quell'uomo così affascinante e potente stava infrangendo più di un voto e tutto questo perché ero la figlia di un vecchio amore dell'università. Fino a che punto potevo davvero fidarmi di lui? Fino a che punto la cosa sarebbe andata avanti? Mi dissi che stavo facendo assurde macchinazioni perché non avevo altro da fare ed ero tesa: mi capitava spesso di pensare strane cose quando mi trovavo sotto pressione come in quel momento.

Castelli si accorse che lo stavo guardando e mi sorrise. Distolsi subito lo sguardo imbarazzata e mi dedicai al paesaggio fuori dal finestrino, che scorreva a una velocità superiore ai limiti indicati dai cartelli stradali.

- Non va troppo forte? - domandai per spezzare l'imbarazzo.

- Hai paura? - mi domandò.

- No, è che, insomma, rischia una multa -

L'uomo abbozzò una risata.

- Hai presente chi sono, vero? -

Stupida. Per lui tutti i semafori erano verdi e non esistevano limiti di velocità.

Il mio sguardo fu catturato da un adesivo sul cruscotto: era lo stemma della squadra di basket della città. Mi venne un groppo alla gola e tornai con la testa a Prinz. Veniva lui prima di tutto. Non sapevo ancora come impostare il discorso ma tanto valeva essere diretti e non fare giri di parole. Sapevo che si sarebbe incazzato ma non potevo fare altrimenti: ci andava di mezzo la sua vita e la nostra storia. Il mio cervello cominciò a vagare.

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