3. Lo sai che ti vedo, vero Anne?

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Venni svegliata da un leggero trambusto proveniente dalla cucina, aprii gli occhi e quando notai che il sole non era ancora sorto insultai mio fratello mentalmente. Controllai l'ora e vidi che erano da poco passate le sei. Provai a rigirarmi dall'altra parte coprendomi la testa con il piumone, ma i rumori dalla cucina erano decisamente troppo alti. Mi alzai controvoglia, indossai una felpa di mio fratello, andai in cucina e lo trovai seduto con una faccia disgustata mentre guardava la tazza di cereali davanti a lui. <<Fanno proprio schifo questi cereali, perchè li hai presi?>> mi chiese ancora mezzo addormentato. Non risposi, non ero ancora mentalmente pronta per una conversazione, ma mi limitai ad aprire il frigo in silenzio. Presi del succo, me lo versai in un bicchiere e mi misi di fronte a lui. Facemmo colazione in silenzio, consapevoli del fatto che la mattina in casa nostra vigeva una sola regola: non si parla fino al caffè. Provai ad assaggiare i cereali, ma mio fratello aveva proprio ragione: facevano letteralmente schifo. Presi dei biscotti come alternativa e mentre li mangiavo guardai Thomas che si era alzato per preparare due caffè. Non caffè americani, ma solo ed esclusivamente caffè espresso. Le nostre origini italiane erano più che radicate in noi. I nostri genitori erano italiani, ma dopo il matrimonio si trasferirono qui in America, dove nascemmo sia io che Thomas. Ogni anno andiamo a trovare i nonni; anche se i nostri genitori se ne sono andati continuiamo a passare almeno una settimana estiva in quella magnifica penisola. Il rumore della tazzina sul tavolo mi riportò alla realtà, l'afferrai e ci misi un solo cucchiaino di zucchero, mentre Thomas la bevve così com'era. Quante volte mi sono sentita dire "ma senza zucchero senti meglio il sapore del caffè bla bla bla", ma se a me piace con lo zucchero cosa posso farci? Di certo berlo senza zucchero non è una motivazione valida per vantarsi e auto proclamarsi assaggiatori professionali di caffè.

Solo dopo aver bevuto il contenuto della tazzina decisi di parlare. <<Come mai sveglio così presto?>> chiesi con una voce ancora assonnata. <<L'ufficio in cui devo andare è in un palazzo in centro città, considerando che devo essere là alle otto e il traffico, almeno per le sette e venti devo uscire>><<Sei pazzo ad andare in macchina fino a là?>> chiesi immaginandomelo imbottigliato nel traffico newyorkese. <<Infatti non vado in macchina fino a là, arrivo fino ad un parcheggio dove c'è vicino la fermata della metro e poi proseguo con quella>> rispose lui con tono saccente, come se fosse ovvio. Lavai le cose usate per la colazione, e anche quelle della sera prima, per poi girarmi e trovarmi mio fratello tutto in tiro in mezzo al salotto, completamente in panico mentre tentava di allacciarsi la cravatta. Mi misi a ridere e lui mi fulminò con lo sguardo. <<Cosa c'è di così divertente Miss. Anne?>> chiese acidamente. Ecco cos'abbiamo in comune io e mio fratello: l'acidità improvvisa. <<Niente, niente... solo che l'ultima volta che ti ho visto vestito così elegante è stato al matrimonio dello zio Sam, otto anni fa>> risposti sollevando le mani in segno di resa. <<Invece che ridere vieni ad aiutarmi con questa cosa infernale. Non capirò mai perchè papà ha insegnato a te ad annodare la cravatta e non a me>>. Mi avvicinai a lui ridacchiando, mi posizionai davanti a lui e gli annodai la cravatta pensierosa. É vero, chissà perchè papà l'aveva insegnato a me e non a lui. Al pensiero di papà mi rattristai un po', mi mancavano come l'aria, nonostante fossero passati quattro anni dal tragico evento. Thomas se ne accorse ed appoggiò le sue mani sul mio viso. <<Scusami Anne, non volevo portare a galla ricordi dolorosi>> mi disse sinceramente guardandomi negli occhi. I suoi occhi, così uguali ai miei, così uguali a quelli di mamma e così diversi da quelli di papà. Io, Thommy e mamma avevamo degli splendidi occhi azzurri, mentre papà li aveva scuri, quasi neri. Al contrario papà era stato un uomo con i capelli sul biondo, così come i miei, mentre mamma e Thomas condividevano lisci capelli scuri. <<Non ti preoccupare Thomas, non sono ricordi dolorosi, sono ricordi di momenti felici e non voglio mai dimenticarli>> risposi sorridendo, anche se sentii una lacrima scendere lenta sulla mia guancia. <<Ora vai, e spacca il culo a tutti, fai vedere la dentro chi è davvero Thomas Bianchi>> gli dissi passandogli il cappotto.

Dopo che fu uscito sistemai i letti di entrambi dato che, ovviamente, mio fratello non sistemava mai il suo. Presi il computer e mi sedetti sul divano, pronta a mandare la mail per chiedere quando avrei iniziato lo stage. Una volta mandata la mail decisi di farmi una doccia, volevo uscire quel giorno, magari avrei fatto una sorpresa a Thommy e sarei andata sotto il suo ufficio per aspettarlo una volta uscito. Ero più che sicura che lo avrebbero assunto, insomma, era un Bianchi!

Dopo essermi preparata decisi di controllare l'indirizzo dell'ufficio, così andai su Google e digitai "Styles Enterprise", segnai l'indirizzo, ma prima che potessi chiudere la pagina un articolo attirò la mia attenzione. "Harry Styles, figlio del famoso proprietario dell'impero multimiliardario Styles, decide di prendersi una pausa dall'azienda". Rimasi un attimo confusa, chi lascerebbe mai quel posto di lavoro? Poi lo vidi, sorridente, in una foto scattata un bel po' di tempo prima. Era lui, non potevo sbagliarmi. Quei capelli, quegli occhi, quel sorriso e quelle fossette. Era lui il misterioso ragazzo dagli occhi verdi. Si chiamava Harry, ma non era solo un Harry qualunque, era Harry Styles, il figlio del probabile capo di mio fratello. Decisi di uscire comunque. Mi avviai verso la fermata del bus più vicina, salii, pagai il biglietto ed aspettai che partisse. Lo skyline di New York era sempre bella da vedere. Non mi importava quante volte l'avessi già vista, ma ogni volta mi toglieva il fiato. Scesi all'ultima fermata, quella proprio al confine con la grande città e dopo essermi persa a guardare gli alti palazzi mi avviai verso la metro. Dopo un bel po' di fermate scesi a quella più vicino al palazzo dove si trovava mio fratello. Controllai l'ora, erano le 10:47, mancava poco. Thommy mi aveva detto che per le undici sarebbe stato fuori, così decisi di aspettare.

Ero ancora immersa nei miei pensieri quando quasi neanche mi accorsi di chi stava uscendo dalla grande vetrata d'ingresso del palazzo. <<Merda...>> esclamai appena lo vidi, così provai a nascondermi dietro un grosso palo della luce accanto a me. Dopo interminabili secondi di silenzio sentii una risata sommessa, seguita da un <<lo sai che ti vedo, vero Anne?>>


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Nuovo giovedì, nuovo capitolo. Si inizia a conoscere qualcosa di più sui nostri protagonisti, la loro storia e i loro caratteri.

Per ora non ho altro da aggiungere, godetevi la calma di questi primi capitoli👀

Detto questo, al prossimo capitolo❣️

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