9. Promettimi che ti lascerai aiutare

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In poco tempo mi ritrovai davanti ad un palazzo enorme, pieno di vetrate e luci che si stagliava verso il cielo notturno. Entrò in un garage sotterraneo e parcheggiò la sua auto dove c'era scritto "Styles". Scesi un po' titubante e in silenzio lo seguii verso un ascensore. Una volta dentro prese un mazzo di chiavi, ne infilò una in una piccola serratura e schiacciò un tasto senza piano. L'ascensore iniziò a salire velocemente mentre l'unica cosa udibile era il silenzio. <<Avresti dovuto dirmelo subito, non a fine giornata>> sbottò poco dopo. <<Non pensavo fosse troppo importante, non volevo disturbarti inutilmente>>

<<Disturbarmi inutilmente? Ti arriva una minaccia e tu pensi che non ci sia una motivazione valida per scrivermi?>>

<<Non è una vera e propria minac->>

<<É una fottuta minaccia Anne, non puoi dire che non lo è>>

Le porte si aprirono con un tin in sottofondo e un enorme salotto mi si presentò davanti. Era un open space enorme, con una splendida vista di New York dall'alto. Entrai dopo di lui e mi osservai attorno affascinata. Il pavimento bianco faceva sembrare la stanza ancora più grande. Due divani in pelle erano sistemati ad angolo e di fronte a loro un enorme televisore nero spezzava lo spazio in due. Dall'altra parte la cucina sembrava nuova. Tutto giocava su due colori precisi: il bianco e il nero. Mi fece togliere la giacca e l'appese accanto alla sua vicino all'ascensore. Lo guardai e notai il suo sguardo fisso nei miei occhi. <<Che c'è?>> chiesi stizzita. <<Ti è caduta la lingua?>> disse divertito. <<Di solito sei tu che devi sempre avere l'ultima parola in una discussione, non io>> disse avviandosi verso la cucina. Lo seguii scuotendo la testa e piano piano un odore di cibo si fece sempre più insistente. <<Spero che la carne ti piaccia piccola Anne>> disse. Notai un tavolo nascosto dal piano ad isola della cucina: era già apparecchiato per due ed al centro un piccolo bouquet di rose bianche era in uno stretto vaso di vetro. Sorrisi e sentii le guance arrossire. <<Non sorridere troppo, il discorso di prima non è finito>> disse prendendo una bottiglia di vino. Prese un guanto da forno e aprì quest'ultimo. Tirò fuori il contenuto e iniziò a preparare i piatti. Scossi la mano dolorante dopo essermi beccata una cucchiaiata sul dorso e un "stai ferma, gli ospiti non devono fare nulla" e decisi così di sedermi. Mise i piatti al loro posto e si accomodò di fronte a me. Passammo una cena piacevole, a parlare di stupidaggini ed evitando il discorso di poco prima. <<Se vuoi il bis ce n'è ancora nel forno>> disse, ma scossi la testa sorseggiando il vino. <<Allora Anne, chi credi sia stato a minacciarti?>>

<<Non lo so Harry, non lo so proprio... Zayn non può essere stato e in ufficio solo lui sa dell'accaduto>>

<<Lui e colui che ha messo in moto questa schifezza>> mi corresse. Annuii sospirando e abbassai la testa. Sentii il suo tocco caldo e la sua presa farsi forte attorno alla mia mano. Lo guardai abbozzando un sorriso. <<Non voglio che ti succeda qualcosa Anne, non me lo perdonerei mai>>. Sentii la testa girare e i pensieri farsi frenetici. Ma chi? Io? Si stava davvero riferendo a ME? Impossibile.

<<Hai il biglietto qua con te?>> mi distrasse lui, allontanando la mano dalla mia. Annuii e mi alzai andando verso la borsa. Frugai e presi il biglietto. Lo osservò scrupolosamente, come se potesse vedere qualcos'altro oltre che quelle poche lettere nere sulla carta bianca. Lui osservava il foglio concentrato e io osservavo lui persa. Persa nei suoi dettagli, nelle piccole particolarità che aveva il suo viso. <<É qualcuno che ti conosce>> disse alla fine.

<<Come fai a saperlo?>>

<<Dice esplicitamente di tenerla in garage, sa che ne avete uno>>

<<Quasi chiunque in quei palazzi ha un garage, non vuol dire nulla>>

<<Ma la vostra macchina era sempre fuori, non in garage, poteva sembrare che non ne possedete uno. Questa persona qua invece, seppur vedendo la vostra macchina sempre fuori, è a conoscenza del fatto che possedete un garage che non usate per l'auto>>.

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