4. Ehi, tutto okay?

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Uscii dal mio nascondiglio sicura di avere il viso rosso. <<Che ci fai da queste parti?>> chiese lui divertito. <<Non sono obbligata a darti nessuna spiegazione>> dissi con freddezza. Harry si accigliò, ma non si scompose. <<Tu invece, che ci fai qua?>> gli rigirai la domanda, curiosa di sentire cos'avrebbe risposto. <<Beh..sono..sono entrato per portare una cosa ad un amico, ora stavo tornando a... a lavoro>> rispose cercando di dimostrarsi più sicuro di sè. <<Perchè mi menti, Harry?>>. Mi fissò intensamente. <<Aspetta, io non ti ho mai detto come mi chiamo, come fai a saperlo?>> chiese con un tocco di delusione nella voce. Indicai con un cenno della testa il grande palazzo accanto a noi, con l'enorme scritta "Styles Enterprise" al centro. Lo vidi abbassare la testa, forse deluso, ma non riuscii a capire bene le sue emozioni in quel momento. <<Scusa se non te l'ho detto, è che io..>> <<Harry non dovevi proprio dirmi nulla, ci siamo visti una sola volta ed in un supermercato, non ho nessun diritto di sapere qualcosa  di te>> risposi freddamente. Rimanemmo un attimo in silenzio, poi fu lui a riprendere parola: <<ora però devi dirmi tu cosa ci facevi qua>>. Mi guardai un attimo la punta delle scarpe, improvvisamente interessanti. <<Mio fratello sta per finire un colloquio proprio in uno di quegli uffici>> dissi direttamente. <<Ah, interessante, quindi conoscerò un altro membro della tua famiglia, siamo già a quel punto?>> sorrise. Eccola là, la spavalderia che avevo già avuto modo di notare la prima volta che ci eravamo visti. Mi lasciai scappare un sorriso, però cercai di nasconderlo. <<Non siamo a nessun punto Harry, e non ci sarà>> dissi. Lessi ancora delusione sul suo volto, ma questa volta mi sentii in colpa. Prese un pacchetto di sigarette dalla tasca interna del cappotto e se ne accese una pensieroso. <<Domani hai da fare?>> chiese. <<Sì, devo ancora finire di comprare alcune cose per la casa>> risposi, <<se vuoi ti accompagno>> propose lui. <<Ti faccio sapere, va bene?>>. Non mi attirava molto l'idea di trascinarlo per negozi decisamente non di lusso, avrei preferito evitare. <<Va bene, allora aspetto il tuo piccione>> disse ridacchiando mentre infilava una mano nella tasca del cappotto. Lo guardai confusa, era forse ubriaco? Mi porse un bigliettino da visita con il suo numero. <<Tieni, qua c'è il mio numero, così puoi scrivermi direttamente un messaggio e non dovrai usare un piccione viaggiatore>> disse. Mi misi una mano sulla faccia scuotendo la testa, non poteva averlo detto seriamente. <<Ti prego, non fare mai più una battuta o giuro che ti eviterò per il resto della mia vita>> sospirai sconsolata. Lui ridacchiò e scuotendo la testa si allontanò sussurrando un "ci sentiamo".

Finalmente le vetrate del palazzo si aprirono e Thommy fece capolino. Andai verso di lui con tutta la gioia del mondo, ma non appena vidi la sua faccia intristita mi frenai. <<Ehi, tutto okay?>> chiesi preoccupata. <<No, ho solo bisogno di una birra fresca perchè...>>. Lo spronai con gli occhi, aspettando già il peggio. <<... perchè mi hanno assunto! Inizio domani!>>. Lo abbracciai il più stretto possibile e finimmo per saltellare in mezzo alla strada come due adolescenti impazziti. Nessuno ci degnò di uno sguardo: forse qua a New York le stranezze sono davvero all'ordine del giorno. <<Andiamo Anne, ti offro il pranzo>> disse mio fratello mentre mi cingeva le spalle con il braccio e ci avviavamo verso il locale più vicino.

Dopo pranzo decidemmo di rimanere ancora un po' in giro. Era il 30 novembre e ormai gli addobbi natalizi erano già esposti. Fin da piccola ho sempre amato il Natale; forse per questo mi piaceva l'inverno: perché si festeggiava il Natale. Per tradizione ogni anno passavamo le feste in compagnia dei parenti. Anche dopo che i nostri genitori se n'erano andati, la famiglia non ci aveva mai lasciati da soli. Non sapevamo ancora cos'avremmo fatto a Natale quell'anno, ma nel caso in cui fossimo rimasti a New York sarebbe stato il primo Natale in cui eravamo solo noi due.

<<Cosa vuoi per Natale?>> chiesi a Thomas mentre guardavo con attenzione una vetrina di un negozio di vestiti. Il mio occhio cadde sul merchandising ufficiale di Red Bull, Ferrari, Mercedes... così la risposta mi venne in mente da sola. Io e Thommy adoravamo la Formula 1 e ogni domenica in cui c'era una corsa la passavamo in religioso silenzio davanti alla tv. La quiete era rotta solo da insulti o da gridi di gioia. Tifavamo due scuderie diverse e questo rendeva la situazione ancora più intrigante; Lui cuore arancione per la Red Bull, io cuore rosso per la Ferrari, ovviamente.Lo trascinai via da quella vetrina per paura che capisse già quale sarebbe stata la mia intenzione, ma lui mi guardò confuso, confermando che non aveva notato proprio nulla. <<Non lo so ancora, tu?>> mi chiese riprendendo il discorso di prima. Scossi la testa. Era la verità, non sapevo cos'avrei voluto, al momento avevo tutto ciò di cui avevo bisogno. Ci avviammo verso la metropolitana, stava scendendo la sera ed era ora di tornare a casa.

Thommy parcheggiò la nostra vecchia macchinina sotto il palazzo e insieme entrammo in casa. Mi buttai a peso morto sul divano, stanca da tutto quel camminare a cui non ero abituata. Pensai che forse era arrivato il momento di riprendere ad allenarmi, ma la mia pigrizia spingeva quest'idea ogni volta più lontana. <<Cosa vuoi per cena?>> urlò Thomas dalla cucina. <<Ho proprio voglia di un bel piatto di pasta>> risposi sorridendo. <<Ma sono le nove di sera, sei impazzita?>> <<E allora? Fai quella pasta e non rompere le palle>> gli risposi mentre mi alzavo dal divano per andare a cambiarmi. Tornai in cucina con una tuta troppo grande per essere mia e quando mio fratello mi vide non potè che scuotere la testa. <<Se la sporchi di sugo te la faccio lavare finché non torna nuova>> mi minacciò con il mestolo in mano. Misi la tavola e presi il computer per vedere almeno una serie tv, ma quando ci provai sbuffai e chiusi tutto. <<Che succede?>> chiese Thomas alle mie spalle. <<Abbiamo finito internet, non possiamo vedere nulla>> risposi sedendomi sconsolata al mio posto. <<Domani allora esco e vado a vedere qualche offerta per il Wi-Fi, ne abbiamo bisogno>>.Passai la cena ad ascoltarlo mentre mi raccontava del suo colloquio, con gli occhi pieni di gioia. Poi calò il silenzio. <<Quindi hai conosciuto anche Styles junior>> mi chiese. I miei occhi schizzarono nei suoi, intimorita da cosa poteva aver visto. <<Ti ho vista là fuori, con lui, che parlavate>> disse per poi mettere in bocca un'altra forchettata di pasta. Spostai distrattamente il cibo nel piatto, non sicura su cosa rispondere, ma Thomas mi conosceva troppo bene. <<Anne, non abbiamo dodici anni e non sarò di certo io a dirti come ti devi comportare>> disse fissandomi negli occhi. Avevamo sempre condiviso tutto, ma alcune cose preferivo tenermele per me. <<Ma guai a chi ti fa del male>> continuò.

Lo aiutai a sparecchiare, poi all'improvviso mi ricordai di non aver controllato le mail. Accesi di fretta il computer. Era la prima mail. Era un quotidiano abbastanza piccolo perché a New York non aveva chissà quanti lettori, ma per un'altra cittadina sarebbe stato il giornale di punta. Aprii la mail senza esitare e lessi il contenuto: mi sarei dovuta presentare il giorno dopo alle 8 in ufficio. Balzai dalla sedia e corsi da Thommy per dirglielo, ma lo trovai già addormentato. Gli sistemai le coperte ed uscii socchiudendo la porta con un sorriso da ebete stampato in faccia. Sistemai i vestiti per il giorno dopo e nel sistemare la giacca sentii la presenza del bigliettino in tasca. Lo tirai fuori e mi misi sul letto con lo schermo del telefono acceso. Guardai l'ora: le 23:45. Salvai il numero di fretta e pensai di scrivergli, ma ci ripensai, forse era troppo tardi. Bloccai lo schermo e misi il telefono a caricare. Mi misi a letto, ma continuai a girarmi senza avere pace. Presi di nuovo il telefono e cercai il suo numero nella rubrica. Scrissi il messaggio e inviai, mentre il mio cuore martellava nel petto.

Mi dispiace per oggi.

                                                   Non so chi tu sia, ma  considerando che le persone che oggi mi                             hanno trattato male sono mio padre e una certa Anne, direi per esclusione che sei Anne

Guardai lo schermo e il suo messaggio con tristezza. Lo avevo trattato male? I sensi di colpa iniziarono a farsi spazio nella mia mente. Il cellulare si illuminò un'altra volta.

                                Non mi hai trattato male, smettila di farti paranoie e dormi, che è tardi

Era come se mi avesse letto nel pensiero.

Buona notte, Harry

Buona notte, Anne

Con il sorriso in faccia rimisi a caricare il telefono e mi rimisi a letto. Mi addormentai tranquilla, pensando ad un modo per farmi perdonare.

Alle due di notte qualcuno iniziò a bussare insistentemente alla porta.

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Buona sera a tutti! Nuovo giovedì, nuovo capitolo.

Iniziano ad arrivare i problemi! 

Se siete arrivati fino a qui, vi ringrazio❤️

Fatemi sapere nei commenti come vi sta sembrando questa storia👀

Detto questo, al prossimo capitolo❣️

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