E fuori è buio...

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~ E il mare disse...

Era luglio, metà estate. Il termometro segnava solo venticinque gradi, ma Leon avrebbe potuto affermare che, solo basandosi sui raggi non poco tiepidi del sole che lo stavano scottando, ce n'erano sicuramente trentotto. Era da tanto che non si presentava una stagione così calda.

Comunque fosse, non lo soffriva neanche troppo, il caldo. Era appena uscito dall'acqua - dopo essere caduto dalla tavola innumerevoli volte, ci aveva rinunciato, ridendo - e si era messo ad osservare gli altri. Quel giorno, James aveva voluto organizzare una specie di competizione amichevole fra i ragazzi del team di surf per vedere quanto avessero imparato in quegli anni e proponendo poi di sfidare il vincitore, cioè chi all'ultimo 'round' non era ancora caduto. Era concesso un unico errore, una sola caduta.

Al momento era in testa Troy, e non poteva assolutamente negare che avesse talento più di tutti loro messi assieme. Ma anche Marco gli teneva testa, rilassato. Quel ragazzo aveva un modo tutto suo di affrontare le onde e in generale la vita. Quando doveva concentrarsi, canticchiava.

Sorrise. Era uno dei tanti motivi per cui lo amava, però questa è lunga storia. E perdendosi a fissarlo incantato, si perse anche nei ricordi.

'La scuola era ricominciata, ancora, eppure non gli dispiaceva. Insomma, l'Australia gli piaceva. Era così interessante rispetto alla Spagna! Gli pareva anche una buona classe, quella in cui era finito. Tutti lo reputavano un bel ragazzo, allegro e solare, e una folta percentuale del gentil sesso gli faceva la corte anche se, be', non era proprio certo di esservi interessato. C'era un ragazzo, però, ad attirarlo come una calamita. A dir la verità, all'inizio non gli aveva dato molte attenzioni. Era un ragazzo dai tratti asiatici, gli occhi scuri color cioccolato e i capelli bruni, quasi neri. Si chiamava Marco, e ciò lo lasciava perplesso, perché non aveva né una faccia da Marco né... ah, non erano affari suoi!

Si ricordava bene il giorno in cui era nato tutto.

- Leon, posso chiederti un favore? - domandò il professore, nonostante le lezioni fossero già concluse da un po'. Lui annuì: aveva i voti un po' bassini in quella materia e provare a entrare nelle grazie del professore non era una cattiva idea. - Puoi pulire la lavagna?

I suoi compagni l'avevano pasticciata tutta e riempita di stupidaggini, ma non era un problema.

- Certo, professore. Però... manca la spugna.

Egli inarcò un sopracciglio e poi gli porse un mazzo di chiavi.

- Va' a prenderla nel ripostiglio, per favore.

Leon sorrise e afferrò le chiavi, uscendo dall'aula e dirigendosi fischiettando verso il ripostiglio, uno stanzino buio di ristrette dimensioni.

Entrò, ma non accese la luce, era sufficiente quella proveniente dal corridoio. Nell'oscurità notò una figura seduta sul pavimento, di schiena, e davanti ad essa il riverbero di un plico di fogli candidi.

- Ehm... - mormorò, e la persona si voltò di scatto, colta con le mani nel sacco come un bambino beccato a rubacchiare in cucina.

Era Marco, e in mano teneva un grazioso origami.

- S-scusa, a-adesso v-vado - balbettò, facendo per alzarsi, ma Leon fece un passo avanti e gli poggiò una mano sulla spalla.

- È bellissimo - disse, riferendosi all'origami. - Resta pure qui, però sappi che sono andati quasi tutti.

Gli passò accanto e trovò in una frazione di secondo una spugna, congedandosi poi con un sorriso smagliante.

- Ce ne hai messo di tempo - osservò il professore, una volta rientrato Leon. Lui fece spallucce, evitando di menzionare il fatto che si fosse perso ad ammirare il 'ragazzo degli origami'.

Il dolce battito dei nostri cuoriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora