10. Storms are named after people

1.3K 86 126
                                    

Eros



Osservo l'edificio fatiscente e il quartiere desertico con compiacimento, non mi
aspettavo di meno dagli extra di Rian.
Lo seguo all'interno e dopo qualche rampa di scale raggiungiamo la destinazione.

«Alla buon ora», mi accoglie Tomás.
«Te la sei presa comoda.»

«Sta' zitto. Con quel che ti pago», accenno un sorriso.

Il suo finto cipiglio sparisce quando viene ad abbracciarmi.

«Stai trattando bene il mio fratellino?» chiede conferma, lanciando un'occhiata complice in direzione dell'interessato.

«Sta meglio del sottoscritto, di questi tempi» accenno inoltrandomi nel gelido corridoio. «Dov'è la spazzatura?»

L'atmosfera goliardica si dissolve sotto i colpi della mia impazienza.

«Ti presenti dopo una settimana e hai pure fretta» si lamenta, ma intanto capisce l'antifona e ci fa cenno di seguirlo.

Entriamo nell'unica porta chiusa di quel buco di appartamento.

«Non si era detto di andarci piano?», il mio sorriso tradisce le mie proteste.

Passo in rassegna le abrasioni del bastardo legato alla sedia di fronte e l'immagine di Myra sanguinante sul ciglio della strada mi rammenta che non è abbastanza.

«Ha cercato di scappare. Abbiamo dovuto insegnargli le buone maniere» si giustifica Tomás.

Sorrido ai due uomini sullo sfondo artefici di un lavoro niente male.

«Probabilmente l'unica cosa che è in grado di fare» commento.

«Ehi, sveglia. È arrivato papà», tira un calcio alla sedia e il bel addormentato apre lentamente le palpebre.

«Concedeteci un po' di privacy» richiedo senza distogliere lo sguardo dall'uomo sulla quarantina che mi guarda confuso.

Ci lasciano da soli in pochi secondi, costringendomi a fare ricorso a tutto il mio autocontrollo: l'immagine di lei distesa nel suo sangue non mi dà pace.

«Allora, ho sentito che hai una fedina impeccabile. Nemmeno uno straccio di multa per eccesso di velocità. Sei un comunissimo olandese che si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato», mi sfugge un ghigno divertito.

«È così. Non volevo farle del male, è successo e basta...»

La sedia si ribalta all'indietro e un accenno di dolore fuoriesce dalla sua bocca insanguinata.
Musica per le mie orecchie.

«Scusa, è successo e basta», il mio piede preme sul suo torace. «Non sono uno da convenevoli, ti conviene darmi le risposte che cerco. Adesso.»

«Non so di cosa parli» farfuglia prima di perdere fiato.

«La pensiamo allo stesso modo: non vedo l'ora di sentire il rumore delle tue ossa che si spezzano. Sarà davvero catartico», spingo il tacco del mio stivale ancora più in profondità, godendo del suo dolore.

«Fottuto stronzo. Ti ucciderò» mi sputa addosso con quel che rimane della sua voce.

«Vedi, sei già più onesto», lascio andare e riporto la sedia e il peso morto nella posizione originaria. «Bravo, così, respira.»

«Va' a l'inferno», prosegue i suoi auguri mentre mi guarda dritto negli occhi.

«Ci siamo già dentro» dichiaro distrattamente, impegnato ad accendere una sigaretta. «Per come la vedo io, hai due possibilità: mi racconti tutto quello che sai...»

𝐃𝐎𝐖𝐍 𝐓𝐎 𝐓𝐇𝐄 𝐁𝐎𝐍𝐄𝐒Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora