14. Fight it, or accept it. Fear it, or control it.

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Eros


«Dove stiamo andando?»

Tre ore di silenzio prima di arrivare a questa domanda.
Sapevo che prima o poi avrebbe abbandonato le rimostranze d'orgoglio per cedere alla curiosità, così come ha ceduto alla proposta di questa uscita.
Per quanto possa fingere di sentirsi oppressa dalla sistemazione nella mia casa e abbia cercato di tirarsene fuori più volte, la verità è che è rimasta.
Anche dopo che l'ho abbracciata violando il patto di non contatto fisico.
È appagante, ma ciò non toglie che lei abbia bisogno di svagarsi e io di frenare i mie istinti primari.
E se il classico vecchio sesso sfrenato è ancora off limits, non ho altra scelta che andarci più soft.

«In un luogo dove poter spegnere i pensieri» replico, per fare il poetico.

Spingo la mia ironia solo fino a qui, la sto portando sul serio in un luogo dove prendersi una pausa; dove poter respirare a pieni polmoni e lasciare tutto il resto in un cassetto.
Mi limiterò a consegnarle la chiave, starà a lei chiuderlo ermeticamente.

Sbircio verso di lei con la coda dell'occhio:
il suo sguardo è rivolto fuori dal finestrino dell'auto, concentrato sulla campagna che ci circonda. È ancora pensierosa.

«Siamo quasi arrivati» preciso, sospettoso per il suo prolungato silenzio.

«Nel paradiso bucolico dove porti le tue conquiste?»

Volge il viso verso di me e io ricambio, con un sorriso che esprime il giusto divertimento per una considerazione che mi aspettavo da una donna che non ha ancora avuto il piacere di... conoscermi appieno.

«Per il paradiso, non servono tre ore di macchina. Basta passare una notte nel mio letto» chiarisco, riportando gli occhi sulla strada.

«Sarebbe più convincente se lo confessasse una delle tue amanti.»

Il suo scetticismo è così ironico, soprattutto perché è rivolto al sottoscritto.

«Vedrò di metterti in contatto con una di loro», le lancio un'occhiata. «Sarà un'interessante e costruttiva conversazione.»

«Scommetto che nessuna si è mai espressa in merito alle tue doti» prosegue, ignorandomi completamente.

Fermo l'auto giunti a destinazione e le concedo l'ultimo trancio di attenzione prima di scendere.

«Non ce n'è mai stato bisogno» asserisco con un eloquente sorriso.

«Le donne sanno fingere quando serve.»

Mi restituisce la sua ipotesi con determinazione, facendomi sorridere più apertamente.
Ha dannatamente ragione, sono insidiose come serpenti nelle sabbie mobili.
Possono farti sentire un Dio in terra, se lo desiderano, oppure possono stracciare il tuo ego facendoti andare a fondo.
Il trucco è non concedergli il potere.

Mi sporgo verso il sedile passeggero, verso di lei. «Lo fate fin troppo bene e fin troppo spesso» le soffio sulle labbra, «ma Myra, dovresti saperlo: il corpo è il miglior traduttore simultaneo che esista.»

Assaporo il contatto con la sua guancia mentre le sposto una ciocca di capelli dal volto, così come assaporo i suoi occhi color cioccolato che mi delineano le labbra.

«Lui non mente mai», faccio scivolare le parole nella bocca carnosa che ha dischiuso per me.

Ha commesso un errore quando mi ha baciato di sua spontanea volontà.
Non ha tenuto conto dell'onestà che avrebbe acceso nel suo corpo; un miscuglio di curiosità, bisogno e desiderio che conosco fin troppo bene. Non importa quanto si impegni a negarlo a se stessa, a me e al mondo intero: quella notte, quando si è spinta oltre con le sue provocazioni fisiche, quando si è stretta a me consumata dal dolore e dalla solitudine, mi ha lasciato entrare completamente.

𝐃𝐎𝐖𝐍 𝐓𝐎 𝐓𝐇𝐄 𝐁𝐎𝐍𝐄𝐒Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora