3. Leave me like my demons do

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Myra

«È possibile che ti abbia visto uscire dalla Royal Suite qualche settimana fa?»

Indugio sull'ultimo documento per più tempo, in silenzio, presa alla sprovvista dall'imprevista testimonianza della collega.

«Sì, può essere. I clienti VIP sono incontentabili.»

Sento i suoi occhi sospettosi su di me, motivo per cui evito completamente il suo sguardo.

«È strano però, sono sicura che avessi un permesso per malattia. Così mi era stato comunicato.»

Così parliamo di quel giorno.

«Ti sarai sbagliata» mento.

«No, sono assolutamente convinta di averti visto nel tuo giorno di permesso.»

La voce della giovane stagista si alza più del dovuto, quasi quanto la mia sopportazione.

Nessuno qui dentro è al corrente della mia partecipazione al funerale di Andrew, men che meno del mio legame con lui. Non che mi vergognassi o temessi qualche sguardo d'invidia, ma la signora Hart non accetta un no come risposta e pur di vivermi suo figlio avrei fatto qualsiasi cosa.

Lascio girare la sedia a ruote fino a riuscire a incrociare il suo sguardo e le indirizzo un largo sorriso.

«In questo caso non ci sono molte alternative» dichiaro, puntando gli occhi sulla targhetta del suo nome. «Mary, giusto?»

Lei annuisce, abbandonando all'istante la posizione scomposta assunta sul bancone della reception.

«Sei con noi da quanto...? Un paio di settimane?»

«Un mese» risponde di getto.

«Bene, Mary. Se sei estremamente convinta di avermi vista girovagare tra i corridoi nei miei giorni di permesso, c'è solo una spiegazione.»

Mi alzo e mi sistemo alla sua sinistra.

«Devi promettermi che non lo dirai a nessuno» le mormoro all'orecchio.

Lei annuisce ancora una volta.

«Un cliente mi ha sequestrata e tenuta rinchiusa in quella stanza per giorni» le confesso.

Si porta una mano alla bocca e sgrana gli occhi da ragazzina ingenua.

«Davvero?» mi chiede a bassa voce.

«Sono riuscita a scappare per un pelo.
Qui capita spesso, ma non devi preoccuparti, il più delle volte si limitano a trattarti come una domestica.»

Il suo viso è la descrizione dettagliata del terrore. Non so se abbia compreso appieno la mia storiella, ma perlomeno mi sta concedendo un po' di svago.

«Myra, non starai spaventando come al tuo solito una giovane assunta.»

Una voce bassa giunge alle nostre spalle, sorprendendo entrambe.

«Certo che no, Vincent. Mi sto solo assicurando che sia preparata per le richieste dell'Anantara Grand Hotel» mi giustifico, appoggiando una mano sulla spalla della ragazza. «Giusto, Mary?»

«Giusto» risponde monocorde.

«Ho sentito che ti hanno richiamata ancora durante il tuo giorno libero», Vincent sospira e mi indirizza un sorriso comprensivo.
«Ti vedo deperita. Mangi a sufficienza, sì?»

Vincent è come un nonno per me.
È stata la prima persona che mi ha accolta e accudita quando mi hanno assunta, e la prima persona che ho difeso e sostenuto quando i piani alti hanno deciso di attuare dei tagli al personale.
Vincent Peters è la storia di questo posto.
Ha lavorato qui per quasi tutta la sua vita occupandosi delle entrare e delle uscite degli ospiti.
Lui non è un portiere dell'hotel tra i tanti, è il portiere dell'Anantara Gran Hotel.

𝐃𝐎𝐖𝐍 𝐓𝐎 𝐓𝐇𝐄 𝐁𝐎𝐍𝐄𝐒Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora