13. Body of a temptress, mind of a sinner

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Myra


Il vento freddo che scompiglia le tende mi raggiunge non appena metto piede nel salone. È un sollievo dopo ventiquattro ore di chiusura totale nella mia stanza, mi rassetta i pensieri nella testa mentre mi dirigo verso la terrazza alla ricerca del padrone di casa.
Mi chiedo ancora una volta cosa ci faccia qui dopo l'ennesima scoperta su Eros Hart; mi fermo sulla soglia a osservarlo pur non trovando risposta.
Se ne sta seduto a fumare una sigaretta nella completa oscurità della notte.
Gli si addicono così tanto, il fumo e l'oscurità.

Solleva un angolo della bocca quando i suoi occhi mi raggiungono.
«Hai finalmente deciso di terminare la reclusione?» domanda, serafico.

«Parli di quella che mi hai imposto dalla dimissione dall'ospedale? Non saprei... Posso?»

«Se ti va di farlo. Ma il punto è proprio questo: non ti va, vero?», sorride beffardamente sicuro delle sue certezze.

Mi avvicino al tavolo e allungo il braccio per recuperare la sigaretta che si è sistemato tra le labbra.

«Il punto è che non me lo lasceresti fare» rettifico, buttando fuori una nuvola di fumo.

«Potresti, se evitassi comportamenti autolesionisti.»

Il suo volto è ora una maschera di severità.
Ha il coraggio di farmi la paternale dopo aver mentito ripetutamente.

«L'overdose di sonniferi è stato un incidente. Sono passate settimane, è tutto risolto», faccio un altro tiro con disinvoltura.
Recupero il bicchiere con il liquido ambrato che giace abbandonato sul tavolo e annuso il contenuto. «Roba forte, adatta all'occasione», mi compiaccio.

«Pensi che chiuderti in una stanza per un giorno intero provi che non sei più instabile?»

Prima che riesca a bagnarmi le labbra, me lo ha già tolto dalle mani.

«Roba troppo forte per le tue condizioni» asserisce severo scrutando il mio volto.

«E smettila di fare il padre iperprotettivo», ridacchio. Seguo il movimento delle mie mani che scivolano sulla sua maglia scura, così aderente da delineare ogni solco del suo torace. «Sappiamo entrambi che non è quello che vuoi veramente», raggiungo i suoi occhi ora ottenebrati dai dubbi.
«L'hai detto tu stesso: sono la donna che più vuoi fottere... Se mi concedessi qualche bicchiere, probabilmente riusciresti nel tuo intento.»

«Myra», sussurra il mio nome pensieroso.
«Cosa cerchi di fare?»

Stendo le labbra in un sorriso per un solo secondo. «Mi manca Andrew» chiarisco.
«Sei così bravo a impersonarlo. Ti diverte, quindi perché non divertirci insieme. Farò finta che tu sia lui, urlerò il suo nome, ricorderò il piacere di sentirlo affondare dentro di me... e tu avrai finalmente il piacere di possedere la donna di tuo fratello.»

La sua mascella si contrae al passaggio delle mie dita, tuttavia non si allontana di un millimetro. Si limita a immergere il suo sguardo nel mio, fingendo un'impossibilità contestata apertamente dal corpo.

Mi alzo sulle punte per avvicinarmi alle sue labbra, forte della sua immobilità, e le sfioro con le mie. «Vinciamo tutti», gli do un assaggio delle sue stesse parole.

«Non crederai seriamente che mi berrò questa recita.»

Apro gli occhi e interrompo i miei propositi.

«Sei arrabbiata e stai cercando un pretesto per andartene. Fai pure, ma solo per essere chiari, il nostro patto non è valido se sei la sola a toccarmi.»

Sospiro trattenendo il desiderio di spostare le mie mani dalla sua nuca al suo collo.

«Però, se proprio non riesci a tenere le mani a posto, non sarò io a fermarti. Fai di me ciò che vuoi», si sporge in avanti in segno di sfida.

𝐃𝐎𝐖𝐍 𝐓𝐎 𝐓𝐇𝐄 𝐁𝐎𝐍𝐄𝐒Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora