28. Broken hearts don't cry, they burn

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Andrew



Apro la porta e la delusione invade ogni parte del mio corpo stanco. Per una frazione di secondo ho davvero creduto potesse essere lei.
Non so quante volte ho riprodotto mentalmente la scena di Myra che mi getta le braccia al collo dicendomi di aver commesso un errore. Nell'ultima settimana credo di averlo immaginato almeno una dozzina di volte, tra il tempo passato in ufficio e le restanti ore a casa.

«Finalmente» esordisce, entrando senza troppi convenevoli.

«Se dovevi discutere qualcosa di urgente, potevi passare per l'ufficio.»

Chiudo la porta e le vado dietro, con la voglia di uno che voleva solo passare una domenica in solitaria. La visita di mia madre non era contemplata.

«È una discussione che necessita di una completa privacy» precisa. «Quello cos'è? Sai che il medico si è raccomandato di non bere troppo.»

Punta gli occhi sulla bottiglia di cognac sul tavolino, palesemente contrariata.

«Sto seguendo le sue raccomandazioni: non più di due bicchieri», ritorno a sedermi sul divano e ne bevo un sorso. Credo che sia il terzo bicchiere, ma nessuno è qui a contare, perciò può benissimo essere il primo.

«Dovresti essere al settimo cielo, ora che sei tornato da lei», tutto il suo sdegno è raccolto in questa frase.

«Lo sarai tu quando saprai che mi ha lasciato.»

Non la guardo per non cogliere il sorriso che le è di sicuro comparso sul volto.
L'ultimo cosa di cui ho bisogno in questo momento è una lite furiosa con Gisele Hart sul perché la fine della relazione più importante della mia vita sia un bene per la compagnia.

«Quella poco di buono, c'era da aspettarselo—»

«Lo sapevi?» la interrompo prima che cominci lo sproloquio. Mi guarda con un sopracciglio alzato. «Sapevi che era incinta?»

Incrocia le braccia al petto e rimane impassibile. «Come avrei potuto saperlo.»

La fisso per svariati secondi per cercare di capire se sia la verità. Anche se non lo fosse, non lascerebbe comunque trapelare qualsiasi tipo di emozione. E più di tutto, non lo ammetterebbe mai.

«Mentre ero occupato a farmi gli affari miei...», bevo un altro sorso, concentrandomi sul liquido ambrato. «Ha perso la bambina.»

Fa una smorfia che mescola il divertimento all'indignazione. Mi pento di averla fatta entrare all'istante.

«È per questo che stai qui a tracannare liquori, come faceva tuo padre?»

Mio padre, l'anello debole della famiglia.
Come l'ha sempre definito, come mi ha sempre considerato. Non ha mai concepito che la forza si potesse esprimere in modo diversi dai suoi.
Ma io cosa ne posso sapere, ai suoi occhi sono solo la copia sputata di suo marito, un giocatolo difettoso che cerca di aggiustare forzatamente.

«Puoi per favore, almeno per una volta, lasciarmi esprimere il dolore come mi pare e piace?»

Mi porto nuovamente il bicchiere alla bocca, ma me lo ruba dalle mani e lo riporta sul tavolo.

«Evidentemente no» mormoro tra me.

«Il dolore per una donna e una figlia che non sei nemmeno certo ti appartengano? Ti ho cresciuto per essere più sveglio di così.»

I fogli che getta sul tavolo si aprono a ventaglio sotto i miei occhi.

«Un altro ricatto? Qual è la posta in gioco questa volta... le azioni della Real Hart?»

𝐃𝐎𝐖𝐍 𝐓𝐎 𝐓𝐇𝐄 𝐁𝐎𝐍𝐄𝐒Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora