6. Life is not about living. It's about surviving

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Eros


Stringo a pugno le mani ai lati del corpo.
Non posso credere di essere di nuovo qui.
Non posso credere che lei sia qui.
È tutto surreale.
Sono vittima di uno dei miei peggiori incubi: non è immobile come lo era Andrew, non è sopraffatta dai fili, dalle bende, dal respiratore.
Sento i sudori freddi su tutto il corpo e il battito a mille del mio cuore... Non è finzione.
Cazzo, sta accadendo davvero.

«Un familiare di Myra Rivera?»

Il dottore si volge intorno perplesso dalla quantità di persone presenti.
Suppongo sia colpa mia.
Tutta la squadra di lavoro è accorsa in massa dopo avermi sentito urlare fuori dall'hotel: questo include un vecchio, una donna bionda, una ragazzina che avrà appena vent'anni e altra gente mai vista.
E ora sono qui con queste facce da funerale, come se...

Myra starà bene.

«Sono io» dichiaro prima che qualcuno di loro abbia la stupida idea di farsi avanti.

«Buonasera», mi stringe la mano, mentre gli altri si raccolgono intorno.

«Come sta?», non mi frega di nulla se non di questo.

«Fortunatamente siamo riusciti a frenare l'emorragia addominale. La terremo in coma farmacologico per permetterle di riprendersi» spiega.

«Quindi è completamente fuori pericolo?» s'intromette il vecchio alle mie spalle.

Il dottore punta un dito al centro della montatura per risollevarsi gli occhiali e lo scruta in apprensione.

«Come ho detto, la terremo in osservazione per evitare qualsiasi situazione spiacevole, ma non c'è dubbio che al momento il suo corpo abbia bisogno di tempo» aggiunge.

Ritorna con gli occhi su di me e qualcosa mi dice che non è finita.

«Suppongo che lei sia il fidanzato. Per la question—»

«Mi piacerebbe parlarne in separata sede, se non le dispiace» attacco svelto.

Manca all'appello un solo argomento di conversazione.
Dio, se esisti come dicono, non pensare nemmeno di farle provare un dolore simile.
E non provare a fare di me il tuo cazzo di portavoce, o giuro su me stesso che renderò il tuo mondo un dannato inferno in terra.

«Naturalmente, da questa parte», il camice bianco si congeda dagli altri e mi fa strada lungo il corridoio.

Lo seguo, tutto pur di sfuggire ai pietosi abbracci che si stanno svolgendo dietro di me.
Dovrebbero essere la sua forza e non quattro idioti piangenti che si disperano.
Cristo. È Myra quella che sta combattendo tra la vita e la morte per colpa di un fottuto bastardo.

«Prego, si sieda» mi esorta il dottore dopo alcuni secondi di silenzio.

Siamo giunti in queste quattro mura di stanza, in attesa di un'infermiera che mi restituisca gli effetti di Myra.
Non mi ha nemmeno chiesto un documento, ha dato per scontato che fossi il fidanzato.
Che fossi Andrew.

«Preferisco stare in piedi», incrocio le braccia al petto e mi appoggio al muro alle mie spalle.

Rimango paziente in quella posa marmorea per... tre secondi a farla grande.

«Mi dica cosa c'è che non va in lei», spero che comprenda il mio tono di avvertimento.

«Capisco il suo nervosismo...»

L'infermiera fa la sua entrata dopo aver bussato, sistema gli oggetti che deve sulla scrivania e poi si dilegua.
Per sua fortuna.

Mi passo una mano tra i capelli, sospirando e alla fine decido che è meglio sedersi.

𝐃𝐎𝐖𝐍 𝐓𝐎 𝐓𝐇𝐄 𝐁𝐎𝐍𝐄𝐒Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora