32. They made you into a weapon and told you fo find peace

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Eros


Sembra sorpreso di vedermi.
Comprensibile, anche io stento a credere di essere qui.
Ho bisogno di chiarezza, di una conferma che riappacifichi le informazioni sparse che ho nel cervello. Lui è la sola chiave di un passato sconosciuto che mi appartiene: il caro vecchio Vincent Peters.

Mi viene incontro nonostante sia inconsapevole delle mie intenzioni, di ciò che mi abbia spinto a bussare alla sua porta una domenica mattina come tante.
La luce fatica a scacciare il buio notturno; è troppo presto o troppo tardi, a seconda dei punti di vista. Non mi interessa, ho lasciato da parte il concetto di disturbo. Voglio tutta la verità, il resto è contorno senza importanza.

«Questa tua visita è atipica come l'orario che hai scelto» precisa, senza tuttavia lasciar uscire alcun segno di fastidio. Il suo sorriso, la sua felicità inequivocabile mi fanno venire la pelle d'oca.

«Sì, beh, avevo dei sassolini da togliermi dalla scarpa. Non potevo aspettare», lo guardo dritto negli occhi e mi pare di notare un bagliore di paura.

«Se riguarda Myra—»

«Non si tratta di lei» mi affretto a chiarire.

«Accomodati.»

Si fa da parte per lasciarmi entrare e per una frazione di secondo esito.
Se ciò che sospetto è vero, se davvero è coinvolto quanto credo che sia, tutto ciò che ho sempre pensato e vissuto sta per frantumarsi ai miei piedi. Vorrei avere certezze e sbagliarmi allo stesso tempo, ma alla fine faccio quel passo definitivo ed entro, lasciando fuori le conseguenze.

Osservando ciò che mi circonda, Vincent Peters non deve aver passato una così brutta vita.
Non lo definirei lusso, ma di certo non ha patito la fame. Probabilmente anni di sacrifici, o roba del genere.
Mi fa segno di prendere posto sul divano in soggiorno, ma la sua espressione ansiosa mi suggerisce di rimanere dove sono.
Continuo a guardarmi attorno mentre percepisco la sua crescente tensione.

«Preferisco rimanere in piedi», gli rivolgo una veloce occhiata perseverando nella perlustrazione. «Chissà che non trovi qualche segreto sotto il tappeto.»

Fermo gli occhi su di lui e vedo la verità che nasconde dietro la sua apparente imperturbabilità.

«Così sei qui per questo» commenta silenziosamente.

Si assenta per troppo poco tempo perché possa trovare ciò che cerco.
Posa due tazzine di caffè sul tavolo e mi incita a favorire.

«Senza zucchero» precisa nella mia direzione con un sorriso.

Scanso l'ennesimo tentativo di farmi accomodare e mando giù la miscela di caffè stando in piedi a pochi passi da lui.

«Myra mi ha detto che hai donato la tua eredità alle associazioni che si occupano dei bambini cardiopatici. Mi ha colpito molto», mi sorprende con un argomento fuori asse.

«Ho solo preso spunto dalle direttive che Andrew ha lasciato nel suo testamento. Non va a me tutto il merito» chiarisco, lasciando la tazzina vuota sul tavolino di fronte.

«Mi dispiace per ciò che gli è successo.
Ti faccio le più sentite condoglianze.»

È sinceramente dispiaciuto, lo leggo nei suoi occhi stanchi. Ma non sono qui per questo.

«A dirla tutta non sono nemmeno certo che quell'eredità mi spettasse di diritto.»

Ci fissiamo per alcuni secondi, impegnati a svelare l'uno i segreti dell'altro.
Rimane in silenzio, così come mi aspettavo.

«Nessuna curiosità?», sorrido. «Piuttosto strano.»

«Sono certo che la tua visita raggiungerà lo scopo che ti sei prefissato» replica machiavellico.

𝐃𝐎𝐖𝐍 𝐓𝐎 𝐓𝐇𝐄 𝐁𝐎𝐍𝐄𝐒Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora