La giornata della mia partenza cominciò male.
La prima cosa che feci non appena suonò la sveglia fu rendermi conto del fatto che stesse piovendo.
Odio la pioggia. Imprecai diverse volte e poi mi buttai giù dal letto ancora assonnacchiato.
Andai in bagno e dopo essermi lavato mi recai in cucina per fare colazione. Trovai ad aspettarmi seduti a tavola i miei genitori con i loro visi tristi. Che spettacolo spaventoso.
L'unico viso triste che fui in grado di tollerare fu quello di Susy. Infatti, non appena ne ebbi l'occasione, lontano dagli occhi dei miei genitori, le diedi un piccolo abbraccio e la ringraziai per essersi presa cura di me per tutti quegli anni. I suoi occhi erano gli unici sinceramente tristi per la mia partenza.
Terminata la colazione, tornai in camera mia. Mi vestii di fretta e furia e sistemai i capelli alla buona.
Se fino a qualche giorno fa esisteva anche una minima forma di tristezza per la mia partenza, adesso volevo solo andarmene e lasciami tutto alle spalle. Di sicuro non avrei speso un singolo minuto in più per sistemate decentemente i capelli, e non avrei perso ore ed ore alla ricerca dell'outfit perfetto.
Volevo abbandonare quella casa ed i miei genitori il prima possibile.
Poi, dopo aver portato i bagagli in auto, salutai i miei genitori. Finsi di essere triste, dissi loro qualche parola di conforto ed asciugai le lacrime sul viso di mia madre. Feci finta di ascoltare le solite raccomandazioni di mio padre e me ne andai.
Non appena salii in macchina tirai un sospiro di sollievo. Persino il nostro autista personale avvertì la sensazione di benessere che provai non appena ci allontanammo da casa e da quegli esseri spregevoli.
Finalmente me ne stavo andando.
Finalmente sarei stato libero.
Sentivo come se la pioggia che cadeva dal cielo fosse un specie di benedizione: il tocco di ogni singola e gelida goccia sulla mia pelle simboleggiava la cancellazione di quella vecchia vita che non avevo scelto per me: più le gocce mi bagnavano, più i ricordi legati a quella vita si allontanavano.
Sorrisi all'idea di aver concepito un paragone cose stupido. Ma forse avevo solo bisogno di convincermi che finalmente sarei stato davvero libero.
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Il viaggio in macchina era pesante da sopportare: più le ore seduto sul quel sedile aumentavano, più l'eccitazione della partenza svaniva.Per fortuna, a interrompere quella scia di pensieri mortalmente noiosi ci pensò l'autista personale di famiglia.
"Siamo quasi arrivati in città, signore".
"Davvero?". Sgranai gli occhi e controllai il cellulare: erano passate quattro ore dalla partenza. Temevo non arrivasse mai questo momento.
"Sì. Casa sua non è molto distante. Ci siamo quasi, signore".
Cominciai a rimettere nello zainetto tutto quello che avevo tirato fuori per combattere la noia: cuffiette, libri, riviste di moda. Non appena indossai il cappotto, la macchina si fermò di fronte a quella che sarebbe stata la mia futura casa.
Mi precipitai fuori e mi avvicinai a passo spedito verso la porta d'ingresso. Purtroppo stava ancora piovendo.
"Signore, si fermi! Ho io le chiavi". Urlò l'autista da ancora dentro la macchina. "Torni dentro mentre io porto tutte le sue valigie in casa. Stia al riparo".
"Non ti preoccupare per me. So badare a me stesso. E poi qua non c'è mio padre, non devi essere così formale con un ragazzino che potrebbe essere tuo figlio". Sentite quelle parole, l'autista non rispose.

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༄ؘ 𝗙𝗲𝗮𝗿𝗹𝗲𝘀𝘀 || 𝗧𝗮𝗲𝗸𝗼𝗼𝗸
Fanfiction-..Ma ho imparato a fingere bene, comunque. Ho sempre vissuto una doppia vita: a casa sono sempre stato il figlio perfetto agli occhi dei miei genitori, obbediente ed educato. Nei pub, o in giro per le feste invece mi trasformavo nel Taehyung che pr...