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2 dicembre 2022. Obitorio. Los Angeles General Medical Center. Los Angeles, California.

 Los Angeles, California

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"Niall cos'abbiamo?"

L'odore della sala autopsie Louis non l'avrebbe mai dimenticato, né tantomeno ci si sarebbe mai abituato. Ancora si chiedeva come Niall avesse anche solo potuto pensare di scegliere medicina legale come specializzazione.

"Lou. Detective Styles" li salutò cordialmente e con un sorriso smagliante.

E da quel sorriso Louis capì subito che del nervoso e del rammarico che aveva dimostrato provare nei suoi confronti durante la loro discussione non ce ne fosse più nemmeno l'ombra. Pensava quelle parole, le pensava tutte, e Louis lo sapeva. Sapeva che Niall non parlasse mai a sproposito, che Niall, a differenza sua, anche se era arrabbiato, non diceva mai niente giusto per il gusto di dirlo, così come sapeva, suo malgrado, che Niall avesse pienamente ragione.

Lui non era nessuno per imporsi sulle scelte di Harry, non era nessuno per giudicare se lui fosse o meno pronto ad adempiere a quel compito, così come non era nessuno per erogarsi il diritto di trattarlo come se lui non valesse niente solo per cercare di fargli cambiare idea.

Ma, allora, perché non riusciva a darsi pace?
Perché non riusciva ad accettare che quel ragazzo avesse preso quella scelta?
Perché non riusciva a comprendere per quale motivo lui, anche se nessuno glielo aveva chiesto, si sentiva in dovere di tutelarlo? Di... proteggerlo?

Non lo sapeva. Non ne aveva idea.

Ci aveva pensato tutto il pomeriggio. Tutto. Ogni singolo istante.

Non aveva smesso di pensarci nemmeno mentre lui ed Harry, uno da un lato della scrivania e uno dall'altro, e senza mai rivolgersi la parola, avevano analizzato le fotografie e le prove inerenti al caso Dawson. Nemmeno mentre annotavano dettagli, impressioni, ipotesi o pensieri.

E non smise di pensarci nemmeno in quel momento, mentre il cadavere della vittima giaceva sul tavolo autoptico nudo e completamente svuotato da ogni organo.

Eppure, ancora, non era riuscito a darsi una risposta. O meglio, forse lo aveva fatto, ma ammetterlo ad alta voce era tutta un'altra storia.

"Dottor Horan."

La voce di Harry lo distrasse dai suoi pensieri e tornò a prestare attenzione a ciò che lo circondava. Era li per quello, dopotutto.

"Quando non sono presenti gli altri agenti mi piacerebbe mi chiamassi Niall, Harry. Posso chiamarti Harry?"

"Mi offenderei se non lo facessi" rispose lui, cordiale come sempre, dedicando al suo interlocutore un sorriso sincero.

E non un semplice sorriso. Ma un sorriso così dolce e genuino che fu capace di togliergli il fiato. Uno di quei sorrisi che a lui - e di certo non poteva biasimarlo per questo - non aveva mai rivolto. E nemmeno si stupì quando vide spuntare due enormi e meravigliose fossette sulle sue guance glabre, perché tanto ormai lo aveva capito. Louis aveva capito perfettamente che la bellezza di quell'uomo lo avrebbe lasciato ogni giorno senza parole. Quindi no, quelle fossette non lo stupirono poi così tanto. Anzi, si limitò a definirle solo come: la ciliegina sulla torta. Niente di più.

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