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4 dicembre 2022. Commissariato di polizia. Los Angeles.

Quando la mattina seguente Louis arrivò in commissariato, la prima cosa che gli venne in mente di fare fu sgomberare la sua scrivania. E non perché ne avesse davvero motivo, sia chiaro, ma solo perché non sapeva dove altro mettere le mani.

Aveva bisogno di tenersi impegnato nel fare qualcosa, perché era... ansioso. Troppo ansioso di rivedere Harry e scoprire con quale stato d'animo si sarebbe presentato a lavoro. Talmente ansioso che, dopo ore e ore di patetici tentativi di riprendere sonno, aveva deciso di alzarsi dal letto, farsi una doccia, vestirsi e recarsi in ufficio nonostante mancasse più di un'ora e mezza all'inizio del suo turno.

Dopotutto, cos'altro avrebbe potuto fare?

Continuare a rimuginare su quanto accaduto non faceva altro che peggiorare la situazione, e di certo il fatto di aver dormito solo mezz'ora, o forse meno, non lo aiutava nel suo, già di per sé vano, tentativo di mantenere l'ansia, ma soprattutto i pensieri, a bada.

Doveva ammetterlo però, se solo non fosse che a causa di tutte le lacrime che aveva versato aveva perso anche quell'ultimo briciolo di forza che gli era rimasta dopo che Harry aveva lasciato la sua abitazione, avrebbe fatto qualsiasi cosa in suo potere pur di non dormire nemmeno quei venti minuti scarsi. Perché lui lo sapeva. Cazzo, lui sapeva perfettamente che, anche in quel breve e lascivo lasso di tempo, la sua mente malata gli avrebbe fatto rivivere ogni secondo di quei momenti di puro inferno scaturiti dal suo precedente quanto disastroso sonno.

Lo sapeva, se lo sentiva. Ed, infatti, era proprio così che era andata a finire.

Urla, mani sui capelli, sguardi delusi, parole biascicate e frasi pronunciate con troppa calma, vestiti infilati alla rinfusa, richieste di non essere toccato, di essere lasciato andare, lacrime solitarie che colavano su volti tanto perfetti quanto tristi e sconvolti, mani sulla porta e poi, ad ultimo, quella porta che veniva chiusa. Questo era tutto ciò che chiudere gli occhi aveva causato. 

Ma se c'era una cosa a cui proprio non riusciva a smettere di pensare, era quell'unica, minuscola e maledetta lacrima di merda. No, quella lacrima proprio non c'era alcun verso di riuscire a dimenticarla, e più ci pensava, e più sentiva il suo cuore spezzarsi ogni volta un po di più.

In sua difesa, però, non era stato lui a volere tutto quello. Ed era per questo che non riusciva a sentirsi in colpa quando avrebbe dovuto.

Perché, come lui, nessuno sarebbe mai riuscito a comandare la mente e ad opporsi a ciò che questa decideva di elaborare durante il sonno, e, come lui, nessuno che avesse vissuto una situazione anche solo minimamente paragonabile a quella a cui era stato costretto anni addietro, sarebbe mai riuscito a reagire in maniera differente.

Anzi, se doveva essere onesto, quel comportamento, quello sfogo improvviso, quell'unica richiesta di abbandonare il caso, non erano stati niente se paragonati al tumulto di emozioni che quel sogno aveva inevitabilmente fatto esplodere dentro di lui.
Niente, se paragonati alla paura e all'angoscia che aveva provato nel sentire di nuovo quella voce e nel vedere il corpo di Harry giacere esanime in quella sudicia cantina abbandonata.

Niente avrebbe mai potuto aiutarlo a descrivere il suo stato d'animo. Niente.

E se solo Harry avesse saputo il perché di tutto quello, Louis era certo che avrebbe capito. Si, lui avrebbe capito.

Peccato, però, che non solo Harry non sapeva, ma non aveva nemmeno voluto sapere.

Non che lui lo biasimasse per questo, sia chiaro, tuttavia non aveva alcuna intenzione di mollare la presa. Non aveva la minima intenzione di lasciare che lui restasse ancora all'oscuro di ciò che era accaduto quella sera, così come non aveva alcuna intenzione di negargli tutte le scuse possibili ed immaginabili che meritava di ricevere per aver dovuto sopportare i continui attacchi e le continue mancanze di rispetto gratuite che gli aveva vomitato addosso nei giorni precedenti.

Seven || LSDove le storie prendono vita. Scoprilo ora