Capitolo 18

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Anna

"Ma io dico, è mai possibile che nella vita non ci possa mai essere un attimo di tregua? Stasera mi ero programmata una bella seratina al bingo con Jack e gli altri condomini, mentre adesso mi ritrovo a dover battere il record olimpionico di corsa in taxi per arrivare in tempo a casa per evitare l'apocalisse."

«Ehi Jack, la mia famiglia ha ben pensato a un'improvvisata, perciò, ti prego, inventati qualcosa per evitare che inizino a dare di matto.»

«Ehm...» Quello era l'unico suono udibile dall'altro capo del telefono.

«Jack, potresti mettere insieme qualche frase di senso compiuto per farmi capire di aver afferrato il concetto? Anzi, non mi serve, mi basta un semplice "sì".»

«Vorrei tanto farlo, ma quando stavo rientrando ho incontrato tutta la tua famiglia sul pianerottolo.» Ecco qua, la bomba era stata sganciata e l'apocalisse aveva avuto inizio. Anna non era sicura sulla scelta dello stato sperduto migliore per sparire e darsi alla macchia. Ma sì, al diavolo le velleità giornalistiche, meglio avere la pelle costantemente ambrata e servire cocktail con ombrellini, davanti a un mare da favola e qualche saltuario uragano!

«Anna, ci sei ancora?»

Il cervello della giovane era momentaneamente entrato in modalità stand – by, ma adesso bisognava mettere in atto il piano emergenza, al quale avrebbe pensato lungo la strada.

«Ok Jack, tu dissimula. Sanno che siamo molto amici, potrei solo aver scordato di dire loro il minuscolo dettaglio che, al momento, stai vivendo da me. Difatti, non è affatto una bugia dire che ti sei temporaneamente trasferito da me per una derattizzazione, seppur estremamente lunga.» Disse la ragazza col fiatone mentre cercava un maledetto taxi che potesse portarla all'anticamera dell'Inferno che aveva preso il posto della sua confortevole casetta! Sembrava che l'ultimo commento stesse venendo bellamente ignorato dal suo interlocutore.

"Beh, mi preoccuperò di sistemare anche questa situazione, nel caso uscissi viva da questa storia." Pensò tra sé.

«Volevo appunto dirti che li ho fatti accomodare, dato che era inutile farli ritornare in albergo. Ora sono in cucina, mentre loro sono in salotto a discutere sul perché io avessi le chiavi di casa tua. Sto provando a temporeggiare, ma non vorrei dire qualcosa che potrebbe metterti ancora più in difficoltà. Quanto ti manca per arrivare?»

«Di' un po', ma pensi che abbia un motore a reazione al posto delle gambe o che possa volare?» Rispose di getto lei, facendogli notare l'insignificante fattore del traffico newyorkese all'ora di punta.

"Che poi, ora che ci penso, vorranno fermarsi a cena? Io non ho praticamente niente in casa, non ho avuto neppure il tempo di passare a fare la spesa." La sua mente era ormai in preda al panico. Quel mal costruito castello di carte che era diventata la sua vita stava per crollare miseramente ai suoi piedi.

"Oh, devo assolutamente inventarmi qualcosa. Dirò la verità, ecco. In fondo, è la mia vita e scelgo io come gestirmela. Ora basta che trovi il modo di non sconvolgere nessuno con i miei moti femministi in stile "il corpo è mio e me lo gestisco io."

«Va bene, provo a intrattenerli in qualche modo. Fa' con calma e non ti preoccupare.» Mai pronunciare queste parole con una persona sull'orlo del baratro dell'ansia!

Quaranta minuti dopo, l'eroina riuscì finalmente a giungere a destinazione, pronta ad affrontare tutto ciò che sarebbe accaduto. Beh, tutto si aspettava tranne ciò che vide una volta infilata la chiave nella toppa e varcata la soglia.

Jack, comodamente seduto sul pouf, stava ridendo a crepapelle insieme al resto dei suoi bizzarri parenti, accampati tutti un po' qua e là, con le valigie disseminate lungo il piccolo soggiorno. Raggiungere una sedia, sarebbe stata un'impresa degna di un circense!

"Dove diavolo pensano di stare al Grand Hotel? Ma poi, c'era seriamente bisogno di portarsi mezza casa dietro?" Queste erano le domande che le attanagliavano la mente in quel momento. In tutto ciò, la felice brigata non sembrava essersi minimamente accorta della sua entrata.

"Bene, io mi sono quasi ammazzata per evitare il peggio, ma a quanto pare Mr. Intrattenitore ha tutto sotto controllo." Quasi, quasi stava meditando sull'uscire di soppiatto e chiamare per un'improvvisa emergenza a lavoro, sperando che questo potesse spingerli a fare ritorno in albergo e a vedersi il mattino seguente davanti a una fumante tazza di tè e un discorso preparato da rifilare. Sfortunatamente, il suo mitico piano sfumò quando sbatté contro un'infida valigia lasciata in disparte, facendola capitolare come un sacco di patate. Questo ruppe la bolla rosa che si era venuta a creare per poi focalizzare tutta l'attenzione su di lei.

«Anna amore, cosa stai facendo sul pavimento?» Questa sì che era la domanda del secolo.

«Mi è venuta un'improvvisa voglia di guardarlo più da vicino. Credo che dovremmo fare i complimenti al muratore per l'ottimo lavoro svolto.» Disse la giovane, mentre provava ad alzarsi. Si voltarono tutti straniti nella sua direzione.

«Ma che razza di domanda è? Sono caduta perché uno di voi geni ha ben pensato di disseminare il mio salottino di bagagli.» Rispose la ragazza, leggermente inalberata.

«Finalmente ti riconosco. Jack ci ha spiegato tutto. Avresti anche potuto dircelo prima.» Disse il fratello maggiore, Stefano, seguito a ruota dal resto della banda. Suo fratello maggiore aveva trent'anni ed era un musicista affermato. Un vero talento, litigato dalle più grandi orchestre d'Europa, ma ogni volta che poteva non vedeva l'ora di tornare nella bella Firenze. Se lo chiedevano ai familiari comunque, rispondevano tutti che il reale motivo era l'essere un vero disastro nelle faccende domestiche, perciò quando possibile, chiedeva asilo! Il fratello di mezzo, Federico, era uno chef molto rinomato, ma anche lui profondamente affezionato alle proprie radici. Per quanto riguarda i genitori, Sara ed Elia, sono i proprietari di un ristorantino nel centro di Firenze. L'unico depositario del talento culinario tra i tre è Federico, Anna e Stefano avevano altre qualità!

«Mi fa davvero piacere l'abbiate presa così. Non vi facevo di così larghe vedute e, invece, mi sono preoccupata per nulla.» Esultò la ragazza, facendo ridere tutti. Proprio quando la cosa sembrava essersi messa sui giusti binari, eccolo arrivare. La porta si spalancò come se fosse stata abbattuta da un'orda di barbari inferociti. Peccato che non fossero loro i colpevoli, bensì un solo uomo che lei conosceva molto bene.

«Ho capito. Non voglio più tacere i miei sentimenti, l'ho fatto per praticamente tutta la vita, ma adesso basta. Io scelgo di fidarmi di te. È giunta l'ora che tu lo senta dalle mie labbra, Anna... Io ti amo.» Confessò lui, lasciando di sasso tutti i presenti, incluso la ricevente della dichiarazione. Adesso sì che la serata aveva preso una bella piega!



Un crimine in agguato per un cuore innamoratoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora