16. Il piano

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Art. 612, comma 3 del manuale delle regole:

È consentito scambiarsi cibo solamente fra membri della stessa stanza. Qualora il cibo venisse scambiato fra membri di stanze diverse verranno assegnati nel caso sia una prima infrazione 30 demeriti a chi ha offerto il cibo e 10 a chi lo ha ricevuto. In caso di recidiva a chi offre il cibo vengono assegnati un numero di demeriti pari a 30 * (numero di volte in cui ha offerto il cibo a membri delle altre stanze + numero di volte in cui ha ricevuto il cibo da membri delle altre stanze); a chi invece riceve il cibo vengono assegnati un numero di demeriti pari a 10 * (numero di volte in cui ha offerto il cibo a membri delle altre stanze + numero di volte in cui ha ricevuto il cibo da membri delle altre stanze).


Una profonda disperazione permeava la voce di Pietro, le sue corde vocali sembravano essersi tinte anch'esse di grigio, bruciate ed incenerite dalle troppe delusioni.

Trentacinque non l'aveva mai visto così vulnerabile e fragile. Fin da subito Pietro gli aveva dato l'impressione di avere una direzione, un piano e un obiettivo ben precisi, di essere il genere di persona che ha un programma dettagliato per ogni cosa. Anche se spesso lo vedeva nervoso o in ansia, gli aveva sempre ricordato una canna di bambù: si piegava quando il vento soffiava, tremava, oscillava, ma non si spezzava. Andava avanti nonostante tutto.

Trentacinque aveva pensato che la sua resilienza fosse dovuta ad un piano certo per uscire dalla scuola. Ad essere sinceri, pensava che lui sapesse tutto: forse perché era più grande, forse perché sembrava sempre avere una risposta alle sue domande. Aveva sentito anche le sue ansie e preoccupazioni certo, ma erano sempre in qualche modo controllate, tenute a bada da qualcosa dentro di lui. Non aveva mai mostrato dolore e quel dolore, ora che era visibile, era di una portata tale da avergli accecato la voce, corroso i suoi toni normalmente gravi ma al contempo brillanti e rapidi come una freccia.

Trentacinque sentiva il bisogno di colorargli la voce, di farla passare dall'angosciante grigio nero di un temporale al calmo grigio bianco di un airone cenerino. Fino ad ora non se n'era reso conto, ma Pietro era stato la stella che gli indicava giorno per giorno la direzione verso cui proseguire, lo aveva fatto sentire un po' meno solo in quella nuova quotidianità, lo aveva aiutato durante il suo primo giorno di scuola e soprattutto sembrava credere che fosse possibile andarsene di lì, al contrario di Melissa.

Senza contare che Pietro era più grande e la sua unica speranza era fidarsi di un sistema di regole e di un governo che avevano già dimostrato loro di essere truccati in partenza: avevano detto che, se avessero preso le pillole secondo prescrizione, non sarebbero finiti alla Scuola dei Demeriti e invece ci erano finiti lo stesso; avevano promesso loro che prendendo le pillole sarebbero diventati Perfetti, così non era stato e chissà se sarebbe mai accaduto. Sicuramente quelle non erano state le uniche bugie.

Aveva davvero senso proseguire quel lungo viaggio nella scuola? Non valeva la pena fermarsi, lasciarsi cadere e seguire il flusso della corrente, precipitare nel programma speciale e poi ancora più giù, fino a scomparire fra i flutti?

Un uggiolio riscosse Trentacinque dai propri pensieri, Eco lo stava guardando intensamente, le orecchie a punta tese e preoccupate.

«Eco...» mormorò Trentacinque.

Sentendo il suo nome, il Modulo di Accompagnamento sollevò le due zampe e le appoggiò sulle gambe del bambino. Affondò poi la morbida testa nel tessuto della felpa e cominciò a produrre un suono simile alle fusa di un gatto, intenso e rilassante. La pressione del suo corpo era rassicurante: sembrava mettere a posto ogni cosa, come se tutto si allineasse e ricominciasse ad avere un senso. Anche il rumore della corrente elettrica sembrava più distante, assieme al brusio della mensa: c'era solo quel peso che lo teneva ben saldo sulla sedia e come un'àncora gli impediva di andare alla deriva, cancellava le onde e la tempesta.

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