37. Il foglio non arancione

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Art. 141, comma 7 (Abrogato) del manuale delle regole:

I primi quattordici giorni dall'arrivo nella scuola vengono considerati di ambientazione; pertanto, in tale lasso di tempo non è possibile assegnare demeriti ai nuovi studenti.


Le palpebre di Trentacinque si muovevano rapide, come sabbia spostata dal vento, e le sue dita si strinsero a formare un pugno, quasi stesse avendo un incubo. Melissa e Sara si avvicinarono di corsa al tavolo su cui era disteso, trattenendo il fiato.

Gli occhi di Trentacinque si spalancarono, vivi e al contempo spenti, scoloriti, annacquati. Il suo petto si alzava e abbassava, come dopo una lunga corsa, le sue iridi si mossero a destra e poi a sinistra, ondeggiarono sulle pareti, poi sui volti delle due ragazze fino a fermarsi sul professor Costachiara. A quel punto le lacrime cominciarono a riempire il suo sguardo.

«Sei al sicuro...» mormorò Melissa. «Il professor Costachiara non ti farà del male, te lo prometto» aggiunse, preoccupata che Trentacinque fraintendesse la situazione. Il professore era pur sempre responsabile della morte di tre studenti, quelli che si erano sciolti nel foglio dalle linee verdi e gialle da lui creato; essere finiti come cavie in un suo altro pazzo esperimento, non era impossibile.

«Trentacinque... Che è successo?» sussurrò Sara. «Perché hai...» le parole le morirono in bocca. «Come stai?» riformulò.

Il bambino era come dipinto a pastello in un mondo colorato a pennarello; opaco, in un mondo brillante. Il frastuono dei Moduli di processamento gli entrava e usciva dalle orecchie, la luce gli tagliava lo sguardo, i vestiti gli pizzicavano la pelle e faceva caldo, troppo caldo. Tutto era davvero troppo.

Non rispose, non mise nemmeno le mani sulle orecchie, tanto valeva lasciarsi dilaniare dal rumore. Non fece nulla.

«Dovevate lasciarmi morire» gli uscì, con voce roca. Sapeva che Melissa ci sarebbe rimasta male, ma non gli importò, in quel momento si sentiva troppo male per pensare agli altri, troppo vuoto e disperato: gli avevano tolto la sua via di fuga, l'unica soluzione possibile alla situazione in cui si trovava.

Come previsto, gli occhi di Melissa diventarono lucidi e andò a sedersi su una sedia. Sara rimase immobile, spiazzata, senza sapere cosa dire.

Il professor Costachiara si schiarì la voce. «E se io avessi un'alternativa migliore?» domandò.

Trentacinque lo fissò contrariato. «Quale?»

«Potrei fare uscire te e le tue amiche da qui oggi stesso, anche nei prossimi minuti.»

Qualcosa nel petto del bambino si strinse. «Per fare cosa? Che senso ha se non c'è niente e nessuno ad aspettarmi qua fuori?!»

Non aggiunse che Melissa non era abbastanza, che sarebbe potuta morire da un momento all'altro, come sua madre, come Aurelia, come tutti gli altri, o che avrebbe potuto cambiare idea su di lui d'improvviso e si sarebbe trovato nuovamente solo.

Gli occhi del professore si oscurarono. «Sara...» disse poi, voltandosi verso la ragazza. «Date le circostanze penso che, se vuoi ancora andartene, questo è il momento giusto per farlo. Non so se avremo altre occasioni, non dopo quello che è accaduto stasera... Abbiamo una ventina di minuti, non di più, poi si accorgeranno che c'è qualcosa che non va e se qualcuno dei tuoi amici vuole venire con te... deve decidere in fretta.» Si voltò verso una parete e afferrò un piccolo cavo. «Vi lascio alcuni minuti, mentre io preparo il necessario.»

La Scuola dei DemeritiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora