40. Vendetta - Parte 2

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«E da quanto sei qui?» domandò Melissa trattenendo il fiato.

«Da quasi due anni» ammise Pietro.

«Ma com'è possibile? Non ha alcun senso.»

Il ragazzo giocò con l'anello che portava al dito. «Quando ci siamo incontrati per la prima volta non ero appena arrivato alla Scuola dei Demeriti, ero appena stato trasferito da un'altra stanza.»

Melissa appariva sconvolta. «Come ho fatto a non pensarci?» mormorò. «Anche le prime compagne di stanza di Sara sono state trasferite dopo la morte di Ginevra...»

«Esatto» assentì Pietro. «I Sorveglianti possono trasferire gli studenti in altre stanze per motivi di organizzazione oppure se capita qualcosa di grave.» La sua voce si arrochì pronunciando le ultime parole.

«Però il tuo numero è Trentuno» mormorò Melissa. «Com'è possibile? Il numero non cambia dopo il trasferimento.»

Pietro fece un sorriso stanco. «Perché la prima stanza a cui sono stato assegnato era la 30 e lì mi hanno dato il numero Trentuno, poi mi hanno trasferito in altre stanze e il giorno in cui ti ho incontrata ero appena stato trasferito nuovamente nella 30.»

Trentacinque li guardava assorto. «E hai mentito a Melissa e le hai detto che era il tuo primo giorno, giusto?»

«Esattamente, mi è sembrato un segno essere stato assegnato nuovamente alla stanza 30, come se l'universo mi avesse dato la possibilità di ricominciare da capo. Ero sicuro che Melissa non si ricordasse di me: passo inosservato facilmente, non frequentavamo nessun corso in comune e, in ogni caso, io seguivo pochissime lezioni. Nemmeno l'altro compagno di stanza si è accorto di nulla.»

Trentacinque sobbalzò. «Però hai solo cinquanta demeriti... Come hai fatto? Hai imbrogliato? Perché non ce lo hai detto?» Aveva la lingua ancora impastata, ma il suo cervello chiedeva risposte.

Pietro sospirò. «Prima devo parlarvi della seconda bugia.»

Prese un profondo respiro e cominciò a raccontare: «È cominciato tutto molto tempo fa, quando sono arrivato per la prima volta alla Scuola dei Demeriti. Come già sapete pensavo ci fosse stato un errore e che, non appena se ne fossero accorti, sarei stato rimandato a casa con tanto di scuse. Per questo motivo, quando mi hanno assegnato alla stanza 30, non ho nemmeno letto il manuale delle regole: non m'importava.» Il ragazzo intrecciò le mani e se le portò al mento. «Avevo tre compagni di stanza: Michele e Alberto che erano lì da quasi tre mesi e Diego che era arrivato proprio il mio stesso giorno.»

Trentacinque trattenne il fiato: Diego era il nome di quel misterioso Trentadue che Melissa aveva letto dal foglietto.

«Fino a non molto tempo fa le prime due settimane nella scuola venivano considerate come una sorta di periodo di prova» continuò Pietro «e non veniva assegnato nessun demerito durante quei quattordici giorni. Per questo motivo ero così tranquillo: potevo aspettare che i miei genitori mi tirassero fuori dalla scuola senza nemmeno dover andare a lezione o preoccuparmi di qualcosa per due intere settimane. Diego d'altro canto era preoccupatissimo: lui era cieco.» I pugni di Pietro si strinsero in un moto di rabbia. «Non poteva leggere il manuale perché non era disponibile né in formato audio, né in Braille, non sapeva come navigare nella scuola perché avevano disabilitato il suo Macc.»

Pietro prese fiato. «Io e Diego abbiamo stretto amicizia abbastanza in fretta, fin da subito lui si è aperto con me e mi parlava delle sue preoccupazioni, delle sue paure e del suo passato; anch'io ho fatto lo stesso: pensavo che tanto non lo avrei rivisto mai più e lui non avrebbe potuto raccontare i miei segreti a nessuno.» La sua bocca si piegò in un sorriso triste. «Era molto gentile e acuto e mi faceva piacere parlargli, molto più di quanto fossi disposto ad ammettere. Mi aveva raccontato che gli piaceva molto imparare e che studiare era qualcosa che lo faceva sentire bene; i primi giorni abbiamo discusso per ore e ore degli argomenti più disparati e le sue osservazioni erano sempre così interessanti e acute e sorprendenti: ero sicuro che se avesse rispettato le regole sarebbe arrivato fra i primi dieci senza problemi e magari... forse... avremmo potuto continuare a essere amici anche fuori dalla scuola. A fine anno lui sarebbe uscito e avrebbe potuto raggiungermi o avrei potuto raggiungerlo io, avremmo potuto fare tante cose insieme... Avremmo potuto essere l'uno parte della vita dell'altro.»

La Scuola dei DemeritiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora