42. Vendetta - Parte 3

26 5 0
                                    


«Cosa intendi con "quello che è successo dopo"?» domandò Melissa con voce tremante, lanciando uno sguardo preoccupato a Trentacinque.

Pietro abbassò il capo. «Un professore ha chiamato Diego il giorno prima della sua partenza dalla Scuola dei Demeriti e, da quel momento in poi, Diego e Luce sono scomparsi nel nulla.»

«Scomparsi nel nulla? Come fai a sapere che non sia partito in anticipo?» domandò Trentacinque con voce roca.

Pietro tentennò un istante. «Perché io e Diego avevamo due foglietti gemelli con cui comunicare a distanza. Mi ha lasciato una registrazione vocale lunga diverse ore e all'inizio si sentiva il professore che lo insultava, poi sono arrivati altri uomini e hanno cominciato a...» La sua voce perse intensità, incapace di pronunciare la parola successiva. «Luce ha provato a difenderlo, ma l'hanno colpita fino a che non è stata più in grado di muoversi.»

Pietro si mise una mano sugli occhi, cercando di nascondere le lacrime. «Ho sentito Diego chiedere a quegli uomini di... di lasciarlo, di togliergli le mani di dosso e... poi sono arrivate le sue urla di dolore. Non so che cosa gli abbiano fatto, mentre ascoltavo ero... mi sentivo impotente, non riuscivo nemmeno a respirare, volevo che le sue urla smettessero, ma allo stesso tempo speravo di sentirle ancora perché avrebbe significato che era ancora vivo.

«Ha... gridato talmente a lungo che quasi ci ho creduto, forse quel professore voleva "solo" punirlo, sfogare la sua rabbia e poi l'avrebbe lasciato andare. Forse, proprio mentre stavo ascoltando la registrazione, Diego si trovava in infermeria, ma...» La sua voce si ridusse ad un soffio. «Sarebbe stato troppo bello per essere vero. Quando la sua voce si è spenta, li ho sentiti... Ho sentito quegli uomini parlare, discutere di cosa fare con... il corpo. Hanno detto che se ne sarebbero liberati come facevano con gli altri, con quelli che la scuola decideva di far sparire... Di solito toglievano la vita ai casi che, secondo loro, erano senza speranza, ma agivano anche in maniera casuale.

«Man mano che li ascoltavo parlare, ho capito quanto la situazione fosse disperata: il professore che aveva chiesto a Diego di andare con lui... non era un professore, era una persona esterna alla scuola, una persona Perfetta, come i suoi aiutanti, che aveva il compito di... decidere chi potesse vivere e chi dovesse morire.

Pietro si asciugò con la manica della maglia le lacrime che ormai gli riempivano il volto. «Avevano la piena autorizzazione del governo e l'assoluta libertà di prendere le scelte in totale autonomia. D'altronde, a chi sarebbe importato della morte di una persona Imperfetta? E soprattutto, chi ci avrebbe fatto caso? I genitori avrebbero pensato che i loro figli fossero ancora a scuola a studiare, al sicuro, intenti ad essere "curati": nessuno l'avrebbe mai saputo.

«Diego è stata la loro l'ennesima vittima. Si rifiutavano di credere che un ragazzo cieco potesse essere brillante, che potesse raggiungere lo stesso livello accademico dei suoi coetanei e, anzi, addirittura superiore; era qualcosa che faceva crollare l'intero sistema delle loro convinzioni, come un terremoto: improvviso, devastante, terrificante. Per questo motivo hanno fatto la prima cosa che è venuta loro in mente per proteggersi: accusare la persona che stava minando le loro certezze di avere imbrogliato ed eliminarlo. Non volevano affrontare la spaventosa possibilità che era il loro sistema di convinzioni a essere fallato; avrebbero dovuto rimettere in discussione tutto e avrebbero perso tutto il loro potere. Essere Perfetti, era questo che li rendeva intoccabili, che permetteva loro di sentirsi superiori.

«Quando parlavano, sapevano che la loro era la vera verità; quando veniva fatto loro un torto, sapevano che sarebbe stata fatta giustizia; se avessero avuto bisogno di aiuto, sapevano che l'avrebbero ricevuto. Loro erano Perfetti, e se gli Imperfetti non erano Perfetti era unicamente colpa loro.»

Melissa e Trentacinque ascoltavano Pietro parlare, impietriti.

«Diego era... morto, non riuscivo a crederci e ad articolarlo, continuavo a mandargli messaggi con il mio foglietto, sperando che mi avrebbe risposto; non riuscivo a smettere di raccontargli le mie giornate, come facevamo sempre. Nei miei sogni gli parlavo ancora e ancora e non riuscivo a fare a meno di pensare che, se non gli avessi programmato i foglietti appena arrivato, lui non sarebbe stato ucciso. Sarebbe bastato aspettare anche solo un paio di giorni dopo la fine del periodo di prova e avrebbe preso centinaia di demeriti soltanto per le lezioni saltate visto che non avrebbe saputo come arrivarci, non sarebbe mai arrivato fra i primi dieci, non avrebbe attirato la loro attenzione, sarebbe stato al sicuro.

«E poi... poi ho realizzato che qualsiasi numero di demeriti Diego avesse preso, non sarebbe stato lo stesso al sicuro; anzi, forse avrebbe addirittura rischiato di essere ucciso prima, se ne avesse avuti molti.»

Le lacrime di Pietro si fecero più forti. «Se solo il primo giorno di scuola avesse detto un nome falso ai nostri compagni di stanza si sarebbe salvato... Ho sentito quel finto professore dire che di solito si occupavano delle persone in fondo alla classifica individuale e che non controllavano nemmeno i primi dieci.» La voce gli si spezzò. «Questa volta però avevano sentito un sacco di voci nella scuola su un ragazzo cieco che si era classificato per primo, un certo Diego, e avevano deciso di fare un'eccezione. E da chi sono partite quelle stupide voci? Da Alberto e Michele, i nostri compagni di stanza; all'inizio non hanno nemmeno fatto molto caso a lui quando si sono accorti che era cieco, ma poi... poi quando ormai mancavano pochi giorni alla chiusura della graduatoria hanno fatto due più due e capito che il Diego che dominava la classifica era il loro compagno di stanza, così hanno deciso di farlo sapere a tutti, sperando che qualcuno lo ostacolasse a sufficienza da farlo rimanere a scuola ancora un po'.»

«È orribile» mormorò Melissa. «Ma perché farlo? Erano vicini ai primi dieci?»

Pietro scosse il capo e si mise a ridere amaramente. «Non volevano perdere i privilegi come stanza in alto in graduatoria: avevano capito che era solo grazie a Diego se eravamo fra i migliori.»

Melissa trattenne il fiato, Trentacinque se ne stava stranamente silenzioso al suo fianco.

«Ecco, a quel punto ho sentito la rabbia bruciarmi dentro come un fuoco» continuò Pietro. «Era tutto talmente ingiusto da sembrare irreale, un brutto incubo da cui mi sarei risvegliato la mattina seguente, ma così non è stato. Io... volevo vendicarmi, ma sapevo che non mi sarebbe bastato: anche se avessi trovato quegli uomini e avessi fatto a loro quello che loro avevano fatto a Diego, non sarei stato meglio. Affatto. Era solo un'illusione, il mio dolore era talmente grande che... non riuscivo a tollerare che coloro che me l'avevano provocato potessero stare ridendo proprio in quel momento, vivere le loro vite sereni, volevo spezzare la loro piccola bolla felice, farli precipitare in una sofferenza immensa, ma una volta che fossero morti cosa sarebbe cambiato? Il peso per me si sarebbe semplicemente fatto più grande e loro, loro avrebbero avuto una via d'uscita facile, una pace eterna, senza tormento, come solo la morte poteva regalare loro. Io invece volevo che patissero per tutto ciò che avevano fatto, che anche loro dovessero convivere con un peso immenso sulle spalle, anche perché sapevo che non erano stati né i primi né gli ultimi a comportarsi in quel modo. A quel punto ho capito che avevo bisogno di un cambiamento più grande: non volevo vendetta, volevo giustizia.

«Così ho cominciato a indagare, a cercare di capire di più sulle politiche della scuola e su quello che accadeva al suo interno; ho iniziato a raccogliere delle prove in modo da poterle portare fuori di qui e mostrare al mondo esterno la realtà su questa scuola. Volevo provare a cambiare qualcosa.»

Melissa lo guardava rapita.

«Ottenuto tutto ciò di cui avevo bisogno mi sono reso conto che... c'era un problema» continuò Pietro. «Anche se avevo le prove come avrei fatto a mostrarle a qualcuno se rimanevo bloccato qui? Non sarei mai arrivato fra i primi dieci. Ho provato a pensare a diverse strategie di fuga, ma ciascuna era eccessivamente rischiosa e sapevo che, se mi avessero beccato, scappare sarebbe diventato ancora più difficile. Classificarsi fra i primi dieci sembrava proprio l'unica alternativa possibile e... a questo proposito sono stato molto fortunato. Per caso ho scoperto una piccola informazione sui Sorveglianti che mi è stata molto utile...»

La Scuola dei DemeritiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora