25. Replay

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Art. 827 del manuale delle regole:

Ogni studente che aggredisce un professore otterrà un numero di demeriti stabilito dallo stesso di comune accordo con i Sorveglianti. È possibile inoltre, in casi particolarmente gravi, mandare lo studente direttamente al programma di rieducazione speciale.


 A Trentacinque l'aula di genetica sembrò enorme dopo aver passato le ultime ventiquattr'ore rinchiuso in una stanza minuscola con altre due persone. L'idea di dover rivedere il professor Costachiara non lo terrorizzava come prima: aveva passato di peggio in quegli ultimi giorni e il suo corpo si stava abituando all'eventualità di poter rimanere ucciso in qualsiasi momento. Non camminava più in punta di piedi sui tappeti: ormai i Moduli di ascolto e cattura facevano parte della sua quotidianità; non aveva più paura di contrariare Sara: se avesse voluto e potuto ucciderlo, l'avrebbe fatto in ogni caso; il professor Costachiara per il momento sembrava innocuo al confronto: aveva ucciso solo tre persone, al contrario dei Moduli e di Sara.

Melissa se ne stava in piedi al suo fianco, bloccata fra gli stipiti della porta dell'aula. Sembrava altrettanto sollevata di essere potuta finalmente uscire, ma l'ansia di entrare nell'aula e di non trovare Sara la divorava. Gli occhi della ragazza scandagliarono la stanza inquieti e nervosi, poi si arrestarono e si illuminarono: avevano individuato Sara fra le file di sedie. Aveva due lunghe treccine che le ricadevano lungo la schiena e che incorniciavano il gatto stampato sul retro della maglietta, la sua bocca era piegata in un leggero sorriso, ma il suo sguardo rimaneva serio e distante.

Quando Sara si accorse di Melissa qualcosa in lei cambiò, le sue spalle sembrarono rilassarsi di colpo, le sue guance accendersi di colore.

«Stai bene!» esclamò Melissa che fino all'ultimo non era stata sicura di rivederla sana e salva.

Sara fece un piccolo cenno del capo, ma rimase seduta sulla sua sedia in prima fila, non degnandola di ulteriori attenzioni.

Melissa le si avvicinò ancora di più. «Ero così preoccupata, pensavo ti fosse capitato qualcosa...»

Sara accavallò le lunghe gambe strette nei jeans. «Va tutto bene» sibilò.

Melissa le prese una mano. «So che non è così.» Guardò a destra e a sinistra. «Siamo ancora in pochi in aula e non avremo altre occasioni di parlare... Ti prego.»

Sara le strinse piano la mano, ma mantenne lo sguardo ostinatamente rivolto altrove.

«So che non è colpa tua se Ginevra è morta» riprese Melissa dolcemente. «E che ci stai male perché non è più qui. La tua perdita è grande, io la conoscevo appena, per te invece era un'amica.»

A quelle parole Sara scattò. «Un'amica che pensava l'avrei uccisa e che ha passato i suoi ultimi giorni ad evitarmi!» esclamò, la voce tagliente a tratti spezzata. «E come sempre non sono riuscita a impedire la morte di un'altra mia compagna di stanza!» I suoi occhi si erano fatti lucidi. «Issa, ti prego, non parliamone più. Non possono vedermi piangere e odieranno anche te se mi parli.»

Trentacinque si voltò, l'aula si stava pian piano riempiendo e tutti gli occhi degli altri studenti erano puntati su di loro, li guardavano con disprezzo o odio misto a paura. Ne sentiva il peso, gli sembrava di trovarsi al centro di un vortice di sguardi, schiacciato dalle loro iridi che lo giudicavano e scrutavano minuziosamente, in cerca di ogni più piccolo dettaglio su cui avrebbero potuto criticarlo. Non capiva come Sara riuscisse a sopportare tutto quello da mesi ormai, soprattutto visto che si ripeteva identico ancora e ancora ogni quattro settimane: poco prima degli omicidi tutti amici, tutti gentili e poi ad assassinio avvenuto la coltre di odio. Almeno Pietro era coerente, si era comportato in modo scostante e ostile nei suoi confronti per tutto il tempo, mentre i suoi compagni di corso e le sue compagne di stanza avevano cambiato il loro atteggiamento dal giorno alla notte. O forse era proprio Trentacinque ad avere osservato male, ad avere scambiato parole calcolate e labbra piegate all'insù per amicizie e sorrisi onesti. Forse nemmeno Sara riusciva più a distinguere le une dalle altre, accecata dal desiderio di una relazione sincera.

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