17. Mors tua, vita mea

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Art. 534, comma 2 del manuale delle regole:

A ogni studente è severamente vietato permanere per più di sessanta minuti in una stanza non propria. 


Trentacinque non voleva abituarsi a quella nuova vita. Gli mancava sentire l'odore della madre adottiva che aleggiava nelle stanze, la fragranza leggera del detersivo che riempiva i suoi vestiti, aveva addirittura nostalgia del rumore scricchiolante prodotto dalla lampadina di camera sua. Non poteva darla vinta quella scuola: lui ne sarebbe uscito, in un modo o nell'altro.

Il suo corpo però si stava già modificando, piegandosi a quel nuovo stile di vita. Trentacinque sentiva che i suoi piedi ormai avevano memorizzato il tragitto da e per la mensa e che il suo stomaco si stava pian piano restringendo, adattandosi alla diversa quantità di cibo ingerita. Il dolore che il suono della corrente elettrica gli infliggeva lo dilaniava, ma i suoi muscoli stavano imparando a nasconderlo, a sorridere mentre i timpani gli urlavano di essere coperti dalle mani e il resto del suo corpo gli chiedeva di buttarsi a terra e gridare e gridare ancora.

Anche le lezioni, nonostante fossero passati solo pochi giorni, sembravano ormai qualcosa che faceva da sempre. Non gli appariva più assurdo averne alle quattro del mattino o alle sei di sera, stava diventando normale per il suo corpo ed anche per il suo cervello. Non si premurava nemmeno più di fingere di scrivere, si era reso conto che nessuno gli prestava particolare attenzione: in fondo era solo un bambino. Per di più apparteneva ad una delle stanze in fondo alla classifica: non era di certo una minaccia, e ai professori importava poco o niente di che cosa combinasse durante le lezioni, purché rimanesse seduto in silenzio.

Da quel punto di vista la Scuola dei Demeriti era meglio di quella in cui andava prima. Nessun professore o studente lo prendeva in giro, nessuno gli aveva chiesto quale percentuale avesse ottenuto al Test del Livello di Perfezione. I professori non gli lanciavano frecciatine velate e non lo insultavano davanti a tutti, veniva semplicemente ignorato, e questo gli piaceva.

Pietro aveva ragione: nessuno lì lo prendeva sul serio, era come se tutti sapessero che il suo livello di Imperfezione era talmente alto da rendergli impossibile arrivare fra i primi dieci. Era una causa persa, non sarebbe mai stato un vincitore. La sua unica speranza di riuscita dipendeva dall'incapacità altrui: se gli altri studenti avessero fallito, lui sarebbe arrivato in cima. Sua madre biologica glielo aveva sempre detto: "Mors tua, vita mea, ricordatelo. Il fallimento di un altro è un requisito indispensabile per il tuo successo." E in quella scuola non aveva altra scelta. Nessuno giocava secondo le regole, nemmeno i creatori delle regole stesse; se voleva andarsene, avere anche solo la più piccola possibilità di fuggire o di arrivare fra i primi dieci doveva coglierla, anche se gli sembrava sbagliato, anche se concordava con quello che diceva Melissa, anche se i ragazzi della stanza 80 erano proprio come lui. Si trattava di sopravvivenza.

La possibilità di rivedere la madre era l'unica cosa che lo teneva ancorato alla vita e che gli permetteva di resistere agli orrori insensati di quella scuola: per avere successo, gli altri dovevano fallire. Era a questo che pensava intensamente Trentacinque ogni volta che osservava i membri della stanza 80. Nei giorni successivi alla loro conversazione Pietro glieli aveva indicati in mensa diverse volte fino a quando non li aveva memorizzati. Sapeva come si muovevano, come camminavano e occupavano lo spazio, quali vestiti solitamente usavano, la cadenza dei loro passi, il rumore degli scarponi da montagna che uno di loro indossava sempre; ormai non erano più macchie sfuocate senza nome: i loro colori, i loro suoni, i loro movimenti, persino il loro odore era stato memorizzato dal cervello di Trentacinque. Quei piccoli indizi lo aiutavano a distinguerli dalle altre persone anche se non li vedeva chiaramente, soprattutto quando erano distanti. Pietro diceva che doveva saperli riconoscere per precauzione, nel caso in cui uno di loro non si fosse presentato a lezione o fosse stato in ritardo.

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