<<Mia sorella ha frequentato questo posto per un po', quando venivamo a Windy Creek!>>Rosemary e Boris erano appena arrivati davanti a un grande palazzo, dall'aria vecchia e quasi fatiscente. Si erano allontanati parecchio dalla via centrale e la stradina laterale nella quale si trovavano era quasi del tutto deserta. Solo un pugnetto di case, con tutte le finestre buie, si trovavano tutte ammassate all'angolo della strada. Ciò accentuava l'aria 'solitaria' dell'edificio, che notevolmente più grande delle solite casette di Windy Creek e torreggiava su di loro in modo quasi sinistro. Le finestre, buie anch'esse, sembravano tanti occhi vuoti intenti a fissarli. Eppure, Rosemary ricordava perfettamente che c'era stato un tempo in cui quel luogo, così freddo e così tetro, le suscitava una sensazione di calore e rifugio. A quei tempi, però, tutti i corridoi erano riccamente illuminati e le sale all'interno erano gremite di bambini che cantavano in coro le canzoni che, in seguito, avrebbero intonato in Chiesa. Boris fece una smorfia. <<Questo?>>.
<<Sì>>Rosemary annuì e si voltò a guardarlo. <<Non ci troveremo un cane, in un posto del genere, no?>>.
Lo sguardo di Boris rimase inchiodato sul palazzo. Era incerto e un po' scettico.
<<Certo, potrebbe essere stato occupato da qualche barbone o da un vagabondo>>si affrettò a spiegare Rosemary. <<Ma, quantomeno, ho te: in quel caso, sapresti bene come spaventarli e indurli ad andar via>>.
Boris la guardò, con uno strano sorriso che trasudava perplessità. <<Che c'è?>>domandò Rosemary, sulla difensiva. <<Ho detto "spaventarli", non ho mica detto che dobbiamo ucciderli...>>
Spinse pian piano il portone, che emise un lugubre cigolio; sembrava quasi il gemito di una persona. Dentro, il buio era più denso che all'interno di un buco nero sperduto nella galassia. <<Prima lei, signore>>.
Si scostò e fece a Boris un cenno per invitarlo a entrare. Lui esitò un momento e, infine, varcò la soglia.
<<Visto?>>esclamò Rosemary, mentre Boris faceva un rapido giro su sé stesso, guardandosi intorno, fermo sulla soglia. <<Il padrone dev'essere morto da tempo... proprio come avevo immaginato>>.
In breve, la ragazza lo seguì e, una volta che entrambi furono dentro, richiuse, con un altro cigolio lamentoso, la porta alle sue spalle. Adesso erano immersi nel buio più totale. Con un lievissimo scoppiettio, una minuscola fiamma divampò tra le mani di Rosemary: la ragazza aveva acceso un fiammifero.
<<Non venivo in questo luogo da anni>>commentò a voce bassa, gettando una breve occhiata intorno.
Erano arrivati nel salone principale. Era grande almeno quanto l'interno di una Chiesa, alla quale, in un certo senso, assomigliava. Alle pareti c'erano degli enormi quadri con cornici dorate lunghissime che racchiudevano dipinti di Mozart, di Beethoven e altri compositori famosi; ce n'era persino una che racchiudeva una fotografia di Ennio Morricone. A pochi metri dalla parete di fondo, c'era quello che, a prima vista, sarebbe anche potuto apparire come una sorta di altare; guardando meglio, però, si vedeva che si trattava di un palchetto dal quale il maestro dirigeva la sua orchestra. Rosemary, per un attimo, ebbe la visione di una signora di mezza età, con il volto solcato dalle rughe, le palpebre pesanti e una massa di capelli neri, i quali le davano un'aria un po' più giovanile, dirigersi verso quel palco; quante volte, l'aveva vista, con indosso quella camicia bianca e quella giacca blu, in un abbigliamento quasi maschile, aprire il suo libretto alla pagina che le interessava, dare un colpetto con il suo bastoncino allo scranno per dare il via e cominciare ad agitare l'oggetto in direzione del coro, i cui componenti le stavano di fronte, tutti sistemati su una gradinata a ridosso della parete, che terminava in una specie di piccolo piano sopraelevato: ai suoi angoli c'erano una grotta di cartapesta e, sopra, un cielo stellato, che veniva utilizzato dai bambini dell'asilo, durante la recita scolastica. Alle finestre, c'erano tende di velluto rosa pallido, anche se, con la tenue luce che penetrava, non se ne distingueva il colore. Qua e là, nella sala, erano disseminati strumenti musicali talmente ricoperti di polvere che quasi non se distinguevano i contorni. Rosemary riuscì comunque a distinguere violini, chitarre, liuti, cornamuse, sassofoni tutti addossati ad un muro; quelli che si trovavano in mezzo alla sala, però, avevano l'aria di essere stati disposti lì disordinatamente, come se qualcuno avesse avuto fretta di liberarsene. Gli occhi di Rosemary caddero su un pianoforte lì accanto; si fece strada verso lo strumento e avvicinò l'accendino alle candele. Quando la sala fu leggermente più illuminata, Boris le chiese:<<Come mai hai scelto proprio questo posto?>>.
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Operazione Terrore 3-La maledizione dei Karnstein
FantasyDopo la pericolosa avventura che si è appena lasciata alle spalle, Rosemary Plymouth è, ormai, approdata ad un punto di non ritorno; la dolorosa svolta che ha dovuto affrontare l'ha lasciata più sola e confusa che mai. Ora che si ritrova a capo dell...