Capitolo 26- Asso nella manica

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Era già del tutto buio quando Rosemary riaprì la porta di casa sua. La luce rosata del crepuscolo si era spenta da tempo e se non fosse stato per le luci natalizie non avrebbe trovato la strada di casa. Sentiva la presenza dei compagni intorno a sé, ma non si voltò a guardare nessuno. La stavano guardando, lo sapeva. Ma non poteva fermarsi. Non poteva e basta. Si diresse risoluta verso le scale, a passo lento ma costate.

<<Dove sei stata?>>l'aggredì subito Pennington. Lui e gli altri avevano appena sollevato lo sguardo da una specie di mappa su un tavolo. <<E chiuda il becco, lei!>>sbraitò, rivolto al prete che aveva sillabato I fatti suoi.

<<Abbiamo dovuto cominciare a ripassare il piano senza di te>>le fece notare severamente Sparviero. <<Ora dovremo ricominciare daccapo...>>Ma Rosemary sventolò una mano e proseguì verso le scale. <<Lo ripasso dopo. Adesso mi devo preparare>>E cominciò a salire, senza degnarli di uno sguardo.

<<Eh, no, bella mia! Ora torni subito qui e ci spieghi...>>

<<La smetta, signor Pennington>>lo zittì Padre McKnell, in tono di rimprovero. Alzò la testa. <<Rosemary... Tutto bene?>>.

<<Sì, tutto bene>>rispose meccanicamente Rosemary, continuando a salire. Sapeva quanto il suo comportamento dovesse sembrare scostante, ma non riusciva a mantenersi presente a sé stessa.

<<Sei sicura?>>Molnar si sporse un po' verso di lei. <<Sembri piuttosto giù... >>

Rosemary ci pensò su. Alzò leggermente la testa; era piuttosto giù? Non avrebbe saputo dirlo. Certo, non faceva che tornare con la mente alle ore trascorse in casa dei Karnstein, ma era difficile stabilire se quella che si sentiva addosso fosse proprio malinconia o tristezza. Ad ogni modo, dopo un attimo di esitazione, concluse che non voleva mettere gli altri al corrente di quanto era successo. E non perché non potessero capire: ma perché, se l'avesse fatto, avrebbe avuto la sensazione di privarsi di una parte di sé. Una parte che doveva restare nascosta, che doveva custodire. Una parte di cui si sentiva estremamente gelosa. No, non voleva condividerlo. E non poteva. <<No, non è niente>>tagliò corto, infine. <<Ci vediamo dopo>>E sparì sul pianerottolo. Entrò nella sua stanza e si sedette sul letto. Sembrava strano dirlo, ma non sapeva neanche cosa pensare a riguardo. O cosa provare. Una voce profonda, sincera ma inflessibile, le risuonò prepotentemente in testa: le diceva che, in fondo, era stata lei a volere quella situazione. Se l'era cercata, si era prestata di sua spontanea volontà a quel gioco. La colpa era solo sua. Rosemary rifletteva. Dopotutto, anche gli autentici eroi come il suo antenato, il suo prozio o Sparviero avevano dimostrato di poter sbagliare. Anche se avesse dovuto considerare il suo legame con Boris qualcosa di cui pentirsi, era tanto grave che avesse sbagliato anche lei? No, si disse poi, non ci avrebbe pensato più. Tanto nessuno le avrebbe dato una risposta. Non aveva bisogno d'interrogarsi su quel che era successo; poteva considerarlo un semplice fatto senza importanza che si sarebbe perso nel tempo. Non poteva negare né fare finta che quel legame esistesse ... ma non era costretta a coltivarlo. Non era costretta a considerarlo come un qualcosa d'importante. Non era un'unione da ratificare. Non era una realtà che si dovesse accettare. Non era niente e non significava niente. Sapeva che, con il tempo, qualunque cosa l'avesse legata a Boris, si sarebbe spenta. Non era quello, in fondo, il destino di tutte le cose? Sarebbe svanita come un soffio di vento. Come svaporavano i suoi ricordi di un tempo. Come scomparivano gli alberi che appassivano e come scomparivano le persone quando morivano. Come, una volta cresciuti, scompaiono certi tratti della nostra personalità... come scompare l'innocenza. A ben guardare, a volte, persino l'immutabilità dell'anima o della mente erano da mettere in discussione. Perché, al mondo, non c'è niente di veramente durevole. Era sicura che, dopo qualche tempo, il ricordo di quella notte sarebbe sfumato come una goccia di pioggia in una tempesta. La partenza di Boris le forniva un ottimo pretesto per dimostrargli quello che provava... per scambiarsi un 'addio' che sottintendesse tutto ciò che non si erano detti finora. E le rispettive partenze rendevano più facile la loro separazione. Anche alla sua mancanza, in fondo, avrebbe fatto l'abitudine. A poco a poco, non ci avrebbe pensato più. E sarebbe stato meglio per entrambi. Certo, ci avrebbe messo sicuramente parecchio a lasciarlo andare... Rosemary ricordava la ripetitività con al quale la sua mente continuava a tornare su di lui, già poco tempo dopo essersi conosciuti. Certo, avrebbe avuto maggiori possibilità di concentrarsi su altro... e sarebbe stata agevolata dall'impossibilità totale di vederlo. Eppure, anziché rincuorarla, la cosa la intristiva... D'un tratto, sollevò gli occhi verso la sua finestra. Non potè fare a meno di ripensare a tutte le volte in cui lei e Boris si erano seduti su quel davanzale a chiacchierare, di quando avevano guardato le stelle... il suo sguardo, inevitabilmente, si perse sulle cime degli alberi in lontananza, lo stesso punto che di frequente si erano ritrovati a guardare assieme. Si soffermò sui pinnacoli del tetto della villa in lontananza. Chissà se Boris era ancora là dentro... no, probabilmente se n'era già andato. Di lì, sembrava quasi strano che, fino a poco prima, fossero stati al suo interno. Ciò che c'era stato tra loro sarebbe rimasto lì, anche fra cent'anni. Era lì, fra quelle mura, dietro il portone di quella casa, che doveva lasciare quel ricordo per sempre. E, nel pensarci, le parve di udire di nuovo la sua voce più di un'ora prima, mentre gli occhi le si offuscavano e la sua mente sembrava far un balzo indietro nel tempo...

Operazione Terrore 3-La maledizione dei KarnsteinWhere stories live. Discover now