Capitolo 37- Passati turbolenti

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Pov Laila

Mai e poi mai mi sarei immaginata di stare con la testa sul suo petto, nel suo letto, in piena notte, con la sua maglietta addosso impregnata dal suo odore.
Eppure ero lì.
Sentivo il suo respiro farsi sempre più profondo mentre con la mano mi accarezzava i capelli.
Tracciai nel suo addome le linee dei suoi tatuaggi seguendone la forma.
<<Hai un buon profumo>> disse avvicinandosi quasi bisbigliando.
Sorrisi contro la sua pelle.
Adoravo quella frase e che fosse proprio lui a dirmelo.
Alzai e girai leggermente la testa per guardargli il viso.
Aveva gli occhi chiusi e l'espressione rilassata.
Probabilmente fu uno dei pochi momenti in cui lo vidi senza le sue solite espressioni burbere.
Osservai la sua mascella che stranamente per tutto quel tempo non era contratta.
Lo baciai esattamente lì mentre la sua mano, sotto la maglietta che indossavo, scivolava su e giù lungo la mia schiena.
Le sue dita mi sfioravano delicatamente facendomi ardere la pelle.
Nel mentre mi misi a pancia in giù e gli baciai il petto.
Mi guardò dritto negli occhi costringendomi a fermarmi.
<<Se continui così non credo che dormiremo>> disse.

Gli sfiorai la pelle e poggiai il mento sul suo petto.
Continuai a guardarlo.
<<Che c'è?>> disse.
Buttò la testa indietro contro la testiera.
<<Niente, ti sto solo osservando>>
Aprì gli occhi e li puntò nei miei.
Mi spostò i capelli dietro la spalla lasciando che scoprissero il mio viso e il collo.
<<Posso chiederti una cosa?>> gli domandai.
<<Dipende>>
<<Parlami di te>>
<<Cosa vuoi sapere?>>
<<Qualsiasi cosa tu voglia>> parlai.
Non sapevo tanto di lui, del suo passato, della sua famiglia, e mi sarebbe piaciuto scoprire di più cosa si celasse dentro di lui.
Per cui colsi quella situazione per farlo.
<<Non ho niente da raccontare>> cambiò tono.
Come se questa conversazione lo rendesse nervoso.
<<Tutti hanno qualcosa da raccontare>> dissi.
<<E tu?>> disse <<Tu cosa hai da raccontare?>> mi guardò dritto negli occhi.
Gli rivolsi uno sguardo fulminante dopo il suo tentativo di sviare l'argomento da lui.
<<Okay, d'accordo, qualcuno dovrà pur cominciare>> Mi tirai sù leggermente senza distaccarmi troppo da lui.

<<Ho sempre vissuto a Norwich, in una casetta insieme a mio padre. Eravamo solo noi due, ma ci bastavamo l'uno all'altro.
Non ho mai conosciuto mia madre, non so nemmeno chi sia e non ne ho mai voluto saperne niente.
Mio padre colmava il suo vuoto e lo riempiva di amore e non avevo bisogno di altro. Il nostro rapporto è stato sempre molto intenso>> distolsi lo sguardo durante il mio racconto.
Lui mi ascoltava attentamente continuando a sfiorarmi i capelli.
<<Un giorno io ed Allison gli parlammo del college. I suoi genitori ne erano già a conoscenza e mancava solo mio padre a saperlo.
Avevo paura di dirglielo perché sapevo che il mio futuro, per qualche ragione, gli spaventava più di ogni altra cosa al mondo>> Respirai profondamente.
<<Quando glie lo dissi sorrise e mi abbracciò. Così pochi giorni dopo mandammo la richiesta.>> sorrisi a quei ricordi e lo guardai.
<<Non voglio annoiarti, non->> dissi.
<<Non lo stai facendo cenerentola, continua>> mi guardò e vidi che era sincero e realmente interessato. Così continuai.

<<Era tutto perfetto, tutto andava per il verso giusto. Fino a quel maledetto giorno. Ero uscita con Ally e quando la sera tornai>> smisi di parlare, la mia voce si ruppe.
Un groppo in gola mi bloccò e lui se ne accorse.
Mi prese il mento fra il pollice e l'indice per guardarmi.
Mi bastò vedere i suoi occhi per capire che lui avrebbe atteso il momento in cui mi sentivo pronta a continuare.
Buttai giu la saliva e ripresi a parlare nonostante la difficoltà che avevo di parlare dei momenti più brutti della mia vita.

<<Lo chiamai un po' di volte, ma non rispose nemmeno ad una. Così entrai in salone e lo vidi a terra privo di sensi>> lo guardai con la vista offuscata dalle lacrime che premevano per uscire.
Le sue dita si muovevano nella mia pelle.
<<Non stava bene, non stava bene per niente. Mi precipitai subito da lui. Lo chiamai e lo pregai di aprire gli occhi. Non si svegliò però, così in preda al panico chiamai un ambulanza che poco dopo arrivò e ci portò di corsa in ospedale.>>
Sospirai e abbassai la testa.
Asciugai le lacrime.
<<Ma qualcosa non tornava, perché mentre lo visitarono, un'infermiera mi disse che risultava una cartella clinica già esistente con il suo nome e i suoi dati. Papà sapeva di essere malato due mesi prima che lo scoprii anche io. Il tumore era ovunque e le possibilità di curarlo erano praticamente inesistenti. Provai un dolore mai sentito prima. L'infermiera non smetteva di parlare, ma io non la sentivo più. Riuscivo solo a sentire quella maledetta paura. Avevo paura di perderlo>> dissi.

Lost in Love - Persi nell'amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora