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AVRIL'S POV
Era una piacevole giornata primaverile, come tutte. Il sole splendeva caldo e un arietta fresca fischiava evitando che si creasse afa. Chi riuscirebbe a restare nervoso in una giornata così serena? Io, ecco chi. Abbassai un piede e mi diedi una spinta; lo skate sfrecciò vicino a Rother Park e poi mi inclinai e ci girai intorno, avvicinandomi a un mini market.

Trovavo quel clima così tranquillo esasperante, confrontato alla mia rabbia, e ciò mi innervosiva ancora di più

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Trovavo quel clima così tranquillo esasperante, confrontato alla mia rabbia, e ciò mi innervosiva ancora di più. E quando mi arrabbio, è difficile che mi passi senza motivo. Sono molto rancorosa. Anche se in realtà, ero arrabbiata con me stessa: la mia nuova canzone era stata un completo flop, e non sopportavo il fatto che il mio impegno non fosse stato sufficiente a quegli stronzi... "Ok, forse esagero. Ho appena iniziato a pubblicare canzoni, che mi aspetto, poi? La popolarità di Michael Jackson?". Sbottai esasperata, mentre sfrecciavo sempre più velocemente sullo skate.Mi accorsi troppo tardi di non aver girato nella via che andava lontano dal centro di Cardiff, verso la periferia, dove abitavo con mia madre. Mio padre era rimasto a lavorare in germania, dove vivevo quando avevo pochi mesi. Poi mia madre e io ci siamo trasferite qui, per "motivi economici", dice lei. Ma io so che loro non stavano più bene assieme. Si vogliono  ancora bene, ma non s'amano più.La maggior parte di cose riguardo a lui me le dice mio zio paterno, tedesco come mio papà. Mia madre è inglese invece. Per questo ora sono in Galles. E si, so parlare piuttosto bene tedesco, e bene inglese.Mi infuriai ancora di più nel sapere di aver sbagliato strada. Ora mi toccava fare il giro dell'oca per tornare indietro. Che nervoso! La mia furia mi spronò ad andare più veloce. Scesi dal marciapiede, per non rischiare di investire qualcuno, e poi svoltai in un vicolo. Era cieco, ma io avevo imparato a scavalcare il muro che ne segnava la fine. Saltai giù. Dall'altro lato, c'era una tozza strada di cemento, che serviva alle macchine per poter entrare, attraverso il cancellone accanto a me, nell'albergo dove viveva mio zio. Da lì, mi ritrovai presto in centro. E stavolta imboccai la via giusta.Ho sempre odiato dove vivo. Insomma, potete immaginare come dev'essere vivere in una periferia affollata di una grande città, no? Ed è brutto. Scomodo. Antigenico. Ma dovevo sopportarlo. Io e mia madre non potevamo permetterci una casa migliore. Scrutai i nuovi graffiti appena fatti sui muri dei condomini, e pensai a come io avrei potuto farli meglio. Poi vidi dei ragazzini di 2 media fumare in gruppo, e mi lanciarono delle occhiate da pedofili. Ma ormai non mi infastidisce più. Ok, sto facendo sembrare 'sta periferia una discarica per mafiosi. In realtà non è così pessima. Arrivai presto al mio condominio, che  d'aspetto non faceva venire voglia di andarci :è abbastanza spoglio visto da fuori, ma ti fa provare un po della tristezza della gente che ci vive.Superai  l'atrio a grandi passi, lo skate sottomano, e iniziai a salire le scale, ignorando completamente l'ascensore. Non mi ero mai fidata di quella "stanza" metallica della grandezza un armadio. Arrivai presto al mio appartamento, e fu allora che ricordai che giorno era: sabato, forse sarei riuscita a stare un po' con mia madre! Un pizzico di gioia sbucò in mezzo alla rabbia, e mi fiondai immediatamente dentro... Ma la mamma non c'era. Al suo posto, c'era un bigliettino poggiato sulla modesta spesa che potevamo permetterci.Non lo lessi neanche. Una sensazione cupa mi era calata addosso, così uscii nuovamente e mi allontai da quell'orrendo quartiere col mio fidato skate-board. Volevo andare in quei parchi in cui si possono fare le acrobazie con lo skate, per sliberarmi la testa, ma mentre andavo incontrai Steve che, mentre fumava, stava ascoltando della musica.
Mi avvicinai. "Non credevo avessi dei gusti decenti in fatto di musica. Chi l'ha scritta sta canzone? È molto bella" gli dissi. "Non ricordo, si tratta di una nuova band, i Tokio-qualcosa, Tokio Hostess, forse..." borbottò lui.Gli strappai frettolosamente l'MP3 di mano senza preoccuparmi di offenderlo, e lessi cosa stava riproducendo. "Guarda che si chiamano Tokio Hotel, deficiente" lo ribottai "È inutile che pensi alle belle hostess, non troverai mai una  donna bona col muso che ti ritrovi". Non mi preoccupai di offenderlo, io e Steve siamo praticamente amici, anche se lui ha quasi 30 anni, e lo conosco da quando ne ho 8. 

YOU KNOW ME -tom kaulitz Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora