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PARTE Prima

2

Nico tornò a casa a piedi, lasciando la moto ad un paio di kilometri di distanza. Gli dispiacque un po' lasciarla lì, ma non poteva correre il rischio di tenersela. La aveva ammirata un po' prima di lasciarla lì, osservando la bellezza esterna e sentendo il motore rombare.
1254 di cilindrata, si diceva mentalmente, descrivendo come la tecnologia di quel motore potesse garantire una potenza ottimale in ogni regime di rotazione, grazie anche alla sollevatura delle valvole in base alle esigenze di motore.
Adorava i motori, soprattutto quelli grandi e potenti, e una parte di sé, rimpiangeva di non essere andato a studiare all'università come faceva la maggior parte dei suoi colleghi e dei suoi coetanei. Ma purtroppo non avrebbe potuto neanche se avesse voluto.
La lasciò lì, incamminandosi verso casa. Salì le scale dell'ultimo piano del palazzo, e notò la porta del terrazzo di fronte il suo appartamento aperto.
Si avvicinò e vide lo zio seduto per terra, mentre suo fratello gli teneva il ghiaccio sulla testa.
Il riccio accorse subito.
"Che è successo?" domandò preoccupato. "Il proprietario..." ansimò dolorante. "Siamo troppo in ritardo con l'affitto e ci ha dato un preavviso di sfratto." Mugolò.
"Cazzo." Sospirò il ragazzo. "Mi dispiace zio." Ammise provando a confortarlo poi, sollevandolo in piedi e trascinandolo dentro l'appartamento dall'altra parte del corridoio.
"Perché siamo così in ritardo con l'affitto?" chiese lo zio mentre si lasciò cadere sul divano.
Nico si voltò alle spalle per assicurarsi che il fratello fosse abbastanza lontano. Lo vide in cucina mentre sciacquava le pezza insanguinata che aveva tenuto sul piccolo taglio sul sopracciglio dello zio.
"Ho dovuto pagare la retta scolastica di Antoine." Gli disse guardandolo negli occhi, dispiaciuto. "Libri, quaderni, penne, zaini... beni materiali che ultimamente stanno aumentando troppo. E poi, ci sono le gite scolastiche, i dopo scuola... voglio che almeno lui... abbia una vita normale." Parlò sottovoce, guardando sempre con la coda nell'occhio il ragazzo che si stava avvicinando.
"Ha detto che vuole i primi cinque mila euro entro la fine della settimana." Aggiunse lo zio.
"Cinque mila? E da dove cazzo li prendiamo?"
"Ha detto che questo riguarda solo l'arretrato dell'affitto degli ultimi cinque mesi."
"Cazzo." Imprecò frustrato.
"Poi verrà a riscuotere il resto del prestito."
Antoine si avvicinò porgendo delle pezze pulite e dell'altro ghiaccio da mettere sui lividi.
"Mi dispiace." Li interruppe il ragazzino. Il cuore di Nico palpitò a quelle parole. Se c'era qualcuno che aveva colpe là, sicuro non era il suo piccolo e amato fratellino.
"E di cosa?" domandò sorridendogli, quel caldo sorriso che rischiarava i pensieri più tetri delle persone più tristi.
"Di non esserti di aiuto, di essere solo un peso." Borbottò, guardando le labbra distese del fratello più grande che gli imprimevano uno strano senso di conforto, quasi cancellando il senso di colpa. Antoine non era stupido, sapeva che il fratello si stava sacrificando molto per cercare di mandarlo a scuola e di non fargli mancare nulla. Sapeva che lui era in parte il problema del prestito con il padrone di casa.
"Peso? Ma quale peso? Vieni qui fammi vedere!" disse alzandosi in piedi e prendendo in braccio quel ragazzone di diciassette anni che gli arrivava sotto al mento. "Oh mio dio, non sei più un bambino. Hai ragione, sei proprio un peso!" commentò ridendo.
"Smettila, non intendevo in quel senso." Sorrise anche lui sentendo l'aria meno pesante. "Ehi." Lo chiamò il riccio guardandolo negli occhi.
Antoine alzò lo sguardo. La mano del fratello gli si mise sulla testa, accarezzandogli i capelli castani scuro e lisci, che gli ricordavano quelli della mamma. "Non devi preoccuparti di queste cose, okay? La tua unica preoccupazione è che tu vada bene a scuola. Così potrai studiare, andare all'università e un giorno mi comprerai una bella casa!" esordì con entusiasmo scacciando tutto il tono tetro che c'era.
"E una moto..." aggiunse lui.
"E una moto!" fece eco sorridendogli. Lo strinse a sé abbracciandolo e facendogli sprofondare la faccia sul suo petto, per poi dargli un lungo bacio sulla testa.
"Ora va' a dormire. Che domani mattina hai scuola."
"Ho il compito di fisica."
"Oh, roba seria. Penso proprio che quel cervello debba riposare allora." Lo congedò.
Il fratello si allontanò, ma poco prima di imboccare il piccolo corridoio che portava alle camere si fermò e lo guardò.
"Nico." Lo chiamò. "Ti voglio bene."
Quelle parole fecero saltare il cuore in gola al ragazzo, dette con un tono così dolce e a sproposito... lo fecero sentire al settimo cielo. Era per questo che faceva tutto ciò che poteva. Era per questo che quella sera aveva preteso un pagamento da parte di quel ricco sconosciuto, derubandolo senza alcun ritegno di un orologio sfarzosissimo che aveva ancora nella tasca, pensando che non era un vero e proprio furto, perché a giudicare da com'era conciato il ragazzo sicuramente non gli aveva privato del pane che avrebbe mangiato a colazione il giorno seguente.
Ricordandosi di quel gioiello lo afferrò.
"Da dove l'hai preso questo?" domandò lo zio, che come si fosse ripreso dalle botte ricevute un'ora prima.
Nico glielo porse. "Regalo." Mentì.
"Questo vale un casino..." commentò sbalordito. "Ah sì? E quanto?" domandò.
"Conosco chi me lo può rivendere al mercato nero. Credo che un due forse tre mila euro riesco a farmeli dare."
"Davvero?" domandò entusiasta. "È perfetto." Sorrise allo zio, facendolo sorridere di conseguenza.
"Restano comunque altri due mila euro da racimolare."
"Non ti preoccupare. Già è tanto che non sono cinquemila. So come fare." Disse alzandosi in piedi afferrando il cellulare e aprendo la chat.
"Ehi. Ho bisogno di soldi." Scrisse.
L'altra persona visualizzò subito.
"Domani. Attorno le undici di sera. Solito posto." Rispose quell'altro.
"Ci sarò."
"Allora?" disse lo zio. "Devo solo tirare la cinghia per un altro po' e riuscirò a sistemare questi cinquemila per questa settimana. Tu occupati dell'orologio."
"Da domani mi metto all'opera te li farò avere entro il fine settimana."
Lo zio si alzò in piedi, afferrò un pacchetto di sigarette e si avvicinò alla finestra, con fare sconsolato.
Se la accese e tirò un lungo sospiro.
"Ehi. Ce la caveremo." Lo rassicurò il ragazzo. "Lo spero." Parlò lui con un'aria pessimista. "Non avrei dovuto dare ascolto ai miei amici, e buttare i soldi all'aria così." Raccontò con aria pentita come faceva sempre quando arrivavano quei periodi ardui proprio come quello che stavano per affrontare.
"Tranquillo zio, non fa nulla. So che fai del tuo meglio per aiutarci." Lo rassicurò dandogli una pacca sulla spalla, per un momento fu tentato di prendere una sigaretta e fumarla, ma non l'aveva mai fatto davanti allo zio, e l'idea di farlo lo turbava.
"Non ho fatto nulla io..."
"Non dire così. Se non fosse stato per te, io e Antoine non saremmo mai stati assieme."
Lo zio lo guardò. "Avrei potuto fare di più e meglio."
"Dai tranquillo. Vedrai che tutto si risolverà." Lo consolò.

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