PARTE Terza:
7
"Scappa con me, prima che ti vedano." Suggerì.
Nicolas era confuso, non sapeva cosa fare. La guardò negli occhi. "Non lo hai ancora capito che è tutto un piano di Francisco per mettere contro le nostre famiglie, usando me e te come marionette?" le chiese poi. "Come faccio a fidarmi di te?" domandò lui cercando di trovare un senso a quello che gli stava succedendo.
"Potrò essere la persona più spietata di questo mondo, ma se amo una persona non ferirò mai i suoi sentimenti." Annunciò guardandolo negli occhi, poi allungò la mano verso di lui. Il ragazzo prese un lungo respiro e gliela strinse. "Se scappo, Miguel non la prenderà bene e penserà che io stia veramente vendendo le sue informazioni agli italiani."
"Ma se non scappi, rimarrai qui. E Dio solo sa cosa ti potrà succedere. Almeno con me hai la possibilità di scoprire la verità e scagionarti." Commentò lei.
Nik deglutì e annuì, corse con lei verso le scale quando si ritrovarono una pistola puntata in faccia.
"Fermatevi subito." Ordinò Roberto, mentre puntava la pistola ad uno e all'altra. Nicolas guardò la pistola e sentì l'adrenalina scorrergli nel sangue. Sapeva cosa fare.
Rapidamente afferrò la pistola di Roberto e lo disarmò con una presa gettandolo a terra. "Aspettarmi fuori, Diana." Le disse e lei scappò.
"Questa mossa te l'ho insegnata io." Disse Roberto poi per terra con le mani in alto, mentre Nicolas gli puntava la pistola contro. "Cosa stai cercando di fare, Nico?" gli chiese poi. "Trovare le prove della colpevolezza di Cisco."
"Lo faremo assieme, ma devi rimanere qui."
"Ed essere trattato come un prigioniero perché quello stronzo di Miguel non si fida?" gli urlò contro con un tono carico di delusione, iniziando a realizzare quanto ci fosse rimasto male e quanto si sentisse uno stupido per aver creduto che Miguel potesse veramente fidarsi di lui.
"È una procedura standard, Nico. E lo sai benissimo."
"Standard un cazzo. Io sarei dovuto essere un caso a parte!" esclamò sempre con più rabbia. Roberto alzò un sopracciglio, e realizzò poi cosa volesse dirgli.
Il biondo gli calciò la caviglia così rapidamente che Nicolas cadde su un ginocchio, e non ebbe il tempo di rialzarsi come fece il compagno che provò a dargli una ginocchiata, Nico la bloccò e si rialzò. Gli diede un calcio in pieno petto, Roberto indietreggiò e poi gli saltò addosso. "Usa il tuo migliore taekwondo, non funzionerà con me." Gli disse Roberto mentre parava i suoi elastici calci al viso. Il biondo gli prese una mano e gliela strattonò sbattendolo contro al muro. Nik riuscì a ribellarsi e lo allontanò abbastanza da coglierlo con un calcio circolare all'indietro al viso che lo mise momentaneamente KO. Approfittò per scappare e salire la scale ma si ritrovò il volto di lui che gli puntava la pistola dritta sulla fronte. Lo guardava con sguardo freddo.
Nico aveva il fiatone e stava sudando. Il cuore gli palpitò quando lo vide.
"Nik." Lo chiamò come se fossero in intimità. Il moro puntò la pistola al petto di lui di risposta e poi la abbassò. "Non farlo, Nik." Lo ammonì poi tenendo Horatio in mano. Nicolas guardò la sua pistola fortunata e vide come non l'aveva abbassata neanche di un millimetro. "Non mi hai lasciato altra scelta, se solo ti fossi fidato di me."
Miguel si morse il labbro inferiore, combattuto. Vedeva come quel suo atteggiamento cinico e infido stava distruggendo lui stesso e la persona che amava in quel momento. Si odiava in quel momento, perché vedeva la rabbia, la tristezza e soprattutto la delusione negli occhi di lui.
"Attento alle scelte che fai." Abbassò la pistola. Suonò quasi come una scongiura e non una minaccia, come a dire 'stai attento'.
Nicolas lo superò e scappò via.
Roberto si alzò in piedi e si avvicinò al suo capo. "Lo ha lasciato andare?" speculò.
Miguel lo guardò con un'occhiata minacciosa. "Anche tu lo hai lasciato andare. Potevi abbatterlo tranquillamente." Gli fece notare azzittendolo.
"Signore." Lo chiamò poco dopo. "Nicolas non è stupido. Non credo sia il tipo che possa tradirci come sospetta tanto Francisco." Parlò. Miguel lo ascoltò e ripensò allo sguardo affranto del moro. "Signore." Lo richiamò di nuovo.
"C'è una talpa in mezzo a noi, Roberto." Lo interruppe. "E sono sicuro che questa talpa non è il nostro Nicolas." Commentò con una sicurezza tale da lasciare stupito anche il castano.
"L'ho conosciuto abbastanza bene da poterglielo giurare sulla mia stessa vita che non è lui l'infiltrato che porta le notizie alla seconda famiglia."
Miguel lo guardò negli occhi. Conosceva Roberto troppo bene, era una delle migliori guardie del corpo del suo arsenale. Era stato uno dei migliori agenti dei servizi segreti spagnoli, riuscendo ad addentrarsi nel più profondo dei livelli e delle missioni. Aveva ricevuto persino la menzione per la lealtà e la fedeltà e per essere stato il migliore ed il più giovane di tutti a scalare la gerarchia dello stato. Sapeva che se c'era qualcosa che non andava e lui aveva il dubbio aveva sempre ragione.
"Voglio andare a provare l'innocenza di Nicolas, trovando il vero colpevole..." pronunciò poi sospirando. La decisione che aveva preso era davvero tosta. "Entrerò a casa di Diana, nella sua stanza sono sicuro che troverò gli indizi che ci servono."
"Non è un caso se eri soprannominato la Volpe all'interno dei servizi segreti. Ma qui è differente. Sono sicuro che la Volpe è capace di stanare la talpa, ma può entrare nella tana del lupo ed uscirne viva?" gli chiese metaforicamente.
"È un rischio che ho già calcolato, signore. Probabilmente mi cattureranno e mi tortureranno per avere delle informazioni, e quando si renderanno conto che non portò dar loro nulla, mi uccideranno. Sì, signore. Ne sono perfettamente consapevole." Ammise con una freddezza che quasi superò quella di Miguel.
"Vuoi che ti mandi a morire?" gli chiese un'ultima volta per essere certo.
"Io mi fido di Nicolas. Lei si fida di lui?"
Miguel lo guardò con i suoi occhi verdi senza pronunciare una risposta.
Nicolas stava sulla ringhiera, osservando il mare. Sapeva di essere stato ingenuo dal momento in cui si era aperto e dichiarato a Miguel, e non sapeva come spiegarsi del perché lo avesse fatto nonostante era consapevole che sarebbe finita così. L'unica risposta che riusciva a darsi è che ne aveva bisogno. Aveva bisogno di essere ingenuo con qualcuno perché non lo era mai stato fino ad allora. Perché lo aveva fatto stare bene, perché si era sentito desiderato e amato per la prima volta dopo tanti anni.
Eppure, sapeva che si stava dicendo una bugia. Continuava a cercare scuse per tutti quei comportamenti di lui e per i comportamenti di sé stesso biasimandosi che era stato vittima della magia dell'amore, come diceva lui.
Ora, stava vivendo una vita nuova, di nuovo. Cambiata come un click di mouse da un videogioco. Prima era un normale ragazzo che frequentava la scuola serale e faceva il cameriere per tirare avanti.
Poi si era trovato ad essere una guardia del corpo di un mafioso prepotente ed arrogante. Poi si era trovato ad essere il suo amante. E ora, il suo fuggitivo.
Ovunque si girava, dal momento che si erano incontrati sentiva fare il suo nome, e ogni volta che lui stava nei suoi paraggi andava in tilt per lui. Il suo cervello smetteva di funzionare. Ora si sentiva bruciare, come se fosse aperto a metà. Le parole fredde di lui che dicevano "non mi fido" erano più dolorose di un ti odio, in quel momento. Gli sembrava di morire dentro lentamente. Tutti quei gesti, quelle coccole, quei baci, quelle scopate... tutti quei momenti gli stavano venendo a mente.
Non poteva distrarsi in quel momento.
"Ehi." Lo chiamò Diana che si era cambiata nello spogliatoio dell'enorme stazione di benzina dove si erano fermati un momento dalla fuga. "Sta per partire un aereo diretto per casa tua. Andiamo a prendere tuo fratello, e lo portiamo in un luogo sicuro, così che poi possiamo indagare con un po' più di calma e tranquillità riguardo tutta questa situazione, okay?" gli chiese Diana accarezzandolo dietro la testa. Lui si voltò e guardò l'enorme stazione con ben dodici pompe deserta.
Era mattina tardi, se si fossero mossi in tempo con l'aereo forse avrebbe potuto trovare Antoine ancora a casa prima che scendesse per seguire i corsi.
"Ehi..." lo chiamò lei. "È normalissimo che tu ti senta così. Si sbanda sempre un po' però si sopravvive. Ma ora non ci devi pensare, okay?" lo consolò lei stringendolo a sé.
Lei lo abbracciò e lui si lasciò coccolare da quell'abbraccio, prima di risalire la moto e dirigersi verso l'aereo che avrebbero preso.
Nicolas ebbe una brutta sensazione appena mise piede sull'asfalto parigino. Sfrecciò nel traffico mattutino per arrivare a casa sua. Salì il palazzo fino all'ultimo piano e vide la porta aperta.
Lo sapeva. La sua sensazione non si sbagliava. Prese la pistola da dietro la schiena e spalancò il portone con un calcio puntandola appena entrava. "ANTOINE!" gridava il suo nome per tutta la casa.
"ANTOINE?" lo cercò in bagno, nella cucina, nella sua camera e nella propria. Andò fuori al terrazzo. "Nico." Lo chiamò poi Diana leggendo un biglietto: era un appuntamento con una data ed un orario precisi.
Guardò negli occhi di Diana, sconvolto. "Mio cugino non farebbe mai del male a tuo fratello. È una trappola." Pronunciò lei.
"È mio fratello. E se gli torcono un solo capello, li ucciderò uno ad uno con le mie stesse mani." Ringhiò con i pugni serrati, uscendo fuori di casa. "Aspetta." Disse lei inseguendolo.
"Nico. È rischioso." Lo avvertì. "Non mi interessa, Diana. È mio fratello." Sbottò.
Roberto si avvicinò al complesso residenziale di case popolari della seconda famiglia. Accostò il furgone e scaricò la finta merce.
"Consegna speciale per la signorina... Diana Serrano." Parlò leggendo il nome del pacco fingendo un accento nordeuropeo.
"Non aspettavamo consegne, oggi." Dissero due tipi grandi e grossi che sorvegliavano l'ingresso a priori nella traversa. "Senti bello, guarda qui." Gli disse parlando da dietro la mascherina.
"Sta scritto pure qua sopra vedi?" parlò con un inglese molto scombinato. "Questo viene da lontano. Da Scandiavia!" li illuse. I due si guardarono e lui decise di ignorarli, quando lo bloccarono.
"Lo portiamo noi."
"NO! Mio capo tagliare me testa!" improvvisò. "Questo essere importante vaso di famiglia mio capo, se tu rompi, poi io dire mio capo che avere rotto tu e quindi BOOM!" urlò spaventandoli ed enfatizzando il discorso. "KAPUTT! Guerra tra clan!" esagerò. I due tipi per quanto grandi e grossi, non erano molto intelligenti per cui lo scortarono dentro, facendolo entrare ed aiutandolo a sollevare lo scatolo per le scale, giungendo fino all'ufficio di Diana.
Vide il corridoio che aveva imboccato la volta precedente, doveva svoltare lì per l'area residenziale.
"Okay. Fatto." Gesticolò la guardia una volta scaricato il carico. "Puoi andare." Roberto doveva trovare una distrazione. "Bagno. Pipì. Cacca!" urlò poi trattenendosi davanti e dietro. I due tipi si guardarono confusi e uno di loro lo accompagnò. Il corridoio era vuoto. Si guardò due volte a destra e due volte a sinistra. "Muoviti è questo il bagno. Stronzo di uno scandinavo." Gli disse in spagnolo pensando che non conoscesse la lingua.
"Vaffanculo." Gli mormorò lasciandolo sorpreso. Lo afferrò con un braccio dietro al collo e lo trascinò nel bagno. Premette con così tanta forza finché non svenne. Poi gli sparò un colpo dritto in testa con il silenziatore giusto per essere sicuro che non si svegliasse più. Prese la chiave del bagno, e quando uscì la chiuse così da guadagnare più tempo nel caso in cui volessero trovare il cadavere. Lentamente si infiltrò nella camera di Diana, dove la studiò per cercare qualcosa. Non c'erano computer o documenti. Doveva trovare una camera nascosta. Guardò le planimetrie dal cellulare e vide che c'era qualcosa che non corrispondeva con la parete che aveva di fronte. Bussò e auscultò. Era un muro vuoto, e c'era un armadio. Lo aprì e cercò un doppio fondo che non riuscì a trovare. Così prese il suo coltellino svizzero e forzò un pannello, che attraversò ed entrò.
Era un'altra piccola stanza con una luce rossa intensa, ed una finestra oscurata da una folta tenda principesca di una pesante stoffa nera, fatta apposta per non far filtrare neanche un raggio di sole. C'erano catene appese, e quelle che sembravano strane altalene del sesso, ma non ci diede troppo peso, perché vide una scrivania col computer e si avvicinò e si sedette lì. Lo accese e vide che richiedeva la password.
"Si va in scena." Si disse iniziando a smanettarci.
"Dunque?" chiese Miguel scrutando lo schermo sul quale José lavorava. Il ragazzo si sentiva talmente sottopressione che stava sudando da ogni poro del suo corpo. Anche Cisco era lì che girava avanti ed indietro nella sala spionaggio.
"Non riesco ad aprirlo." Disse Josè. "Deve esserci un modo."
Francisco sbuffò. "Sono stanco, vado in camera." Sbottò uscendo dalla sala computer.
Mentre José giocava con codici e stringhe, Miguel ricevette una chiamata.
"Dimmi."
"Signor Serrano. Sono riuscito ad entrare dentro." disse Roberto. "Perfetto, inviami tutto quello che puoi."
"Sarà fatto." Chiuse la chiamata. All'improvviso l'allarme suonò. "Che succede?"
"È il sistema d'allarme signore..." disse José. "Siamo stati hackerati. Cazzo. È un trojan!" esclamò mentre le sue dita correvano più veloce possibile sulla tastiera per cercare di disattivare il trasferimento di dati e ripristinare il tutto. "Amalia, avvia procedura Tabula Rasa." Ordinò all'AI che lo stava aiutando. "Va bene. Procedo. Shutdown dei sistemi manuale attivato." Disse.
José parlò all'auricolare. "Vienna, ci sei?" parlò con la donna che stava a guardia della banca di armi. "Sì. José, dimmi."
"Procedura Tabula Rasa."
"Tutto chiaro." La donna stava davanti al terminale, si sganciò la collana alla quale aveva appesa al collo una penna USB a gioiello, e la infilò nel computer.
Anche Josè infilò una penna USB nel suo computer e il sistema si ripristinò.
"Josè!" lo chiamarono all'auricolare. "Dimmi Mateo." Rispose.
"Ecco... non so come è possibile ma... Francisco Silva è scappato." Pronunciò. Josè sbiancò e poi guardò il suo capo che aveva già un'espressione furibonda.
"Capo." Lo chiamò balbettando. "Che c'è?" domandò.
"Ehm... Francisco... è... scappato."
"Cosa?" chiese sollevando le sopracciglia. "Sì... a quanto pare era una trappola questa pennetta e ha disattivato momentaneamente i nostri dati di sicurezza così che potesse scappare." Raccontò.
Non sembrava per niente sorpreso e questa cosa turbò ancora di più il ragazzo che cercava di capire cosa stesse succedendo.
Nel mentre, una seconda chiamata per Miguel.
"Non è il momento adatto per chiamarmi, Armando."
"Miguel Àngel, credimi io non vorrei disturbarti. Ma è successo un casino."
"Nando, non ho tempo."
"Il fratello di Nicolas è stato rapito." Lo avvisò. Quella notizia lo stupì. "E tu che ne sai?"
"È un amico mio, collega di corso. Lunga storia, ma sapevo che stava sotto la nostra protezione in un certo senso, cosa è successo?"
"Non lo so."
"Miguel. Sono entrati di soprassalto e ci hanno aggredito. Mi hanno stordito e quando mi sono svegliato, Antoine non c'era più. Solo un biglietto con data e ora per venire a prenderlo."
"Merda." Bestemmiò Miguel. "Ad ogni modo appena mi sono svegliato ho contattato subito Pedro, ora stiamo sulle loro tracce."
"Pedro è lì con te?"
"Sì."
"Passamelo."
"Capo."
"Pedro. Cosa è successo?" chiese. "Non lo so, un imprevisto. Questa cosa non doveva succedere."
"Lo so benissimo che non doveva succedere. Pedro, ti prego fa' attenzione. Antoine e Nicolas sono..."
"Lo so, capo. Lo so. Lì invece è andato come previsto?"
"Sì, avevi ragione. Le prove erano un falso, e hanno provato ad hackerare i nostri sistemi. Tutta via anche qui imprevisto, Cisco non doveva scappare, significa solo che la talpa è uno dei nostri ristretti che ha saputo guidarlo nell'uscita."
"Quindi questo esclude senz'altro Nicolas."
"Sì. Avevi ragione, Pedro. Dovevo credergli." Disse Miguel colpevolizzandosi ancora di più, consapevole di nutrire un senso di ansia per la vita in pericolo della persona che amava più al mondo. Non se lo sarebbe perdonato per nulla se gli fosse successo qualcosa.
"Gliel'ho detto sin dal principio, i suoi test psicologici mostravano lealtà assoluta nei suoi confronti. Lo abbiamo testato in più di noi. Per questo siamo stati duri."
"Pedro." Disse dopo un po' di silenzio, allontanandosi dagli altri per confidare alla sua guardia del corpo principale un peso sulla coscienza. "Trovami Nicolas."
"Lui è qui signore. Proprio ieri dopo la sua fuga ho fatto un controllo e ho visto che ha preso un jet con sua cugina."
Tirò un sospiro di sollievo.
"Sarà passato a prendere suo fratello, quindi lo incontrerò lì."
Miguel si morse il pollice destro, rodendo dentro per quell'ansia che si stava per trasformare in paura.
"Pedro."
"Sì, capo?"
"Trovali entrambi."
"Signore, mi permette una domanda?" Chiese senza ricevere risposta, prendendola come un silenzio assenso. "Nicolas è davvero così importante per lei?" gli chiese dopo mesi di speculazioni.
"Non perderlo di vista, ti prego. Prendila come un favore personale... io lo a-..." non riuscì a concludere la frase finale.
"Tutto chiaro, signore. Ora vado."
"Grazie." Sussurrò attaccando.
"Fai partire il jet, parto tra dieci minuti per Parigi."
"Ma capo..."
"Non voglio sentire obiezioni. E trovate anche Cisco."
"Capo." Disse Josè. "Cisco è partito a bordo di un jet privato non identificato. Destinazione non conosciuta."
Miguel era su tutte le furie. Sospirò profondamente. Sapeva perfettamente dove stava andando. E lasciò la stanza in silenzio.
Nicolas entrò furtivo nella vecchia falegnameria impolverata con la pistola puntata ad ogni angolo. Iniziò ad urlare il nome del fratello con la speranza che lo sentisse. "Anty?" lo chiamò poi quando lo vide legato e sdraiato per terra. La sola visione del fratello conciato lì in quel modo gli fece venire una morsa allo stomaco e gli fece battere il cuore all'impazzata. Gli si accapponò la pelle e sudò freddo. Corse verso di lui ma fu subito circondato.
Si bloccò ed alzò le mani.
"Ah ah ahhhhhh" disse una voce familiare alle sue spalle. "Non così in fretta, Nicolas Blanchot." Parlò avvicinandosi a lui e puntandogli la pistola sulla tempia, appoggiando poi il mento sulla sua spalla. "Il mondo è crudele, vero?" gli chiese poi sorridendogli soddisfatto. Poi lo voltò per guardarlo in faccia.
"Legatelo." Ordinò Cisco, che era appena arrivato in tempo atterrando sui campi lì vicino. I suoi scagnozzi eseguirono, legandolo al palo.
"Sei così prevedibile, cazzo. La prima cosa a cui hai pensato è stata tornare a casa da tuo fratello. Gesù! Che cosa scontata. Ma anche molto dolce." Biasimò avvicinandosi al fratello che giaceva lì a terra, inerme. Gli ghignò.
"Cosa hai fatto a mio fratello, brutto pezzo di merda?!" ringhiò. "Fenobarbital." Pronunciò. "Una dose sbagliata, un po' alta e non si sarebbe più svegliato. Ora dorme come un sasso, guarda." Disse poi calciandolo come si fa con un sassolino in mezzo alla strada.
Nicolas si dimenò come una furia e gli urlò contro in francese. Il ragazzo dai capelli scuri se la rise compiaciuto e poi si avvicinò al moro. "Non sente niente tranquillo." Lo rassicurò accarezzandogli il volto.
"Prega Iddio che io non mi liberi perché mi assicurerò che la tua seconda morte sia permanente."
Il ragazzo lo guardò negli occhi e si avvicinò ancora di più. "Sei arrabbiato, vero? Ma per cosa, mi chiedo? Per tuo fratello o perché Miki non ti ha creduto?" chiese gettando benzina sul fuoco.
Nicolas gli sputò in faccia con disprezzo. Cisco si pulì il volto nascondendo il disgusto. "Sei stato tu il primo a scappare, e sei anche quello che si divertiva a prendermi in giro, in casa. Ricordi?" sibilò.
Il cuore di Nicolas batteva a mille, e il sangue gli ribolliva nelle vene, che fuoriuscivano dalla tempia sinistra, dalla fronte e dal collo. Aveva il fuoco negli occhi, e si dimenava così tanto forte dalle corde che lo stringevano che persino le braccia si ingrossarono e fecero fuoriuscire la vena.
"Pensi che io sia così stupido da venire da solo?" chiese Nicolas con uno sguardo soddisfatto.
Diana entrò con tutta la tranquillità del mondo senza neanche cacciare una pistola. Si avvicinò a Cisco che la baciò sulle labbra. Nik ebbe una vertigine così forte che gli sembrò di perdere momentaneamente i sensi.
Lei lo guardò e poi gli mollò un ceffone sulla faccia. "Ti avevo dato degli ordini precisi, idiota. Non dovevi metterlo in mezzo!" esclamò.
Lui si toccò l'angolo della bocca e la guardò con sguardo impaurito. "Ho... ho fatto del mio meglio lo sai... sono rimasto così tanto tempo lì senza ottenere nulla... perché Miguel lascia custodire tutte le sue informazioni personali alle persone che lui reputa importanti. Ad una cerchia ristretta di persone. Di cui lui fa parte." Lo indicò guardandolo con rabbia. "Il suo nuovo giocattolino." Derise poi avvicinandosi a Nicolas.
"Diana..." lo chiamò con la testa che gli scoppiava cercando di tenersi ancora in piedi. "Cosa cazzo sta succedendo? Come puoi fare questo a tuo cugino... è... è la tua famiglia." Parlò confuso.
Diana lo guardò con sguardo furioso. "La mia famiglia?"
Rise. "Quella la chiami famiglia? Quella che ti tratta come un escluso, un reietto. Quella che ti affibbia il lavoro sporco perché loro sono superiori. Perché loro sono nati nella Famiglia Principale." Vomitò tutta la verità e il rancore accumulato negli anni.
"Come puoi essere così stronza, perfida e manipolatrice?" gli chiese incredulo. La ragazza ghignò e si sistemò elegantemente una ciocca di capelli all'indietro.
"E tu te ne rendi conto solo adesso, mio caro?" gli accarezzò il volto. Cisco si irrigidì quando vide quel contatto. "Sono anni che scambio in segreto informazioni con gli altri clan e le altre mafie. Sono scesa a compromessi che non puoi nemmeno immaginare. Ma diciamo che c'è stato l'imprevisto della morte di Scotto. La signora Nakamura mi ha minacciato. Per cui la scelta ero io, o mio cugino. Scelta facile."
"Se Miguel lo scopre, siete fottuti entrambi." Li guardò Nik mentre provava un forte senso di delusione. Si sentiva così stupido ad essersi fidato della persona sbagliata, usato due volte per raggiungere degli scopi.
"Oh non necessariamente." Parlò la castana passeggiando attorno alla struttura studiandola. "Quello fottuto sarai tu, quando si verrà a sapere che la sua guardia del corpo più fidata lavorava segretamente con la signora Nakamura, e si è infiltrato segretamente nella famiglia principale per rubare tutte le informazioni che gli servivano per distruggerli dall'interno. Va tutto secondo i miei piani. Ha trovato l'ex del capo, lo ha sequestrato, ha provato ad incastrarlo ed è scappato con il fratello. Ma io sono stata furba, l'ho capito in tempo e l'ho aiutato a catturare il vero colpevole di tutto ciò" Esplicò lei con una certa soddisfazione.
"Miguel non è così stupido." Disse Nicolas. "Oh al contrario invece... Miguel sarà così distrutto dalla cosa. L'ennesimo tradimento subito lo manderà fuori di testa. Vuole fare tutto il tipo tosto e freddo ma in realtà è una persona così fragile dentro. Cederà facilmente e il suo potere si indebolirà ed è lì che prenderemo noi il controllo. E potremo stare insieme felici." Annunciò Cisco abbracciando la ragazza da dietro che lanciò uno sguardo al soffitto palesemente seccata da quel contatto fisico.
La mente del riccio cercava di fare chiarezza, e cercava di capire come fare per provare a scappare e risolvere tutto quell'enorme casino. Poi guardò il fratello, ancora inerme per terra.
Ebbe il fiatone e il cuore gli batteva all'impazzata. Sentiva un fischio nell'orecchie e iniziò a sudare. La gola si stava chiudendo e si sentì le pareti e l'aria stringergli attorno soffocandolo.
Stava avendo un attacco di panico, e cercava di tenerlo sotto controllo, ma era decisamente troppo tutto ciò per lui.
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Tilt
ChickLitMiguel Àngel è il figlio di una famiglia mafiosa. Nicolas è un giovane ragazzo che lavora in un diner. Una sera Miguel viene inseguito dai suoi rivali che lo vogliono uccidere, Nicolas assiste alla scena e sebbene all'inizio sembra restio nell'aiuta...