PARTE Prima
5
"Ecco i risultati del test preliminare." Esordì Adrian vicino Miguel Àngel che stava bevendo un drink vicino il piano bar mentre studiava la lista degli invitati all'evento al quale doveva partecipare quella sera.
"I test fisici sono discreti, ma comunque sotto i nostri standard. Per quanto riguarda l'utilizzo di armi, non ci siamo per niente. Idem per quanto riguarda i test di logica." Gli passò la scheda di Nicolas. Il ragazzo ammirò la foto del riccio con la sottile barbetta nera.
"Beh, direi che i dati parlano chiaro. Non può essere una guardia del corpo se non raggiunge il minimo degli standard." Si pronunciò. Adrian sospirò. "Il Capo ha detto di concedergli un po' di tempo, è comunque appena entrato. È lontano di casa, un'altra nazione, un'altra lingua. Un'atmosfera diversa. Senza contare l'ansia, se così vogliamo chiamarla, della promozione come sua guardia del corpo personale." Spiegò.
Il castano guardò con i suoi occhi verdi il braccio destro del padre.
"Fino a quando Pedro non si riprenderà completamente." Sottolineò. "Poi lo rivaluterò. Portami da lui, e chiama gli altri. Dobbiamo prepararci per stasera." Annunciò poi.
Il castano camminò verso il giardino guardando come il giovane era impegnato a scavare una fossa per aver ucciso quell'odioso cane di suo fratello che non faceva altro che abbaiare tutto il giorno e tutta la notte, disturbando quei pochi momenti di quiete nei quali Miguel non desiderava altro che riposare.
"Ho deciso che la tua punizione sarà quella di farmi da cane. Ecco."
"Cosa?" domandò incredulo dopo aver seppellito quel chihuahua stecchito. "Mi farai da cane finché non me ne comprerò uno nuovo."
Miguel non sapeva se stesse scherzando o meno, ma a giudicare dal tono stizzato che aveva usato prima, non sembrava stesse scherzando.
"Che succede qui?" domandò Miguel facendo finta di non sapere nulla, con lo sguardo divertito. "Ha ucciso Kiwi!" esclamò isterico.
"È fortunato che io non abbia già ucciso lui."
"Cavolo novellino, l'hai fatta grossa."
"Ora mi farà da cane." Esordì Guillermo. "No. Deve venire con me, abbiamo da fare."
"Ma deve essere punito!" protestò. "Lo farò io a tempo debito. Facciamo che ti compro un nuovo cucciolo di cane, e stiamo pace. Non vale la pena trasformarlo in un cane." Suggerì con le mani in tasca.
Guillermo se ne andò indignato, e con lui le altre due guardie del corpo. Nico tirò un sospiro di sollievo.
"Grazie." Disse meno preoccupato guardandolo negli occhi verdi e azzurri. Anche il castano lo guardò negli ambrati e calò il silenzio per un paio di secondi. Nico si sentì strano, ma quegli occhi rapivano l'attenzione, come una sorta di calamita ipnotica.
"Non ti illudere che questo gesto rimarrà impunito, sono intervenuto solo perché servi a me stasera. Pedro ti accompagnerà a prepararti e ad illustrarti il piano." Lo congedò freddamente subito dopo, andandosene via e lasciandolo lì, solo nel giardino dopo che aveva appena spuntato una pallottola per lui.
"Curiosità: il tuo capo faceva sul serio quando ha detto che voleva rendermi un cane?" domandò a Roberto mentre si vestiva.
"Sì." Rispose mangiando una mela, poggiando le gambe sul tavolo e dondolando con la sedia.
"Fai sul serio?" chiese sconvolto. "È da malati." Commentò.
Roberto sospirò. "Diciamo che la vita non è stata clemente con lui." parlò dando un altro morso alla mela. "Da bambino è stato rapito. Una settimana, in uno scantinato buio. Ha sviluppato una forma di nictofobia, deve per forza dormire con un po' di luce accesa, o impazzisce." Spiegò.
"Già è pazzo." Derise. Roberto fece spallucce. "Da quel momento il padre l'ha viziato, gli ha dato fin troppe attenzioni, e ha sviluppato tutta una serie di patologie psicotiche."
"Paranoia?"
"Quella ce l'hanno tutti in questa famiglia. Parlo di ansia sociale, PTSD. È agorafobico, non è mai uscito più di casa, se non per stretta necessità e comunque non è rimasto mai troppo a lungo fuori di casa."
"Sembra quasi tu lo stia giustificando." Disse abbottonandosi la camicia. Roberto diede un ultimo morso lasciando solo il torsolo. "Diciamo che un po' lo comprendo. Mio nonno soffriva di PTSD."
"Ah." Commentò. "Perciò ti dico che Miguel è il più normale."
Il biondo si alzò e si avvicinò al coinquilino e gli sistemò la piega del colletto. "Cerca di non combinare casini." Gli diede una pacca sul petto e si stravaccò sul divano.
"Non mi aspettare in piedi." Ironizzò lui sorridendogli. Lui alzò la mano per salutarlo.
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Tilt
ChickLitMiguel Àngel è il figlio di una famiglia mafiosa. Nicolas è un giovane ragazzo che lavora in un diner. Una sera Miguel viene inseguito dai suoi rivali che lo vogliono uccidere, Nicolas assiste alla scena e sebbene all'inizio sembra restio nell'aiuta...