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PARTE Seconda

4

"Dov'è Nicolas?" domandò Miguel con tono palesemente irritato, piombando nella camera del fratello Guillermo, il quale era assorto a guardare la sua serie TV con le sue guardie.
"Ma insomma ti pare il modo di entrare in camera mia?" sbottò bloccando il video. "Non è qui. Non stava con me. È un tuo subordinato." Gli ricordò.
"Lo so, ma non so dov'è."
"Ehm. Signor Serrano." Si schiarì la voce Roberto. Il ragazzo dai capelli castani lo guardò con quegli occhi che quel giorno erano di una tonalità che andava verso il blu. Il biondo gli fece cenno di uscire un momento e il capo lo seguì.
"Nicolas è tornato a casa."
"A casa?"
"A Parigi, dal fratello. È partito stamattina presto, erano le quattro."
"Ma come cazzo si è permesso."
"A dire il vero, è stato suo padre a dargli il permesso."
Miguel si calmò immediatamente. "Gli ha concesso una settimana di ferie. L'evento dell'asta, lo ha... segnato in qualche modo."
Miguel sospirò. Era un colpo al cuore ogni volta che si faceva riferimento a quella sera. Si mise le mani sulla vita e respirò profondamente. "A te ha detto qualcosa? Riguardo quella sera?"
Roberto negò col capo, ma voleva dire altro ed esitò in un primo momento.
"L'ho visto molto provato, capo."
"Capisco." Commentò sconfortato, come se gli avesse dato una brutta notizia. Per calmare i nervi si prese una sigaretta e ne fumò una davanti Roberto, che alzò un sopracciglio. Non l'aveva mai visto fumare così, dall'ultima volta...
Vedendo che il quadro era quello e che lentamente i pezzi si stavano ricongiungendo in qualche modo, Roberto si fece coraggio.
"Se posso permettermi." Azzardò attirando l'attenzione di Miguel. "Io credo che sia successo qualcosa a Nicolas. E non è correlata all'aver fallito la missione o alla sua reputazione. C'è... qualcos'altro sotto, qualcosa di più intimo."
"Intimo?" sospettò.
Ingoiò la saliva che aveva in bocca e cercò di ponderare le parole.
"Capo, Nicolas è un ragazzo che sorrideva dal primo momento in cui ha messo piede in questa struttura, e non lo vedo sorridere più da giorni. È palese che ci sia qualcosa che lo turba, e non poco. Una cosa del genere di solito prevede problemi a livello sentimentale. Credo che lui abbia qualche problema sulla sfera emotiva." Confessò cercando di non rivelare il tetro scenario in cui l'aveva trovato, con la mano insanguinata, il braccio martoriato dalle sigarette e lo sguardo catatonico e spento.
"Per esperienza personale, le posso dire che quel sorriso che ha sempre ben piazzato in faccia, nasconde tutto fuorché sincera allegria e felicità." Lo avvertì.
E subito gli vennero in mente le parole che gli aveva detto fuori alla banchina la sera in cui lo aveva baciato.
"Capo." Lo chiamò ancora una volta prima di tornare da Guillermo. "Quando Nicolas torna, ammesso che torni, se vuole avere a che fare con lui cerchi di essere un po' meno... freddo. È comunque nuovo, e il suo atteggiamento autoritario nei suoi confronti non è d'aiuto. Provi un approccio... un po' più amichevole."
"Ammesso che torni?" chiese preoccupato. Lui si strinse nelle spalle. "Che torni da lei, capo." Sottolineò e tornò dentro.
Miguel inspirò il fumo di sigaretta e diede un pugno al muro per sfogarsi. Prese il cellulare.
"Ho bisogno di te, vieni da me ora." Scrisse.


Nicolas era tornato a casa di buon mattino. In punta di piedi, sfruttando le sue nuove capacità furtive, preparò la colazione senza farsi sentire dal fratello e il volto sorpreso del piccolo Antoine lo fece veramente star meglio.
Lo strinse talmente forte che per il ragazzino gli disse di lasciarlo andare perché stava soffocando. Inspirò il suo odore, come si faceva con i neonati piccoli. Per lui era ancora piccolo nonostante fosse quasi alto quanto lui.
Iniziò a parlargli di tutto quello che si era perso negli ultimi mesi senza di lui. Non andò a scuola quel giorno per recuperare il tempo perso.
Non si era fermato neanche un momento nel parlare, al punto tale che neanche mangiò il piatto cucinato dal fratello con tanto amore per tutto quello che gli aveva detto, e Nicolas rimase in silenzio con gli occhi rilassati e profondamente innamorati del fratello.
Si misero nel letto di Antoine a sera inoltrata, tutti e due su un fianco con il volto a pochi centimetri di distanza, continuando a parlare. "Sei cresciuto un po', sai?" chiese accarezzandogli il volto ancora glabro.
"Smettila!" esclamò ridendo. Si era appena reso conto che il fratello aveva le nocche fasciate e gli chiese cosa avesse fatto.
"Eh, ho preso a pugni un tipo che mi dava fastidio. Sai." Mentì.
"Sei un pessimo bugiardo, fratellone." Disse alzandosi in piedi e uscendo della camera, tornando con il disinfettante e delle garze pulite. "Ho parlato tutto il giorno solo io come un matto. Tu che hai da dirmi?" chiese facendolo mettere seduto per curargli la ferita. Nico vide come Antoine agiva delicatamente.
"Sarai un grande medico, un giorno." Commentò osservando la manualità che aveva. "Lo spero. Devo sempre comprarti una pasticceria."
Nico non rise come sempre. Abbozzò solo un sorriso e gli carezzò la testa.
"Domani devi andare a scuola." Commentò alzandosi in piedi. "Ma non voglio. Voglio stare con te."
"La scuola è importante e poi abbiamo tutta la settimana, per stare insieme." Lo rassicurò. "Va bene." Rispose rassegnato mettendosi a letto.
Nico gli rimboccò le lenzuola e gli diede un bacio sulla fronte. "Ti amo, Antoine. Non dimenticarlo mai." Gli disse assicurandosi che avesse capito.
Sull'uscio della porta lo chiamò. "Mi sei mancato tanto, fratellone." Quelle parole lo fecero vacillare e spense la luce.
Stava fuori il terrazzo, seduto con i piedi sul tavolo fumandosi delle sigarette e sorseggiando quattro lattine di birra che appiattiva appena finiva e le lasciava dove capitava.
Non riusciva a dormire nonostante fosse tornato a casa sua. Non sapeva cosa fare. Il suo pensiero comunque era rivolto a Miguel, che cercava di darsi spiegazioni per i suoi atteggiamenti bipolari.
Gli dava attenzioni e poi faceva il possessivo. Si preoccupava per lui e poi non se ne fregava per niente.
Nella confusione decise di uscire di casa per andare in un locale a sfogare la sua frustrazione.
Rimorchiò la prima ragazza che cedette al suo fascino e la portò in bagno, dove la sbattette al muro. Lei non ci pensò due volte ad abbassarsi gli slip con tutta la gonna, e lui fece lo stesso, infilandosi il preservativo.
Le baciò il collo e affondò la mano tra i suoi capelli e la morse delicatamente, per poi baciarla sulle labbra ed entrare in lei. La ragazza orgasmò ad ogni sua spinta.
"Non pensarci." Si diceva mentalmente cercando di non ricordare quello che aveva fatto con Miguel. Ma il ricordo era più forte: la propria pelle sulla sua, il suo peso stava sul suo corpo.
Si bloccò. Non poteva andare avanti. Non ce la faceva. La ragazza si vestì indignata, e se ne andò via, lasciandolo così.
Lui si faceva il problema, quando sapeva che Miguel non se lo poneva minimamente, a giudicare dallo sguardo che aveva lanciato al suo 'ospite' quella mattina che gli aveva chiesto il permesso per accompagnare Guillermo.
Nel mentre a 400km di distanza a linea d'aria, in Spagna, anche Miguel aveva respinto le attenzioni del suo amante, nonostante lo avesse chiamato lui, perché troppo consumato da quel ricordo di quel ragazzo che aveva attirato la sua attenzione sin dal principio.
Doveva fare un gesto estremo, ma non sapeva se ne valesse la pena o meno.

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