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PARTE Prima

3

Si svegliò con il collo intorpidito ed un mal di testa che lo coronava in tutto il cranio. Aveva anche un po' di nausea.
Strabuzzò gli occhi per mettere a fuoco l'elegante figura che stava in piedi davanti a lui.
"Tu?" disse incredulo. Si guardò attorno e vide le vetrate. Riconobbe le rive del fiume e si rese conto di trovarsi su una bateau-mouche. Attorno a lui, tre ragazzi poco più grandi di lui di età ben vestiti.
Aveva le manette ai polsi, dietro lo schienale della sedia.
"Nicolas Yves Blanchot. Ventidue anni, di origine araba. Orfano di padre e madre, tutore legale di Antoine Hervé Blanchot, tuo fratello di diciassette anni. Lavori come cameriere nel bistrot A la Carte, e sei rinomato per i dolci che servi alla clientela che a volte viene solo per compiacere della tua compagnia in post serata. Pratichi arti marziali, più di una, e metti in pratica queste anche nei combattimenti clandestini per guadagnare qualcosa in più. Frequenti la scuola serale tra un turno di lavoro e l'altro." Lesse da un tablet.
Il ragazzo nascose la paura alzando lo sguardo sul giovane che gli girava attorno. I propri occhi scuri incontrarono quelli verdi del ragazzo castano, e rimasero fissi a scrutarli spavaldo e facendo un ghigno compiaciuto.
"Ho un bel curriculum, non è vero? Razza di psicopatico?" domandò retorico. Una delle guardie sbottò avvicinandosi. "Come ti permetti di rivolgerti così al sig-" si bloccò non appena vide la mano del ragazzo in un completo silver sollevarsi. Ripose le mani nella tasca.
"Lasciami andare stronzo." Insultò poi con tono sempre più rude e impavido, mentre studiava le manette e lo spazio che gli stringevano i polsi.
"Non ti chiami Jacques." Commentò continuando a guardarlo negli occhi ambrati, dai riflessi quasi gialli. Avevano il loro fascino, pensò Miguel Àngel. Un viso delicato come il suo, coperto da un po' di barba sottile nera come i capelli ed i ricci, non passavano inosservati in un bistrot.
"Okay, e con questo? Merito di essere rapito perché non mi chiamo Jacques?" domandò studiando il volto di lui.
Era un ragazzo da una bellezza di quelli delle serie TV che si vedevano in giro. Un po' di pizzetto, labbra grandi e rosse, occhi verdi misti ad un leggero contorno di azzurro, era suo coetaneo, ne era certo, ma si portava decisamente più piccolo di quello che era. Aveva due orecchini a cerchio piccoli, probabilmente in oro bianco, che gli davano quel tocco di ribelle in quel completo di classe.
"Questo." Disse cacciando l'orologio che si era preso un paio di sere prima. "L'avete venduto per duemila cinquecento euro. È un Rolex, e ne vale minimo seimilasettecento, in mano ad un ignorante, ovviamente." Pronunciò con arroganza.
Il viso olivastro del ragazzo sbiancò quando udì quella cifra.
"Siete stati truffati e questo mi fa presumere una cosa. Considerando dove abiti, e considerando che fai due lavori e hai venduto questo per poco e niente nel giro di così poco tempo significa che ti servono soldi." Intuì.
"Ho visto come hai combattuto e mi hai difeso da quella gente, che è addestrata per combattere. Inoltre le tue capacità di fuga mi hanno stupito. Voglio che tu sia la mia guardia del corpo." Giunse al punto.
Nicolas sorrise e poi scoppiò a ridere.
"Tu sei uno psicopatico. Potevi chiedermelo senza rapirmi."
Lui si strinse nelle spalle. "Sei una persona fugace, dubito che saresti rimasto per un eventuale colloquio normale. E poi, non mi piace presentarmi a casa degli altri senza il giusto preavviso. L'alternativa valida era questa. Ti voglio come mia guardia del corpo." Ripetette.
Il ragazzo sorrise. "Sei uno stupido se credi che io possa accettare. Entrare a far parte di una gang mafiosa del cazzo?"
"Bada a come parli." Lo ammonì un'altra guardia avvicinandosi a lui, che alzò semplicemente la gamba spingendolo via sul petto.
"Brutto figlio di..."
"Fermo lì." Disse tenendo la gamba alzata da seduto.
Miguel notò lo stile e l'eleganza di quella gamba così alzata. Di solito i suoi ci mettevano tempo per padroneggiare un'elasticità del genere, e invece a lui sembrava essere in qualche modo innata. Si vedeva che era un combattente nato.
"Pensaci bene." Disse Miguel avvicinandosi un altro po' a lui. "Questo lavoro renderebbe senz'altro felice tuo fratello."
"Non. Nominare, mio fratello." Ringhiò in tono minaccioso. "Non mi immischierò nella criminalità organizzata per andare a fare cose sporche per conto di un idiota che si diverte a rapire gente che va a stalkerarle sulle loro origini." Parlò premendo pollice contro pollice.
Doveva slogarlo, sfilarlo fuori dalla manetta e cercare di raggiungere la finestra alle sue spalle dalla quale sentiva provenire un soffio di aria fredda. Cosa da niente, pensò.
"Sono una brava persona, non faccio queste genere di cose." Aggiunse.
Il castano sorrise e si voltò andando ad osservare il paesaggio parigino dalle finestre del bateau-mouche.
Era quella la sua occasione. Il pollice fece crack, sfilò il polso dalla manetta, scattò in piedi e lanciò la sedia contro i primi due tipi ben vestiti, e calciò il terzo atterrandolo, fu colto alla sprovvista quando ricevette un calcio all'indietro dal ragazzo castano che lo fece barcollare tra le braccia della quarta guardia del corpo che la abbracciò e la bloccò.
Miguel fece cenno di lasciarlo e si avvicinò al giovane che si rimise in sesto il pollice con un'altra manovra ingoiando il gemito di dolore.
"Fai sul serio?" domandò con tono di sfida. E provò a dargli un pugno che il ragazzo elegante parò. Iniziarono uno scontro a suon di calci e pugni, e Miguel metteva in atto tutti gli schemi che conosceva delle varie arti marziali che praticava, soprattutto quelli di Wing Chun che per lui erano gli insegnamenti madre che reputava più efficaci. Subiva due tre colpi del riccio e poi sferrava un attacco deciso e forte abbastanza da farlo barcollare ogni volta indietro.
Nicolas aveva uno sguardo furioso mentre Miguel invece era palesemente divertito, riuscendo a mettere all'angolo il riccio che si trovò con le spalle alla finestra schiacciato dal peso dell'altro.
Nico si riuscì a capovolgere e a mettere Miguel spalle al muro, ma lui fu più furbo e gli diede un calcio sull'esterno coscia che lo costrinse ad inginocchiarsi.
Allora Nico ne approfittò di quella posizione per sferrare un attacco dritto sui genitali afferrando con presa forte e decisa.
Il ragazzo si piegò in due e urlò, il suo sorriso si tramutò in rabbia e lo spinse verso la colonna di legno della stanza facendogli mollare la presa.
I due si ritrovarono a distanza ravvicinata. Sentivano uno il respiro dell'altro. Si guardarono negli occhi per una manciata di secondi e poi Nico sferrò una testata dritta sul naso di Miguel che barcollò all'indietro. Approfittando di quel momento il ragazzo zoppicante scappò dalla finestra come previsto e corse sul ponte.
Era lì, doveva solo tuffarsi quando uno sparo squarciò l'aria e lo costrinse a fermarsi e a voltarsi con le mani alzate.
Ora era indifeso con una pistola puntata addosso non poteva fare niente. Non era più veloce del proiettile, eppure una parte di sé sapeva che quel proiettile non sarebbe mai partito contro di lui. Non sapeva come spiegarselo, ma era certo che il ragazzo in abito silver non volesse veramente sparargli.
"Torna qui e sii la mia guardia del corpo." Ripetette. "Conterò fino a tre." Minacciò.
"Uno." Scandì. "Due." E sparò ad un paio di metri di distanza da lui, facendolo sobbalzare.
Ora non era più tanto sicuro che non lo avrebbe sparato, pensò tra sé e sé.
"Non mi avrai mai." Urlò gettandosi d'impulso in acqua. Le guardie del corpo si precipitarono. Miguel Àngel tirò un sospiro di sconforto e di rabbia, stringendo i pugni.
"Lasciatelo andare." Borbottò tornando indietro.

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