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PARTE Prima

4

Nico fu condotto su un aereo privato che lo portò a quella che era la sua nuova casa. Con una grande auto nera fu scortato in una sorta di tenuta. Le guardie del corpo erano piuttosto silenziose, e quando parlavano lo facevano in spagnolo. Per sua fortuna alle scuole medie lo aveva studiato perciò lo masticava e qualcosa lo capiva.
Una delle due guardie aveva il braccio fasciato, e lo studiava con aria rude e quasi disgustata dalla sua presenza.
Gli fecero fare il tour della casa mentre gli spiegavano alcune cose.
Da quello che capì, sommariamente, doveva essere sottoposto ad un intenso periodo di addestramento seguendo un programma abbastanza rigido ed impegnativo, e ciclicamente sarebbe stato esaminato per vedere se rientrasse negli standard richiesti. Gli fu spiegato che anche una volta accettato come guardia del corpo, sarebbe comunque stato sottoposto a degli esami in maniera più sporadica, come lo erano tutti.
Mentre passavano la piscina interna per l'allenamento delle guardie del corpo, pensò a cosa fosse successo se non fosse agli standard. L'avrebbero riportato a casa? L'avrebbero eliminato? Era tentato di chiedere ma il tipo, che gli parve di capire si chiamasse Pedro, non sembrava uno a cui piaceva essere fatto domande, né tantomeno sembrava piacergli.
"Dovrai imparare a maneggiare anche le armi da fuoco." Pronunciò passando attraverso il piccolo poligono di tiro, senza scomporsi minimamente appena udì il primo sparo, mentre Nico sobbalzò.
Lo portò poi verso un enorme sala ristoro, simile a quelle che si trovavano negli hotel.
"Qui abbiamo tre regole." Elencò Pedro.
"Prima regola: non si esce da qui se non per la missione. Ogni uscita d'emergenza va giustificata e va richiesto il permesso direttamente al capo."
Tutte le guardie ben vestite sedute che interloquivano tra loro smisero di parlare non appena entrò.
"Seconda regola: non è consentito l'utilizzo di alcun cellulare o dispositivo personale se non ti è stato fornito da noi. Per le urgenze puoi usare il telefono pubblico, inutile che ti dica che tutto ciò che dirai è registrato."
"Cristo. Ma questa è una prigione." Lamentò.
"Attento a come parli." Minacciò l'altra guardia vicino a Pedro, che stava in tuta.
"Altrimenti?" rispose. Pedro puntò la pistola dritto sulla sua fronte. "Non esiterò a spararti. Scordati della tua vecchia vita. Questo è un corpo militare al servizio della famiglia Serrano. Se non ti sta bene, potevi non accettare. Sapevi a cosa saresti andato incontro se avessi accettato, ne avete già parlato sul fiume." Parlò in tono freddo.
Nico alzò istintivamente le mani alla pistola puntata. "Rapire una persona e pretendere di entrare nella propria guardia militare lo chiami parlare?" rispose a tono, rubandogli poi la pistola. Sottovalutò la rapidità di Pedro di farlo cadere a terra con un calcio sul petto e di puntargli un'altra pistola in testa. E il ragazzo si trovò puntato poi quella di tutte le altre guardie del corpo.
"Abbassate le armi." Esordì una voce da dietro un pilastro. Un uomo con la barba, vestito esattamente come Pedro entrò.
"O devo ricordarvi la regola numero tre?" parlò guardandoli tutti, che eseguirono direttamente il comando senza controbattere.
"Tutte le guardie del corpo devono andare d'accordo, senza causare litigi. Litigi significa creare problemi, e i signori Serrano non hanno tempo di risolvere queste stronzate." Pronunciò guardando il riccio a terra.
Si avvicinò a Pedro e gli sistemò la camicia, le spalle della giacca e gli diede una pacca sul braccio non fasciato. "Chiaro?" domandò.
Pedro abbassò lo sguardo ed annuì.
"Spero sia chiaro che le regole qui valgono per tutti, nessuno escluso." Annunciò. "Tornate a lavoro." Ordinò mentre Nico si rialzava in piedi.
"Tu. Con me." Disse poi imboccando un corridoio, e il riccio sbuffando lo seguì.
Sembrava il corridoio di un hotel, con stanze a destra e a sinistra.
"Il servizio mensa è calcolato in base alle tue esigenze che sono calcolate dai nostri medici nutrizionisti, per cui la tua dieta, come quella di tutti è strettamente regolata. Ma questo non ti impedisce di poter consumare altro, rigidità sì, ma fino ad un certo punto. Il servizio infermeria è disponibile h24, qualsiasi malore vai lì e i nostri medici sapranno come curarti. Questa è la tua stanza. Hai un'oretta per sistemarti e prepararti a ricevere il signor Serrano. Dopo di che prenderemo le tue misure e ti daremo i nostri abiti." Lo accompagnò fino alla porta della sua nuova camera.
"Tutto chiaro?" domandò dandogli poi un buffo sulla guancia. "Perfetto, allora ci vediamo tra un'ora puntuale." Aggiunse.
Nico aspettò che la guardia del corpo Capo si allontanasse, così
la soprannominò vista la reazione spaventata di tutti, ed entrò in camera.
Vide un ragazzo con delle cuffiette che stava saltando la corda in maniera molto intensa. Era tutto sudato e anche molto concentrato, finché non smise per studiarlo con aria minacciosa.
"Tu devi essere il nuovo arrivato." Parlò con un tono di voce che sembrava quello di un doppiatore televisivo.
Si avvicinò allungandogli la mano. "Mi chiamo Roberto, e sono la guardia del corpo principale di Guillermo, il fratello maggiore di Miguel Àngel." Si presentò, stringendogli la mano con una stretta bella vigorosa.
"Io sono..."
"Nicolas Yves Blanchot." Completò lui. "Sono stato informato del tuo arrivo." Aggiunse. Il ragazzo dai capelli castani sorrise imbarazzato.
"E così... Miguel ha un fratello maggiore..."
"Sono numerosi in questa famiglia. Clan e sotto-clan compresi. Le studierai queste cose. Ti basti sapere per il momento che questa famiglia è il clan principale, e ci sono: Guillermo, Miguel Àngel ed infine il fratello più piccolo Armando."
"Buffo. Avrei pensato che con l'atteggiamento da stronzo che ha Miguel Àngel fosse il primo fratello. O l'ultimo viziatello." Commentò ridendo.
"Inquieto giace il capo che porta la corona." Citò il ragazzo aprendo il frigo per prendersi un po' di succo di frutta che versò in un bicchiere, offrendolo anche al nuovo inquilino.
"Shakespeare?" domandò insicuro. Il biondo annuì. "Ma scusa, se Miguel è il secondo non dovrebbe essere lui a portare la corona..."
"Non dovrebbe. È questo il punto." Fece un sorso e Nico lo imitò.
"Ti stupirà sapere che Miguel Àngel è il più normale in questa famiglia. Sotto-clan compreso. Tra Guillermo che è impazzito e Armando che vive per conto suo, credimi per un novellino come te è il male migliore." Gli spiegò.
"Il male migliore?" ripetette. "Poi capirai perché. Ora ti lascio disfare la valigia, mi casa es tu casa." Disse poi alzandosi e andando in bagno.
Nico rimase solo in quel piccolo salottino, arredato con il minimo indispensabile. C'era un cucinino con un frigo di media grandezza, un divano con un piccolo televisore, ed una scrivania con due sedie. Entrò nella camera da letto che era condivisa, con due letti e due armadi giganti.
Si sistemò e poi tastò il letto. Tirò fuori la cornice con una foto sua e di suo fratello, accarezzò il volto dell'amato e la poggiò sul proprio comodino.
Uscito dalla camera fu pronto per andare da Miguel Àngel, e il suo primo compito fu quello di portargli da bere al poligono di tiro. La cosa lo seccò perché non credeva che tra le mansioni di una guardia del corpo rientrassero anche quelle di cameriere, e a malincuore si avviò per raggiungerlo.
Ed eccolo lì, a sparare con altri due tipi che non conosceva, che stavano lì a prendersi in giro su chi avesse fatto più colpi, ma Miguel rimaneva freddo, senza scomporsi minimamente, senza sorridere, né provare alcun tipo di emozione.
"Uh, e questo bocconcino chi è? La tua nuova guardia del corpo?" domandò uno dei due amici, che aveva decisamente un atteggiamento eccentrico.
"Mio padre ha insistito per adottarlo. Si chiama Nicolas." Lo presentò senza neanche degnargli di uno sguardo, cosa che infastidì non poco il riccio. "Posso fargli fare ciò che voglio." Sottolineò poi.
Il ragazzo fece un ghigno disgustato negando col capo.
"Ne voglio anche io uno così." Disse poi il tipo eccentrico.
"Di' a tuo padre se me ne procura uno così." Scherzò.
"E tu che mi daresti in cambio?" punzecchiò Miguel. "Cosa ti serve?" inarcò il sopracciglio.
Il resto della conversazione si mosse su grandi paroloni da mafiosi, su territori e conquiste, cose di poca comprensione per il riccio.
Pedro e l'altro tizio in tuta lo chiamarono con un fischio. Se c'era una cosa che odiava era essere trattato come un oggetto, e già delle stronzate di Miguel ne aveva abbastanza, era a tanto così dal volerlo menare. Ora si mettevano anche Pedro e l'altro scagnozzo.
"Ti sei dimenticato la cioccolata agli ospiti." Lo ammonì con tono duro.
"Ed io che devo farci?" rispose. "Andarla a prendere. Su. Muoviti."
"Non sei il mio capo."
"Fino a prova contraria, tu sei il novellino, ed io la guardia del corpo principale. Quindi sì. Sono il tuo capo."
"Hai un braccio fasciato, non sei molto utile."
"Potrei batterti lo stesso e strapparti quel sorrisetto beffardo dalla faccia anche con un solo braccio. È un titolo che mi spetta, me lo sono guadagnato."
"Vaffanculo."
Pedro gli afferrò un polso e glielo contorse dietro la schiena sbattendolo contro il muro. Nico gemette.
"Hai ancora da controbattere, pivello?" domandò poi lasciandolo.
"Ora. Sii gentile e vai a prendere la cioccolata per gli ospiti del signor Serrano." Ordinò.
Nicolas gli sorrise serafico ed andò verso la dispensa. Vide un pacco di cioccolata, e ne prese uno che si infilò nella tasca, pensandola come ricompensa come fine turno.
"Eccoti la tua cioccolata." Disse poi poggiando il vassoio con poca grazia senza usare la forma di rispetto.
Il castano inarcò un sopracciglio.
"Coglioni." Mormorò poi sottovoce. "Come hai detto?" chiese in tono freddo il ragazzo.
"Voglio essere il capo di Pedro, Miguel." Avanzò proposta. I due amici di lui si guardarono sbarrando gli occhi.
Miguel ghignò.
"Dovresti riconsiderare l'approccio. Forse gli dovresti dargli altre attenzioni" riecheggiarono le parole del padre nella sua testa.
"Capo di Pedro, huh?" Afferrò una mela, se la guardò e la studiò.
La lanciò a Nico che la afferrò al volo. "Mettila lì." Ordinò indicando con la pistola un manichino a distanza.
Nico si avvicinò e non trovò un appoggio.
"Dove?" chiese seccato.
Con l'indice gli indicò la testa. Il cuore di lui palpitò. I due amici si misero a ridere. "Sono serio. In testa. O non hai le palle?" domandò in tono provocatorio.
Il ragazzo dai capelli ricci serrò la mandibola ed il pugno libero e si sistemò la mela tra i capelli, tendendola in equilibrio, ferma.
Pedro che osservava la scena trasalì.
"Miguel, stai scherzando vero?" gli chiese l'amico. Il ragazzo castano, dallo sguardo serio, alzò la pistola e senza neanche chiudere un occhio sparò.
Nico rabbrividì quando sentì una goccia di succo di mela rigargli il volto, aveva avvertito come fosse esplosa sulla sua testa, e riprese a respirare forzatamente, costringendosi anche a non svenire dalla paura.
"Sei a capo delle guardie, se è questo quello che vuoi." Disse ad alta voce facendosi sentire anche da Pedro che non sapeva se essere più sconvolto per la follia di Miguel nello sparare una mela in testa ad un umano, o per la follia di Nicolas che era disposto a tutto pur di mettersi al suo capo.
"Andiamo a mangiare." Ordinò ai suoi amici. "Raggiungici dopo nella mia sala da pranzo." Disse al ragazzo, e se ne uscì dal poligono. I due amici lo guardarono ancora sconvolti, con il terrore negli occhi e la bocca spalancata.
Quando la sala si svuotò di tutti, guardie comprese, il riccio si abbandonò sulle sue stesse gambe che cedettero per la paura, e ansimò. Il cuore non gli era mai pompato così forte da sentirsi vibrare tutto. Stava sudando freddo. Ritrovò la forza di alzarsi e uscì dal poligono per andare in giardino a prendere una boccata d'aria fresca.
Si mise una mano in tasca alla ricerca di una sigaretta ma si ricordò che le aveva lasciate in camera, però ritrovò la tavoletta di cioccolata che aveva preso dal deposito.
In quell'istante aveva bisogno di qualcosa che lo facesse riprendere per cui la aprì e diede un morso diretto.
Il sapore era decisamente troppo amaro per i suoi gusti e senza dubbio lo fece riprendere, ma era davvero immangiabile perciò sputò.
Guardò il pacchetto. "85% DI CACAO AMARO"
"Ma che cazzo si mangiano questi?" domandò gettando con disprezzo la tavoletta nel prato a posta, per sottolineare la rabbia che nutriva in quel momento.
"Nicolas." Lo chiamò Adrian, il capo delle guardie del corpo. "L'addestramento continua." Disse facendo cenno di seguirlo.
Raggiunsero una sorta di biblioteca con un proiettore sul quale c'era proiettata una mappa.
"Questa è una presentazione riguardante la famiglia principale Serrano, le loro attività principali." Indicò con un laser. "Il loro territorio, e la loro genealogia. Memorizza. E poi raggiungimi in palestra." Ordinò.
Dopo l'intenso allenamento seguito da un istruttore in sala attrezzi, Nico fu portato in piscina dove fu legato mani e piedi e gettato in fondo alla piscina assieme ad altri quattro ragazzi. Scopo era quello di imparare a liberarsi nel minor tempo possibile, senza morire affogati.
Ritornarono poi nel poligono di tiro dove gli insegnarono come caricare una pistola e come sparare.


La giornata finì quando sprofondò sulla poltrona del tavolo con il cibo davanti.
Allo stesso tavolo lo raggiunse anche Roberto ed un altro paio di guardie.
"Gesù Cristo." Si lamentò sentendo dolore da tutte le parti. "È peggio di un addestramento militare questo. Senza una minima tregua e cibo di merda." Commentò.
"Ti serve." Rispose il biondo. "Sul campo sarà solo più brutale. Ora mangia e non ti lamentare troppo." Disse addentando il riso.
Stavano continuando a mangiare con calma quando all'improvviso Roberto scattò in piedi, e così fecero tutti, Nico si alzò per par conditio.
Un uomo era entrato nella sala da pranzo. "Chi ha ucciso Kiwi?" urlò.
"Chi?" chiese sottovoce a Roberto. "Il suo chihuahua. Lo ha adottato da poco, un paio di mesi a seguito della perdita dei suoi conigli."
"Chi è stato?" urlò dando di matto quasi con isteria. "Sai... forse avevi ragione stamattina." Riferendosi alla conversazione in camera.
Riuscì a strappare un mezzo sorrisetto a Roberto e questa cosa lo fece sorridere di conseguenza, facendolo riprendere un po' da quella sensazione di angoscia e di aria pesante che tirava in quel posto.
"Nessuno parla? Bene. So già chi è il colpevole che ha lasciato questa!" strillò alzando in aria la carta di una tavoletta di cioccolato.
Nico la riconobbe subito e sentì il boccone andargli di traverso. "Cazzo." Commento con voce strozzata. Roberto lo fulminò con lo sguardo. Aveva capito tutto.
Una delle due guardie del corpo che sostituiva il biondo aveva il tablet in mano e sottovoce indicò a Guillermo il volto del riccio.
"Sei stato tu?" lo guardò furioso, con uno sguardo che emanava follia e faceva capire che in effetti non fosse una persona mentalmente stabile, anche se, secondo lui se la giocava molto
con la psicopatia di sparare mele a caso in testa alla gente del fratello.
"Con me." Ordinò poi per farlo raggiungere in giardino, dove iniziò a gridargli contro sul fatto che i cani non possono mangiare la cioccolata, di quanto fosse tossica, di quanto fosse stato meschino, cattivo e da persone disgraziate, il tutto mente scavava una fossa per il chihuahua.
"Verrai chiaramente punito per questa disgrazia." Parlò.

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