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PARTE Terza:

4

Nik non riusciva a trovare pace. "Ehi." Lo richiamò a sé José dall'auricolare. "Sei concentrato o no?" chiese.
"Sì, ci sono."
"Beh meglio per te." Lo ammonì Pedro.
Erano a quel grande gala al quale Miguel era stato costretto a partecipare.
Gli offrirono da bere ma decise di non voler prendere nulla, e si guardò attorno con molta circospezione.
"Nicolas, tutto bene?" disse José notando il suo nervosismo nel girare lo sguardo tra la folla. "Sì, sto solo prestando attenzione a quello che succede."
"È un ballo tra ricchi, dubito fortemente che possa succedere qualcosa di grave." Replicò José. "Non me ne frega un cazzo, tenete gli occhi aperti, chiaro?" ordinò usando per la prima volta un tono da capo che lasciò interdetto persino Pedro. Il quale notò il suo stato di massima allerta.
Per un momento voleva sapere cosa gli stesse passando per la testa. Nicolas era certo che l'avrebbe visto quella sera. Ne era sicurissimo che avrebbe visto la faccia di Francisco Silva pronta a sbucare lì. Ed era deciso più che mai a prenderlo per dimostrare a Roberto, e a sé stesso che non era pazzo, e che sapeva cosa aveva visto.
"Sospetto a ore dieci di Alejandro." Allertò Josè teso dal tono freddo e rigido di Nicolas, dal quale non era ancora abituato a prendere ordini in questo modo così autoritario. Nicolas accorse subito.
"No falso allarme, scusate, era un cameriere."
Il moro tirò un sospiro di frustrazione e vide Pedro avvicinarsi. Lo afferrò per un braccio e lo tirò a sé. "Non so cosa diavolo stai passando, ma devi darti una calmata. Non dobbiamo dare nell'occhio, chiaro?" domandò in tono duro facendo riferimento alla pistola che aveva cacciato davanti a tutti e che nessuno si era accorto.
Nicolas scostò lo sguardo dal volto severo e troppo vicino di Pedro e lo vide, dall'altra parte della sala.
Era lì. Ne era certo. Fece finta di non vederlo e si allontanò senza destare sospetto riprendendo la sua postazione. Con la coda nell'occhio lo individuò, e lo vedeva ancora lì.
Notò che il suo abito con camicia bianca e giacca nera era lo stesso ed identico dei camerieri che stavano lì; perciò, sfilò il vassoio di bicchieri dalla mano di uno di loro e disse che sarebbe andato a servirlo lui.
Portò il vassoio col braccio piegato così in alto da nascondere il volto tra i bicchieri allungandosi verso di lui con molta cautela. Il cuore gli batteva in gola. Era lì. A pochi metri di distanza.
Se non fosse stato per le persone che gli stavano davanti avrebbe potuto fare uno scatto e prenderlo lanciandosi addosso a lui.
Mantenne la calma. Distese i nervi e pensò.
Doveva avvicinarsi un altro po' senza farsi vedere.
Il volto di Francisco si voltò verso il cameriere che aveva lo sguardo nascosto tra i calici di spumante e i due fecero contatto visivo.
Fu un millesimo di secondo, e Francisco scappò. Nicolas lasciò cadere il vassoio a terra e corse verso di lui, lanciando via le persone con le braccia che si trovavano di fronte a lui. Ma erano troppe e si erano anche immobilizzati alcuni di loro.
L'attenzione fu subito attirata sull'inseguimento, Nik perse la cuffietta ma non se ne rese neanche conto perché continuava a seguire la persona che stava scappando.
Entrò in cucina e si guardò attorno. Non lo vide. Poi sentì uno schianto e seguì quel rumore quando lo vide scendere al piano di sotto dove c'erano le cantine di vino e il deposito. Correva e saltava gli ostacoli che il suo avversario gli faceva cadere per terra per cercare di rallentarlo, ma sta volta era fin troppo determinato a prenderlo per cadere o inciampare.
Era lì, a due passi di distanza, allungò la mano pere afferarlo, lo sentiva vicino, e poi si tuffò addosso a lui cadendo sul suo corpo rovinosamente. La persona sotto di lui gemette per aver sbattuto la faccia sul pavimento.
Nik la afferrò di violenza e lo voltò. Non era lui. lo mise a fuoco meglio e lo guardò per una manciata di secondi prima che arrivassero i suoi colleghi.
"L'hai preso." Disse uno di loro. Nik si alzò frustrato bestemminado in francese, e calciando e distruggendo quello che aveva attorno.
"Ehi!" urlò Miguel che li aveva raggiunti poco dopo. Vide lo sguardo furioso e frustrato di Nicolas. "L'ho perso cazzo. L'ho perso di nuovo!" esclamò urlando.
"Chi?" chiese avvicinandosi. "Francisco Silva. Il tuo ex." Sibilò tra i denti senza farsi sentire.
Miguel trattenne un respiro e spalancò gli occhi sorpreso. Si voltò verso il tipo a terra e lo riconobbe subito. "Ti ha mandato qui Diana?" chiese a lui, spaventato. "Sì. Sì. Ma vengo in pace. Mi ha mandato lei ma non per seguirla, voleva sapere come era andata la festa perché lei ha suggerito il luogo all'organizzatore. Voleva venire anche lei ma ha altro da fare questa sera perciò ha mandato me."
"E perché diavolo sei iniziato a scappare?" chiese in tono rabbioso il castano con il cortissimo pizzetto adolescenziale che aveva sulla faccia. La cute sul suo volto era glabra sulle guance, e i peli gli crescevano giusto un po' sotto al mento e sul prolungamento delle basi.
"Lui. Lui ha iniziato a seguirmi a caso." Indicò spaventato Nicolas che stava ancora lì a dannarsi l'anima per non aver catturato la persona che voleva.
Miguel li guardò seccati, e tornò su in sala da ballo.


Nicolas stava seduto sui gradoni e aveva una bottiglia di spumante vicino. Se la stava tracannando tutta, disperato. Miguel arrivò vicino a lui, con le mani nella tasca.
"Non si beve durante il lavoro, ricordi?" chiese in tono freddo. "Il mio turno l'ho finito. La festa è finita e tu dovresti stare a casa." Rispose in altrettanto tono freddo annegando il disappunto nelle bollicine.
Miguel sospirò percependo che doveva moderare i toni se voleva capire cosa gli stesse succedendo.
"Allora? Cos'è 'sta storia di Francisco Silva?"
Nicolas alzò gli occhi su di lui, mise una mano in tasca e gli porse la foto.
Miguel spalancò gli occhi nel vederla, e si sentì arrabbiato perché non doveva essere in possesso di quella foto dato che era seppellita nel cassetto della sua biancheria. Ciò significava che aveva violato la sua privacy. Ma aveva anche notato un'aria triste e sconfortata e questo lo faceva sentire... come se gli dovesse dare delle spiegazioni. In effetti sapeva che aveva ucciso il suo ex, come gli disse alla festa della missione di Diana, ma non aveva più aperto quel capitolo da allora.
Ci teneva davvero tanto a Nicolas, che decise che forse gli avrebbe dovuto qualche spiegazione in più.
"Sono giorni che lo vedo ovunque. Ad ogni appuntamento, ad ogni missione. Giuro di averlo visto... eppure... non riesco mai a prenderlo."
Miguel si sedette sui gradoni vicino a lui. "Sei sicuro di aver visto lui in carne ed ossa?"
Nicolas lo guardò negli occhi azzurri. Stava per dirgli della volta che l'aveva rincorso nelle catacombe. "Sì, Miki. Lo giuro."
I suoi occhi dai riflessi gialli erano tristi e sconsolati. E non sapevano come giustificare quello che aveva visto.
"Ti credo." Esordì. "A metà però." Si corresse subito dopo. "Può essere che tu l'abbia visto inconsciamente, sai. L'occhio vede ciò che vuole vedere. Magari tu sei... inconsciamente preoccupato per questa storia. Al punto da indagare su di lui e all'ossessionarti dal voler trovare una risposta." Spiegò.
In effetti alla luce di quello che era appena successo poteva essere plausibile che fosse psicologicamente condizionato da quell'ex. Pensò.
"Vuoi sapere come sono andate le cose?" gli chiese poi, con il cuore che gli palpitava. Stava per risuccedere. Si stava aprendo di nuovo, e stava per riaprire una vecchia ferita che purtroppo non era ancora guarita, e glielo ricordava quella rosa dalle spine sempre più appuntite.
"Io e Cisco ci siamo conosciuti all'università. Al primo anno. Lui mi salutava sempre, mi faceva trovare il caffè al mio solito posto ogni giorno. Una volta presi coraggio e gli chiesi di uscire. Da lì, iniziammo a frequentarci, a studiare assieme. Mi innamorai di lui." si accese una sigaretta per smorzare lo stress e gliene offrì una al riccio. "No grazie, sto cercando di smettere." Disse ad alta voce realizzando quelle che erano le parole di Jed che gli aveva detto poco tempo prima. Si fanno cose folli, quando si è innamorati. Aveva cambiato persino la sua abitudine per lui, che fumava da anni.
"Ci laureammo assieme. Voleva fare la magistrale da un'altra parte, e io gli dissi che non potevo seguirlo, così lui decise di rimanere con me qui. E studiammo assieme. In quel preciso istante mi resi conto di... amarlo fin troppo. Ma l'amore mi rese cieco, e non sapevo che nel mentre lui stava vendendo i miei segreti all'altra mafia. Lentamente, senza che neanche me ne accorgessi. Veniva, mi corteggiava, mi dava tutte le attenzioni di cui avevo bisogno e continuava a rubarmi delle informazioni che gli servivano. Nel mentre, io idealizzavo l'idea di andare a convivere assieme a lui dopo la magistrale. Ci laureiamo, e lui mi convince ad andare a fare una vacanza assieme, per una settimana in campagna. Quella settimana è stata la più bella della mia vita, ma... c'era qualcosa che non andava. Pedro mi chiamò di ritorno ad una serata e mi disse che Cisco era un traditore, e che aveva tentato un agguato a mio padre. Così, salii sopra da lui, e gli sparai. Un colpo dritto in petto. Lo vidi cadere a terra davanti ai miei occhi. Pedro e Alejandro arrivarono subito dopo, e si occuparono di tutto." Riassunse a metà sigaretta.
"Forse sono stato troppo timido e mi sono lasciato condizionare troppo da lui. Sta di fatto, che mi regalò quella precisa rosa che volevi che buttassi via pochi minuti prima di spararlo." Aggiunse respirando un altro po' di tabacco.
La mente di Nicolas subì un'illuminazione. Ora si spiegava l'atteggiamento freddo, severo e cinico che aveva avuto nei suoi confronti sin dall'inizio. Ora si spiegava perché vivesse sulla luna. Non era solo la sua infanzia ad essere stata condizionata da quel mondo cattivo, ma anche l'amore era stato crudele con lui. il suo primo amore lo aveva deluso e trattato così, non c'era da stupirsi se non aveva saputo affrontare di petto la situazione con lui sin dal principio.
"Ormai è passato." Gli disse Nicolas che era rimasto ad ascoltare tutto il tempo in silenzio, rimuginando sulle sue parole. "Dovresti darci un taglio." Indicò la fotografia.
Miguel guardò quella polaroid, si morse le labbra. Era comunque parte del suo passato, non era certo di volersene sbarazzare completamente.
Gli occhi ambrati dai riflessi gialli lo stavano guardando, e stavano aspettando che facesse qualcosa. Prese un lungo respiro, e accartocciò la foto in un pugno e la lanciò via giù dalle scale.
Entrambi tirarono un sospiro di sollievo, e Nik cercò la mano di Miki per stringergliela e poggiare la testa sulla sua spalla. "Grazie." Sussurrò poi sentendosi finalmente più vicino a lui.
Tutti i suoi dubbi erano spariti ora. Tutto il puzzle era perfettamente allineato e sistemato e poteva vedere il quadro completo e sistemato.
Si alzarono in piedi e si distanziarono un po', pronti per tornare a casa.
Nico sorrise e poi crucciò le sopracciglia. "Che c'è?" chiese Miguel notando il suo sguardo perplesso.
A riguardarlo meglio, un pezzo del puzzle non sembrava incastrato bene.
"Sai... la cosa dell'inconscio che mi hai detto no... cioè io ho proiettato la sua faccia nelle persone perché ero tormentato dalla sua storia è un ragionamento che fila... se non fosse che io non l'ho mai visto." Realizzò poi. Più lo guardava più quel puzzle sembrava fatto un po' male, anche se i pezzi fornivano un'immagine che si stava distorcendo.
Miguel lo guardò perplesso. In effetti aveva ragione, come sapeva che il volto del suo ragazzo fosse quello se lui era entrato in camera sua a prendere la foto che aveva seppellito sotto la sua biancheria e non poteva avere accesso a quelle informazioni? Si chiedeva.
All'improvviso, un paio di passi sui sassi in fondo alle scale e poi un tonfo.
Entrambi guardarono in quella direzione della figura caduta in ginocchio. "Miguel." Lo chiamò con la mascella che era caduta a terra. "Non credo che quella sia una proiezione del mio inconscio."
Miki lo guardò. Era Cisco, in carne ed ossa di fronte a loro.
"A... iu... ta... temi." Sillabò prima di perdere i sensi e cadere per terra.
Miguel rimase lì impietrito mentre Nicolas scese le scale e si accovacciò su di lui afferrandogli il polso carotideo. Il battito era molto debole. "È vivo." Disse il riccio, che aveva appena visto il puzzle sgretolarsi in mille pezzi, come se una persona lo avesse lanciato via dal tavolo dopo ore e ore intense di lavoro.
Passò lo sguardo dal ragazzo che stava soccorrendo a quello pietrificato di quello che stava sulle scale.
Aveva il volto pallido di chi aveva appena visto un fantasma...

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