PARTE Terza:
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"Signor Serrano." Parlò al cellulare Roberto. "Sono appena atterrato nei pressi della prima triangolazione, ottenuto qualcosa sul luogo preciso dove si trova Cisco?"
"Sì, a dire il vero. Eccole la posizione. La invierò a José che gliela invierà a lei. Tutti i dati sono stati copiati ed inviati con successo, ci è voluto un bel po', ma ce l'ho fatta."
"Perfetto, Roberto. Sapevo di poter contare su di te."
"A dopo, capo."
"A dopo." Attaccò Miguel mentre aveva il gomito poggiato sul finestrino e le dita sotto al mento. La vita di Nik era in pericolo, lo sentiva. Non sapeva come dovesse fare. All'improvviso uno scenario terribile gli balenò nella testa.
"Abbiamo la posizione." Dichiarò l'autista. "Bene, allora metti quel cazzo di piede sull'acceleratore e vola, cazzo." Ordinò con tono freddo. "Sissignore." Rispose.
Nel mentre, Roberto tolse il trasmettitore progettato di José dallo schermo del computer, e sentì un grilletto e puntargli dietro la testa.
Guardò il riflesso del volto della persona dallo schermo. "Sei un pezzo di merda." Commentò alzando le braccia e girandosi sulla sedia per guardare in faccia la talpa.
"Però immaginavo fossi tu, sai. Con la faccia di cazzo che ti ritrovi."
"Non ti facevo così loquace, Roberto."
"Ed io così puttanella, Alejandro." Commentò di fredda risposta. "Vendersi per la sottofamiglia... non c'è né onore, né dignità in quello che fai. Dimmi, cosa penserà Miguel quando lo scoprirà?"
Alejandro si avvicinò al volto di lui toccandogli l'orecchio con il naso.
"Non me ne fotte un cazzo di cosa penserà di me, anche perché non lo scoprirà." Minacciò. "Questo è quello che pensi." Ghignò Roberto prima di essere addormentato da un potente colpo col calcio della pistola in testa.
"Signorina Serrano." La chiamò una delle guardie. "La famiglia principale sta arrivando."
La ragazza si staccò dall'abbraccio di Cisco, e Nicolas iniziò a tranquillizzarsi. "Vaffanculo!" urlò lei frustrata.
"Diana." La chiamò e la prese per mano. "Scappiamo assieme. Noi due. Siamo ancora in tempo." Propose guardandola negli occhi.
"Oh, Cisco." Gli accarezzò il collo, poi le guance con i pollici. Gli diede un lungo bacio con le labbra, strofinò le loro fronti. "Sei così dolce..." disse lei. "Ma così stupido." Aggiunse poi staccandosi da lui, continuando a guardarlo negli occhi. "Grazie per i tuoi servigi." Aggiunse poi spingendolo e sparandolo a sangue freddo tre colpi in pieno petto. Lui spalancò gli occhi e la bocca e cadde a terra.
"Ora tocca a te." Disse poi guardando Nicolas e puntandogli la pistola contro. Dei proiettili piombarono contro di loro ed uno colpì di striscio il braccio di lei. La ragazza castana si voltò verso due uomini che stavano correndo contro di lei.
Nik riconobbe uno dei due dalla divisa. Era Pedro. Scavalcò i pallet di legno con un salto e sparò a due guardie, mentre l'altro ragazzo che aveva i capelli lunghi legati in un codino sparò alle altre, costringendo Diana a scappare via.
Pedro si avvicinò a Nicolas e lo slegò. "Il capo sta arrivando."
"Pedro... io ti ringrazio non so come avrei fatto senza di te." Disse stringendolo in un abbraccio appena si liberò. Poi guardò come il ragazzo si stava prendendo cura del fratello e stava per avvicinarsi quando la guardia del corpo gli afferrò una spalla. "Tranquillo, lui è Armando Serrano, il terzo fratello. Si è occupato di tuo fratello per tutto questo tempo." Lo rassicurò. "Armando... mi è familiare questo nome..."
"Tuo fratello mi conosce come Nando."
"Lo stesso Nando della festa?"
"Lui in persona."
"Grazie." Disse sentendosi lo stomaco più leggero. "Lo porto fuori." Aggiunse poi il ragazzo afferrando di peso Antoine e scordandolo fuori. "Armando stava indagando sul vostro passato, e ha tentato un altro approccio."
"Fingendosi un amico di mio fratello?"
"Ed aiutandolo ad entrare alla facoltà di medicina che tuo fratello tanto voleva." Precisò.
"Per quanto possa sembrare spregevole e cinico, non sono mai stato così contento che qualcuno abbia spiato nel mio passato, come in questo momento." Dichiarò. "Immaginavo. Comunque, abbiamo tutte le prove per scagionarti, stai tranq-."
Un proiettile esplose e colse Pedro di spalle che si accasciò su Nicolas. Il quale lo afferrò e cadde. Lo girò per vedere il foro d'uscita.
"Pedro!" urlò, e poi guardò Cisco in piedi con un sorriso beffardo. "Così ricca la famiglia principale, e poi non vi danno neanche il giubbotto antiproiettili come arsenale di base." Derise mostrandolo nei punti dove gli aveva sparato Diana poco prima.
"Nico." Lo chiamò per la prima volta con il soprannome. "Mi dispiace averti trattato male fino ad adesso."
"No, Pedro, non è il momento per dire cazzate." Lo scongiurò con le lacrime agli occhi. "Sappi che l'ho fatto per il benessere e per la vita del signor Serrano." Si scusò gemendo per il dolore. "Non capivo perché ti volesse così vicino a sé... fino ad oggi." Realizzò mentre si teneva la mano sul foro d'uscita.
"Lui ti ama moltissimo." Borbottò sputando un rivolo di sangue. "Più di quanto abbia amato lui. E di chiunque altro in generale in vita sua." Dichiarò poi guardando con disgusto Cisco che stava ancora lì in piedi con una pistola puntata. La spostò un po' più su per sparare a Nik, ma Pedro riuscì a frapporsi. Il sangue schizzò in faccia al moro, il quale avvertì un forte odore di ferro e del calore sul suo volto.
"Nico... lo affido... a... t..."
L'ennesimo colpo non gli fece neanche finire la frase. Nicolas urlò un forte "NO" che squarciò l'aria della falegnameria abbandonata, rimbombando per tutte le sue pareti.
"È finita, Nicolas." Gli disse poi puntandogli la pistola in testa.
"Per te." Dichiarò Miguel entrando nella falegnameria seguito da
altre guardie del corpo che circondarono Cisco.
"Abbassa la pistola." Lo rimproverò con tono freddo Miguel puntandogli Horatio contro.
"Miki... per fortuna sei qui... Nicolas è un traditore." Tornò ad avere un tono di voce supplichevole e remissivo come quello che aveva avuto sin dal primo momento che era tornato. Quel tono manipolatorio che lo rendeva pericoloso.
"Mettiamo fine a questa patetica farsa, Francisco, conoscevo il tuo piano sin dal primo momento in cui hai messo piede in casa mia."
Una guardia del corpo si prestò ad aiutare Nicolas ad alzarsi e a controllare il polso di Pedro. Guardò negli occhi il capo e scosse la testa.
"Pedro..." sussurrò contorcendo la sua espressione in un volto di dolore e dispiacere.
"Nik stai bene?" gli chiese poi subito dopo. Nicolas si rimise in sesto e di scatto colpì Francisco con il calcio della pistola e poi gliela puntò in faccia.
Lui li guardò beffardo. Ghignava come uno psicopatico e se la rideva di gusto. "Sono già sopravvissuto una volta a causa della tua incapacità di uccidermi, Miki. Vuoi ripetere il travaglio che hai subito di nuovo? Vedermi di nuovo morire? Essere perseguitato per altri anni dalla mia immagine e chiuderti in te stesso per sempre?"
Cisco si avvicinò toccando la pistola con la fronte. "Sai perché non sei riuscito ad uccidermi la prima volta? E perché non riesci ad uccidermi di nuovo? Perché mi ami, e non puoi negarlo." Infierì. Il castano strinse i denti e stava comandando al suo cervello di premere il grilletto, ma le dita non obbedivano. Nicolas riprese la rabbia e la frustrazione che aveva provato fino a quel momento. "Sei un debole del cazzo, Miguel. Rovini ogni cosa che tocchi perché non sai mantenerla." Dichiarò alimentando le sue paranoie.
"E tu, invece? Sei meglio di lui?" ringhiò il riccio, che ne aveva abbastanza. "Tu che sei talmente disperato di attenzioni e di amore, come un cagnolino abbandonato. Sei una persona così triste, e hai paura della tua stessa ombra. Per questo ti sei legato alla prima persona che ti ha dato attenzioni. Diana ti ha sfruttato sin dal primo momento. Ti ha manipolato da subito."
"NO! NO! NO!" urlò avvicinandosi a Nicolas che tenne ferma la pistola. "Diana mi ama."
"Ah sì? E dov'è ora la tua amante? Ti ha sparato. Tre colpi. Senza esitare. Neanche sapeva che avevi il giubbotto." Infierì lui stavolta, avanzando verso di lui con la pistola puntata in faccia, mentre lui indietreggiava impaurito di fronte alle parole del moro.
"Lei mi ha detto che avremmo vissuto assieme dopo che avremmo capovolto la famiglia principale. Mi ha giurato di amarmi e che ci saremmo persino sposati."
Nik ghignò soddisfatto. Lo stesso ghigno che aveva dipinto Cisco pochi minuti prima. "E dimmi, ora. Dove sarebbe il tuo amore eterno? È scappata via. Lontano da te. E tu sei qui. Ti ha abbandonato, Cisco. Sei da solo."
Vide la paura dipinta nel suo volto, e si girò e si inginocchiò ai piedi di Miguel. "Ti prego, perdonami... io ti amo."
Miguel indietreggiò.
"No, Cisco. Tu non mi hai mai amato." Ammise ad alta voce palpitando. "Smettila di fare questa recita, Cisco. Nessuno ti crede più ormai." Aggiunse Nik.
Francisco si alzò di scatto e puntò la pistola contro Nicolas iniziando ad urlargli contro. Miguel era terrorizzato perché non sapeva cosa sarebbe potuto succedere, e si odiava in quel momento perché non trovava la forza di sparargli.
"Smettila di parlare, taci!" urlò sparando ad un paio di centimetri di distanza da Nico, il quale non si mosse minimamente. "È difficile accettare la verità, eh?" domandò. "Quando ti rendi conto di essere stato usato per tutto questo tempo, e ora sei vuoto. Quando capisci che non si è mai fidata di te, brucia da morire dentro. Ti senti come se fossi aperto in due parti. Scomposto." Parlò con tono freddo e uno sguardo spento il riccio. Il castano si rese conto che quelle parole non erano solo per il suo ex, e quando le sentì, provò un senso di sconforto.
A Cisco tremò il labbro, e lacrimò mentre realizzava e processava il tutto. Ricordi di lui e Diana assieme nel corso degli anni tornarono in mente. E nel mentre, anche le parole di Nicolas avevano un certo peso.
Era tutto così realistico e tutto così pesante. Tutto terribilmente doloroso. Era come se qualcosa gli stesse stringendo il cuore, come una mano che gli impediva di dilatarsi quando doveva battere. Una sensazione orribile.
Non poteva sopportare di vivere così, si disse. La sua espressione cambiò di nuovo.
"Miki. Io ti amo. Ti ho sempre amato. Ma se non posso averti io. Non potrà nessuno." Disse poi prendendo una granata rapidamente dalla schiena e facendola cadere ai suoi piedi.
Miguel si gettò rapidamente su Nicolas allontanandosi dall'impatto della granata che era appena esplosa.
Quell'esplosione causò il cedimento di parte del tetto e dei vecchi soppalchi.
"Stai bene?" gli chiese Miguel guardando negli occhi scuri dai riflessi gialli del moro. "Sì, sto bene... tu stai bene?" domandò con un'aria preoccupata. "Ora sì." Rispose poi stringendolo a sé mentre stavano ancora a terra.
I soccorsi erano arrivati, e Nicolas zoppicò verso l'ambulanza che aveva ricoverato suo fratello, salvo dall'esplosione e lasciato lì fuori.
"Hey, piccolo tutto bene?" gli chiese. Il ragazzo rimase in silenzio. Nik gli afferrò la mano, e lui rimase ad osservare il vuoto.
"Come hai potuto farmi una cosa del genere?" domandò con voce arrabbiata. "Antoine, ascolta io..."
"Potevamo cavarcela in altri modi. Potevo abbandonare la scuola e andare a lavorare. Potevamo..."
"Non c'erano altri modi. L'ho fatto per te."
"Per me?" domandò con le lacrime agli occhi. "Entrare a lavorare nella mafia per me? Non te l'ho mai chiesta una cosa del genere. Ti rendi conto di quanto tu sia stato egoista senza dirmi nulla?" gridò mentre una lacrima gli rigava la guancia per paura. "Sei egoista perché se ti succedesse qualcosa io cosa farei poi? Come farei senza di te, ah? Cosa sarebbe la mia vita senza di te?" fece una serie di domande a raffica finché non iniziò a singhiozzare, e Nik lo afferrò stringendolo al suo petto lasciandolo sfogare.
Si era preso un bello spavento perché sapeva che lo amava così tanto che, come si dicevano sempre, avrebbero preferito morire prima dell'altro per non dover patire un'esistenza senza l'altro. Ya'aburnee.
"Mi hai mentito." Disse poi una volta tranquillizzatosi. "Mi dispiace, Anty. Credimi, non hai la minima idea di quanto io sia mortificato e di quanto mi odi per averti messo in mezzo a questa situazione, non credo che potrò mai perdonarmelo." Gli disse accarezzandogli la testa.
"Se tu ti senti così, io cosa dovrei dire?" domandò poi alzandosi e andandosene. "Antoine, aspetta." Lo fece per seguire ma una mano gli afferrò il braccio.
"Lascialo andare. Ha bisogno di tempo per elaborare la cosa." Fece Miguel con una sigaretta in bocca. Nik sospirò, lo guardò in faccia e poi si mise seduto sul lettino. Nessuna parola. Miguel gli offrì la sigaretta che stava fumando, e il ragazzo la prese inspirandone un po'.
"Sapevi tutto sin dal principio?" chiese poi realizzando la conversazione che aveva avuto poco prima con il suo ex.
"E non mi hai detto nulla." Puntualizzò. "Lo avrei fatto se non fosse perché tu te ne sei scappato con Diana."
Nik rise per non piangere. "Non sarei scappato se tu ti fossi fidato di me." Ringhiò sulla difensiva boccheggiando un altro respiro di sigaretta.
"Avevo il sospetto. Pedro..." si fece il segno della croce. "Ha indagato per conto di mio fratello, e assieme a lui anche io e José ci siamo messi a indagare sul suo passato. Con Roberto abbiamo indagato su Diana tenendola d'occhio, e mi ha inviato ufficialmente delle prove che li hanno incastrati." Spiegò.
Il riccio fece un solo "Hm."
"Te l'avrei detto se solo..."
"Se solo, cosa, Miguel?" lo guardò negli occhi. "Se solo non fossi scappato? Non capisci che sono mesi che sto cercando di convincerti a fidarti..." si interruppe. "Sai che c'è? Mi sono rotto il cazzo di darti sempre spiegazioni. Vaffanculo." Disse deluso schiacciando la sigaretta per terra e andandosene via, lasciandolo lì, da solo.
Roberto si risvegliò frastornato con la testa che gli scoppiava. Era in piedi e con i polsi legati dietro la colonna. Stropicciò gli occhi per cercare di capire dove si trovasse.
"Ben svegliato." Salutò Diana, seduta davanti a lui. "Sai che mi hai rovinato tutti i piani?" le chiese alzandosi e avvicinandosi al tavolo che teneva diversi attrezzi e coltelli. Lui la guardò con un sorriso soddisfatto. "Che peccato." Mormorò.
"La conosci la terza legge di Newton?" lo interrogò mostrandogli vari oggetti di tortura. "Ad ogni azione, corrisponde una reazione."
Lo guardò lei, mentre lui rideva. Quella risata la innervosì ancora di più. "Credi che sia divertente? Aspetta che mi diverta io, allora." La guardò con un'espressione sadica prima di prendere una batteria con delle morse per torturarlo.
La ragazza rise ad ogni suo urlo di dolore. "Dio, la tua fedeltà è veramente ammirevole, Roberto. Sei il cane più fedele che io abbia mai conosciuto in vita mia. Sei stato sotto torchio per un pezzo e non mi hai rivelato ancora nulla."
"Vaffanculo, troia." Insultò lui con la voce spezzata e il fiato interrotto. La ragazza riprese la tortura che iniziò a diventare più una sorta di divertimento per lei, finché improvvisamente non intervenne il padre, che le diede un forte ceffone sul volto, facendola barcollare all'indietro.
"Che cazzo hai combinato?" le urlò contro. Lei lo guardò stupita. "Stavo facendo ciò che mi hai sempre detto." Protestò con voce piagnucolante.
"Cosa? Cosa ti avrei detto di fare?" domandò poi afferrandole la faccia con una mano, premendole sulle guance con forza. "Ti avevo detto che dovevi tenere d'occhio il nuovo arrivato e tuo cugino. Non ti ho ordinato di fargli del male. Hai disobbedito ai miei ordini!" urlò poi spingendola e facendola cadere per terra.
Poi l'uomo si ricompose sistemandosi la giacca e tornò in sé. "Prepara le valigie, e va' via da qui. La famiglia principale ti sta cercando, sei sotto accusa. Se non risolvo prima questo tuo fottuto disastro, non ti lasceranno tornare. Cercherò di calmare le acque con mio fratello come meglio potrò." Ordinò. Poi guardò Roberto, tutto sudato e insanguinato. "Ripulisci bene questo casino." lanciandogli un'occhiata sprezzante.
Guardò poi una delle sue guardie del corpo e indicò Alejandro. "Tu con me un attimo." Lo chiamò in disparte e iniziò a pestarlo. Alejandro provò a difendersi, ma Alvaro passò all'utilizzo del primo bastone che aveva sottomano, spezzandogli le ulne delle braccia. Urlò in preda al dolore.
"Dovevi." Un colpo. "Eseguire." Secondo. "I miei." Terzo colpo. "Ordini." Disse poi fermandosi. Cacciò un fazzoletto dalla tasca. Quei sotterranei erano decisamente caldi ed umidi, e lo facevano sudare più del dovuto.
"La prego..." supplicò piangendo. "Tu e mia figlia. Agire alle mie spalle. Cosa ti avevo detto? Non devi fare ciò che non ti ho detto di fare." Si avvicinò poi al ragazzo steso. Cacciò un coltello dalla manica della giacca e glielo ficcò sotto la gola. Poi si alzò. "Finitelo voi, e tagliategli la testa. Preparatemelo perché ora devo andare." Pronunciò alle sue due guardie del corpo, che eseguirono.
Alvaro arrivò alla residenza della famiglia principale, dove la Triade: suo fratello e i due nipoti Miguel e Guillermo lo attendevano in sala riunioni.
"Perdonate il ritardo, ma stavo sbrigando questioni urgenti al porto. Diana non presenzierà qui, sono venuto io al posto suo. E porto anche un omaggio." Fece cenno alla sua guardia del corpo di poggiare ed aprire la borsa.
La testa di Alejandro bianca, e insanguinata con un'espressione decisamente sofferente e morta causò un conato a Guillermo, mentre Miguel ed il padre non si scomposero minimamente.
"È disgustoso!"
"Uno dei vostri ci ha tradito. Così mi sono permesso di risolvere la questione a modo mio."
"Nostri?" accusò Guillermo. "Ha tradito la famiglia principale per aver spiato e dato le informazioni a te e a Diana. Lo sappiamo." Accusò.
Il fratello incrociò le braccia e lo guardò, e Miguel imitò la sua postura.
"C'è stato un piccolo fraintendimento." Sudò freddo. "Alejandro raccoglieva le informazioni per venderle alle altre mafie. Diana stava indagando su di lui, a dire il vero. Se ne stava occupando personalmente."
"Se se ne stava occupando personalmente, ora dov'è? Perché non è qui a presenziare alla riunione, zio?" chiese Miguel con tono freddo. "Ha paura. Paura di chi non vuole sentire le sue motivazioni e la accusa senza aver ascoltato la versione integrale della storia e sa che prenderà dei provvedimenti." Spiegò battendo la mano sul tavolo. "Ed eccovi le prove." Passò delle foto al fratello che esaminò.
Sembravano tutte decisamente reali, esaminò il capo famiglia. "Qualcuno dev'essere il responsabile dietro tutta questa moina, però." Puntualizzò scettico con le prove in mano.
Alvaro tentò il gesto disperato. Si tolse la pistola dalla giacca e la poggiò sul tavolo dirigendola al fratello.
"Se pensi che io abbia tradito la famiglia principale, dunque sparami e risolviamo la cosa. Punisci me."
Deglutì.
Miguel lo squadrò dalla testa al busto. "Dunque padre. Gli sparerai tu, o vuoi che me ne occupi io?" propose sollevando un sopracciglio.
Alvaro guardò il nipote. Mai ricevuto tanto mancanza di rispetto da quello che reputava un moccioso decisamente molto più giovane di lui.
Il padre afferrò la pistola e la puntò verso il fratello che trattenne il fiato.
Ci furono secondi di silenzio, che erano interminabili per Alvaro, prima che potesse tirare un sospiro di sollievo appena il fratello la poggiò sul tavolo e la restituì. Il clima di tensione si era un po' alleviato.
"Nostro padre diceva di non sfruttare le opportunità sui più deboli." Esordì.
"Ti ringrazio, fratello." Disse rimettendola nel fodero dentro la giacca.
"Portami Diana. Devo fare una chiacchierata con lei vis-à-vis."
"Sarà fatto." Disse poi osservando con sgarbo e intolleranza il nipote, il quale negò col capo e con una faccia delusa si alzò e se ne andò via dalla camera, pensando che avrebbe potuto risolvere tutto piazzandogli un proiettile in petto, perché sapeva che si stava arrampicando sugli specchi.
Odiava la seconda famiglia, soprattutto quando si comportava così in maniera irrispettosa nei loro confronti.
Nicolas osservava le foto polaroid di lui e Miguel che si erano scattati durante la loro prima uscita, mentre stava sdraiato sul letto. Era affranto e dispiaciuto. Lasciò le foto sul letto, e si diresse in palestra. Salì sul tatami completamente deserto, e si trascinò uno dei sacchi per iniziare a calciarlo un po'. Con la musica nelle orecchie, cercava di dare sfogo alla sua frustrazione con la violenza, in alternativa alla meditazione.
Una mano gli toccò la spalla e gli rubò la calma, reagendo con un pugno che fu bloccato subito.
"Ottimi riflessi." Commentò il ragazzo con il pizzetto cortissimo e con i capelli castani mossi. Nik sollevò gli occhi al cielo e lo ignorò.
Lo richiamò a sé e gli propose un combattimento. Nicolas si rifiutò, ma Miki insistette troppo.
Iniziarono a combattere, ma il moro era restio a colpirlo, perché aveva paura di perdere il controllo e di farlo davvero male.
"La prima volta mi hai colpito più forte." Ricordò sulla bateau mouche, per provocarlo. Nik si contenne e subì passivamente i colpì del castano finché alla fine non si arrese e lasciò la sala sbattendo con violenza l'asciugamano sudato per terra.
Miguel lo raggiunse fuori al giardino dove lo vide seduto sconfortato su un muretto in pietra. Era tutto sudato, con la maglia elastica aderente ed un pantalone bianco.
Si accese una sigaretta e si avvicinò a lui.
"Cosa vuoi, da me?" gli chiese seccato. "Sono stato piuttosto impegnato, ma ora ho un po' più di tempo libero. Penso che potresti approfittarne per scusarti." Disse.
"Scusarmi?" domandò stupito. "Cristo, tu non sei normale." Parlò esasperato.
"Sei scappato con un'altra, alla prima occasione utile." Gli ricordò. Nik rise deluso.
"Ti comporti così e sarei io a doverti chiedere scusa? Penso proprio che dovresti tu delle scuse a me."
"Io ti dovrei delle scuse? E per cosa?"
"Da dove vuoi che cominci? Dal fatto che tu abbia portato il tuo ex in casa, al fatto che mi hai imprigionato senza chiedermi spiegazioni? O al fatto che tu, non ti fidi, ancora, di me?" domandò toccandogli il petto ad ogni parola. "Io mi fido di te."
"E invece no, Miguel. Non ti fidi di me per niente. Sono mesi che ci sto lavorando e che sto cercando di fartelo capire, ma invece tu no. Non te ne freghi proprio un cazzo. E... e... io vorrei pure capirlo ti giuro. Hai passato l'inferno in questi anni e me ne rendo conto. Ma non ci riesco più ormai." Pronunciò addolorato. "Non riesco più a giustificare il tuo cinismo, i tuoi cambi di umore, e la tua sfiducia nei miei confronti perché ti ho dato tanto in questi mesi. Ti ho dimostrato in tutti i modi possibili che io mi fido di te."
"Nik ascolta io..."
"No!" lo bloccò dando sfogo al suo dolore. "Tu hai fatto tutto questo, tu hai rovinato tutto quello che io ho cercato di fare per noi due. E per cosa? Perché tu non ti fidi abbastanza di me dal rivelarmi che tu avevi capito tutto sin dal principio?" sfogò contorcendo la faccia in un'espressione afflitta. Gli occhi gli bruciavano da morire, e cercava di trattenere le lacrime.
Miguel lo notò e si avvicinò a lui. "Lo capisco, sei arrabbiato."
"No, io non sono arrabbiato, io sono ferito. E sei stato tu a farlo. La persona che dovrebbe amarmi più di chiunque altro." Singhiozzò.
Quelle parole furono come una pallottola nel cuore. Miguel non si era mai sentito così profondamente distrutto da delle parole come lo era in quel momento.
"Nik io..." le parole di Cisco si ripercussero nella sua mente. Danneggiava ogni cosa così bella che toccava. Aveva danneggiato Nicolas, e non se lo poteva perdonare.
"La verità è che tu non ti sei mai fidato di me." Aggiunse poco dopo.
"Ho paura di perderti, Nik." Gli confessò. "Ogni cosa che tocco, diventa così fragile, e così... non riesco a tenermi nulla che ogni volta che mi ci affeziono succede qualcosa di brutto, su questo Cisco aveva ragione. Ma no, Nicolas, non ti ho mai usato. Non erano mai state queste le mie intenzioni nei tuoi confronti. E so che quelle parole non erano rivolte solo a lui ma anche a me. Okay? Mi dispiace Nik. Non mi perdonerò mai abbastanza per quello che ti è successo." Confessò. Nicolas tirò su col naso e lo guardò in quegli occhi verdi.
"Puoi perdonarmi tu?" domandò. Nik non sapeva cosa rispondere e sospirò. "Non lo so, sinceramente... Miguel... io... non so più cosa fare mi sento così..."
Miguel lo baciò d'istinto. E all'improvviso la mente di Nicolas si schiarì. Sapeva cosa voleva.
Voleva lui. Voleva quella persona che in quel momento lo stava baciando con passione, che stava passando la lingua nella sua bocca perché entrambe si ricongiungessero a ballare insieme una danza pericolosa come le loro personalità.
Un bacio così profondo e lungo da togliere il respiro ad entrambi, e quando si sentirono col fiato corto, si strinsero ancora di più l'un l'altro, non combattendo più quella forza di repulsione e attrazione che c'era tra di loro, ma lasciandosi andare in balia degli eventi.
Quello era un bacio, che valeva più di mille parole, e più di mille scuse.
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Tilt
ChickLitMiguel Àngel è il figlio di una famiglia mafiosa. Nicolas è un giovane ragazzo che lavora in un diner. Una sera Miguel viene inseguito dai suoi rivali che lo vogliono uccidere, Nicolas assiste alla scena e sebbene all'inizio sembra restio nell'aiuta...