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PARTE Prima
8

Quella volta era Nicolas ad essere scortato dal capo nella sua ultima missione, della quale non sapeva neanche dove stava andando, ma gli era stato solo chiesto di vestirsi casual.
Usciti dall'auto Nico riconobbe subito il locale.
"Tah daaaah!" esordì Guillermo. "Complimenti per la tua promozione! Hai superato il test finale!" esclamò.
"Test finale?" chiese scettico.
"I test sono a sorpresa, e alle volte neanche noi sappiamo quando ci stanno." Puntualizzò José pulendosi gli occhiali.
"Comunque, non preoccuparti ma a stasera ho pensato tutto io." Aggiunse il capo. "Addirittura?" chiese sorridendo.
"Diciamo che è un modo di... restituirti il favore di avermi ridato un po' di vita." Sussurrò nell'orecchio con un tono talmente serio e lucido.
Un'auto dietro accostò. Le quattro guardie e Guillermo si girarono a guardare chi ne stava uscendo.
Due facce conosciute uscirono scordando anche Miguel che indossava una semplice camicia sbottonata fino all'altezza dello stomaco ed un pantalone senza la giacca abbinata.
"Fratellino?" domandò. "Che ci fai qui?"
"Ho pensato che bisognava festeggiare un paio di cose. Pedro ha tolto il gesso e può iniziare la fisioterapia correttiva. E poi, non ho mai avuto l'occasione di trovarmi in giro con mio fratello." Ammise. "Mi è stato detto che questo locale è il più esclusivo della città e ci si diverte un sacco." Aggiunse guardando Nicolas.
"Più siamo meglio è." Decretò Guillermo. "Capo." Intervenne Nicolas senza distogliere lo sguardo da Miguel.
"Dal momento che suo fratello è qui, che ne pensa se me ne occupassi io?" propose assalito dall'irrefrenabile voglia di fare colpo su Miguel, facendogli capire che non era una guardia del corpo qualsiasi. "A patto che ti diverta." Concesse.
Nico fece da consigliere di drink e cicchetti per tutta la sera, facendo bere e ballare tutti quanti. Durante tutta la sera Miguel non faceva altro che sorridere e parlare con i suoi due amici, gli stessi del poligono di tiro.
Non si era fermato neanche un attimo da quando avevano messo piede nel locale, e la ferita iniziò a bruciargli per lo sforzo di scatenarsi e per il sudore. Riuscì a far ballare persino Miguel, ed era così strano vedere quell'odioso uomo severo e rompiscatole così rilassato che si lasciava andare.
Stanco e con il fiatone decise di accostarsi e di voler uscire un momento fuori per prendere aria.
Fu travolto dalla gelida aria che gelò subito il suo sudore.
"Bella serata." Pronunciò Miguel alle sue spalle, anche lui con la fronte imperlata di sudore e i capelli bagnati, con il fiatone.
Il castano lo vide incrociare il suo sguardo per poi ridere e e negare col capo.
"Che c'è? Perché ridi?" domandò lui. Nico si strinse nelle spalle. "Sembri meno stronzo."
Miguel sorrise, un sorriso genuino che veniva dal cuore. Ed era così bello il suo volto quando sorrideva, pensò Nico al quale girava un po' la testa per tutto quello che aveva bevuto e per la musica sparata a tutto volume. Era molto brillo ed era molto più semplice essere sincero per lui, la testa iniziava a girargli molto più velocemente.
"Tra tutte le mie guardie del corpo, tu sei quella più irriverente." Gli fece notare. "Vorrai dire schietto." Lo corresse.
Il ragazzo con il pizzetto corto e le guance ancora glabre senza neanche il segno della ricrescita si strinse nelle spalle. "Di sicuro sei l'unico che non ha mostrato timore."
"Timore? E perché dovrei averne?"
"Non so, di solito gli altri hanno paura di sbagliare e quindi sono tutti intimoriti e lusinghieri, quasi falsi a volte."
"Non corri questo rischio con me." Sbiascicò guardandolo negli occhi verdi contornati da una sfumatura di azzurro scuro. Miguel gli osservò le labbra, rosee e sottili.
"E poi... a volte ho la sensazione che il tuo essere stronzo è... una maschera." Aggiunse iniziando a dire chiaramente tutto quello che aveva in mente.


Una brezza spirò verso di loro e Nicolas aprì il petto e inalò a pieni polmoni. Afferrò la mano di Miguel e iniziò a tirarlo. "Dai, vieni." Lo incoraggiò. "È l'odore del mare... io lo amo." Confessò.
"A Parigi non c'è il mare..." disse lasciandosi andare. "Per questo lo adoro." Sorrise trascinandolo con sé e iniziando a correre per i vicoli dal retro del locale, fino a giungere davanti una banchina deserta con qualche barca ancorata in lontananza.
L'odore di pesce e di mare era molto forte e i due inspirarono a pieni polmoni.
"Questo posto è fantastico." Disse Nico, ora decisamente ubriaco, che si sdraiò a guardare il cielo notturno. Certo non era la visuale migliore visto che erano in città, ma si potevano notare comunque alcune costellazioni.
"Dai, vieni qui con me." Fece cenno. "Ma è sporco." Protestò Miguel, che era decisamente brillo anche lui, ma aveva ancora il pieno controllo di sé. E di ciò che diceva.
"Gne gneeee il piccolo principe non vuole sporcarsi i vestiti." Lo sfottette. Miguel Àngel si sdraiò sentendo le pietrine attaccarsi alla sua camicia sudata. Mise un braccio sotto la testa e guardò il cielo anche lui, sentendosi un po' stupido.
Nico rideva rumorosamente, una risata contagiosa che fece sorridere anche Miguel, il quale si era reso conto che non si lasciava andare così da tanto.
Si mise seduto, e il suo sguardo tornò serio. Nico si mise seduto anche lui e lo guardò con gli occhi socchiusi ed un sorriso beota.
"A che pensi?" domandò. Miguel ritornò in sé e scacciò quei pensieri, guardandolo. "Ti hanno mai detto, che hai un sorriso da idiota quando bevi?" chiese sorridendogli.
Nico iniziò a ridere e si accasciò con la fronte sul suo braccio, iniziando a barcollare e a perdere l'equilibrio da seduto.
"Sei un imbecille." Pronunciò. "Ma devo dire che hai un sorriso radioso quando bevi tu. Potresti essermi addirittura simpatico." Commentò al castano che sorrise e arrossì.
"Quando sei stato così felice?" gli chiese Nicolas. Lui annuì e non sapeva come rispondere a quella domanda. "E tu? Sei sempre così sorridente... come... cosa ti rende così felice?" indagò.
"Questo preciso momento." Ammise imbarazzato, scuotendo i piedi ed un po' il busto come un bambino.
Miguel sorrise. "La verità è che non sempre sono felice." Sfogò, spegnendo quello che era il suo sorriso.
"Sono orfano di padre e madre. I miei sono morti in un incidente quando ero molto piccolo. Di loro ho un ricordo che temo sbiadisca. Li avevo fatti arrabbiare poco prima che uscissero di casa, avevo litigato con un mio compagno di classe e la maestra li ha chiamati. Ho sentito la voce di mamma preoccupata e arrabbiata al cellulare. Se solo non avessi spinto quel compagno."
"Smettila di colpevolizzarti." Lo ammonì Miguel. "La verità, Miki, è che non posso non pensare al fatto che se non mi fossi comportato male a scuola loro non si sarebbero mossi di casa, e sarebbero rimasti lì con Antoine. E ora li avrei con me. Antoine sarebbe cresciuto con loro senza essere costretto a fare la vita che fa ora. Senza troppi sacrifici." Confessò. "Sono dovuto crescere da solo, prendendomi cura di quel povero piccolo che a stento si ricorda la faccia dei genitori. Mio zio si è preso l'affidamento solo a livello burocratico, non c'era mai a casa. Ha fatto ciò che poteva certo, ma non era mai abbastanza. A quattordici anni ho iniziato a lavorare a nero dove potevo. Una vita di approfittatori, molestatori, e sfruttatori. Ho abbandonato la scuola, e ho fatto pessime scelte come affidarmi a degli strozzini che mi avrebbero garantito il denaro che mi serviva per vivere con tranquillità. Non potevo contare su nessuno se non su me stesso... neanche su mio zio..." confessò ripensando a quanto fosse ancora incazzato con lui per la questione del debito.
"Ogni volta che bussavano alla porta dovevo pregare che non fossero loro perché avevo paura che potessero buttare via me e mio fratello di casa, costringendoci a vivere sotto ad un ponte. E tu, penserai com'è possibile una situazione del genere ai giorni d'oggi in una città così grande. Ebbene sì. È possibile."
"Non mi stupisce affatto, a dire la verità." Si permise di commentare.
"E ora... mi odio."
Appena pronunciò quelle parole, Miguel ebbe un tuffo al cuore. "Sono diventato tutto quello che ho odiato. Uccido persone. Derubo. Faccio strozzinaggio." Sospirò pesantemente.
"Ho ucciso un uomo che aveva dei figli. Ho reso orfani di padre dei bambini pur sapendo cosa si prova e quanto sia duro. Sono un fottuto ipocrita."
Calò il silenzio. Miguel si sentì così male per lui. "Sei in questo mondo da così poco, eppure sembra che ne parli come se ci stessi da una vita. E allora pensa a me, che ci sono nato. È come un marchio che è inciso sopra e sotto la mia pelle." Negò col capo con disprezzo, pensando che forse quello non era il migliore dei modi per consolare qualcuno.
"E come hai fatto a... non essere schiacciato dal senso di colpa?" chiese. "Mi guardo attorno e penso... Ho avuto scelta?"
"Tutti hanno una scelta." Voleva rispondere Nico, ma in effetti ci ripensò perché lui forse, ci era nato in quella situazione e non se l'è cercata.
"Devo ringraziarti." Sbiascicò ondeggiando e continuando a perdere l'equilibrio cadendo continuamente sul suo braccio e appendendosi alla spalla di lui.
Miguel lo guardò, trovandosi quel volto a pochi centimetri di distanza. "Mi hai salvato, ho sentito la tua spinta. Se non fosse stato per te, ora Antoine sarebbe completamente solo. E Dio... non sai quanto ti sia debitore per questo. Lui... è tutto quello che ho." Parlò sorridendo di nuovo.
Ma era un sorriso di dolore, lo riconobbe. Lo riconosceva quando si guardava allo specchio e provava a sorridere, o quando guardava le vecchie foto.
Lo vedeva e lo sentiva come il ragazzo era schiacciato dal peso del mondo e dei doveri.
"Grazie, Miki." Pronunciò quel nomignolo con tono affettuoso e gli occhi quasi chiusi, ondeggiando a pochi centimetri dalla faccia di Miguel, il quale deglutì ed ebbe qualche palpito.
Il ragazzo dai capelli castani spinse la sua testa contro quella di Nico e poggiò le proprie labbra sulle sue per una manciata di secondi. Strofinò la fronte sulla sua e mentre stava per indietreggiare, Nico lo seguì afferrando le labbra con più veemenza, concedendosi al bacio.
Le labbra dei due si mossero l'una sull'altra, cercandosi e stringendosi. Un bacio pulito e morbido, che fece girare ancora di più la testa ad entrambi, provocando delle strane sensazioni che partivano dallo stomaco ad un formicolio dietro la schiena fin su sulle spalle.
La brezza marina soffiò su di loro, ma erano troppo presi da quel contatto così intimo per rendersi conto delle onde del mare che infrangevano sulla banchina schizzando delle piccole e sottili gocce su di loro.



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