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PARTE Prima
6

"Se continui così dovrò necessariamente prendere provvedimenti." Riecheggiava la voce di Miguel nella sua testa, mentre il cucchiaio affogava nel latte assieme ai cerali. Era da tutta la notte che pensava a quelle parole. Miguel era un tipo tutto d'un pezzo, si vedeva. Un carattere freddo e cinico, menefreghista con tratti di psicopatia ed un ego grande quanto la tenuto in cui stava. Eppure, non lo aveva punito ancora nonostante l'avesse combinata grossa.
La sua mente mostrò come un flashback all'improvviso facendogli vedere il volto di Miguel a pochi centimetri di distanza mentre gli stava facendo il nodo alla cravatta, sentendo il respiro sul suo collo.
"Oh!" lo chiamò Roberto schioccandogli le dita sotto al naso. "Tutto a posto, pivello?" domandò facendogli rendere conto che si trovava a colazione.
"Sì, sì, ero solo assorto nei miei pensieri." Stampò un grande sorriso mentre mangiava il latte ed i cereali e iniziò a sfottere la famiglia Serrano facendo ridere un po' tutti.
All'improvviso si avvicinò Adrien che era già in giacca e cravatta nera. "Voi due, andate prepararvi, stanno arrivando i minori." Dichiarò scomparendo così com'era comparso.
Roberto si alzò finendo di mangiare. "Dobbiamo muoverci." Disse a Nicolas.
"I minori?" chiese imitandolo. "L'altro clan, quello del fratello del signor Serrano, Alvaro Serrano."
"Oh, l'altro ramo della famiglia." Disse scontento seguendolo in camera.
"È strano che sia qui con così poco preavviso, di solito tendono a programmare le loro riunioni, dovrà essere successo qualcosa, che avrà riunito tutta la famiglia."
"Dici che verrà anche Armando?" domandò Nico, curioso mentre si infilava il pantalone elegante. "No, lui tende a farsi gli affari suoi. Ha apertamente dichiarato che una volta compiuta la maggiore età non ne voleva sapere nulla della famiglia e ha lasciato tutta la gestione delle questioni serie in mano ai due maggiori." Parlò virgolettando in aria le parole.
"Quindi in pratica usa il potere della famiglia a cazzi suoi." Riassunse ridendo. "Praticamente sì."
I due si prepararono subito e andarono fuori al viale d'ingresso, mettendosi in fila per ricevere gli ospiti. A capo della fila c'era Adrian. Oltre a loro due c'erano un'altra guardia di Guillermo e Alejandro.
I macchinoni si fermarono di fronte ai cinque, scesero prima le guardie del corpo, vestite in una maniera decisamente più casual della loro, ma sempre eleganti, del tipo indossavano camice colorati o con dei motivi che sfoggiavano comunque ricchezza e non avevano gilet o giacche monocromatiche addosso come loro.
Il primo a scendere, fu Alvaro, in abito color sabbia, tratti tipici spagnolo, pelle scura, pizzetto alla Tony Stark bello marcato, cresciuto e nero.
I quattro salutarono con un inchino della testa. A seguire uscì una ragazza, dai capelli lunghi e biondi ossigenati, un filo di trucco e molto giovane, sembrava avesse all'incirca la stessa età di Miguel, pensò. Masticava una gomma e quando passò vicino a loro sorrise con uno sguardo tipico da ragazza psicopatica.
"Lei è Diana, la primogenita di Alvaro, è quella che ha le redini assieme al padre. È cresciuta assieme a Miguel." Presentò sottovoce Roberto.
"Ma non mi dire..." commentò notando la somiglianza nel modo di atteggiarsi di camminare e persino nello squadrare la gente.


La riunione era tirata per le lunghe, e Nico chiese per una pausa ad uno dei suoi subordinati che venne a sostituirlo nella sala nell'arco di cinque minuti. Uscì fuori nel vasto giardino e si prese una boccata d'aria fresca, per poi accendersi una sigaretta.
Inspirò l'aria calda e tossica e si sentì meglio quando avvertì quel formicolio nei polmoni. Tutti quei paroloni e quella terminologia complessa gli avevano fatto salire il mal di testa. Già il fatto che parlassero in spagnolo non era d'aiuto, si mettevano anche a parlare di economia, finanza e leggi, era tutto più incomprensibile.
L'unica cosa che riusciva a tenergli l'attenzione di tanto in tanto erano le parole del silenzioso Miguel che ogni tanto sparava frasi che non avevano senso, ma che suonavano così bene usando dei termini talmente aulici che facevano presagire che non esistesse persona più preparata di lui su quell'argomento.
Sentì dei sassi che si schiantavano a distanza e una volta giunto al rumore vide un ragazzino, forse più piccolo di suo fratello che si divertiva a lanciare sassolini contro la preziosa fontana nel giardino dei Serrano.
"Oh!" gli urlò Nicolas contro mentre faceva un tiro. "Ragazzino, tu non dovresti stare qui."
"Fatti gli affari tuoi." Replicò con un arroganza che fece sbarrare gli occhi al moro. "Non è luogo dove giocare qui. Su torna dalla mamma." Disse riferendosi alla cuoca della loro mensa, pensando che fosse figlio suo, anche perché oltre a lei e alle inservienti non aveva notato altro personale femminile.
"Oh ma sei sordo? Vai via!" esclamò. Lui gli mostrò il dito medio e Nicolas la prese sul personale. Di certo una cosa che odiava era la maleducazione, e quando poi si aggiungevano l'arroganza ed il fatto di essere dei bambini più piccoli, capricciosi ed irrispettosi, partiva la ricetta perfetta per fargli venire un embolo.
Nicolas si azzerò le distanze con due falcate e gli afferrò la mano con il sasso. "Ti ho detto, di stare. Fermo." Lui gliela scacciò con violenza facendolo innervosire ancora di più e continuando a lanciare il sasso. "Oh ma sei stupido allora." Disse afferrandogli il braccio e stringendoglielo finché non mollò la presa sulle pietre. Il ragazzino si arrabbiò e lo spintonò, ma Nico non si mosse proprio. Istintivamente, come faceva con Antoine quando faceva i capricci da piccolo, gli mollò un forte ceffone dietro la testa.
Lui si toccò subito e iniziò a frignare. "Lo vado a dire a mio padre!" urlò poi sparendo.
Nico lo seguì fino alla sala dove stavano tenendo la riunione e fu lì che Nicolas si rese conto di averla fatta grossa.
"Papà quest'uomo mi ha picchiato." Urlò interrompendo la discussione, indicando Nico che era appena entrato.
"Non è colpa mia se suo figlio è indisciplinato e non mi dava ascolto quando gli ho detto di non lanciare i sassi contro la fontana!" accusò. "Lui mi ha dato uno schiaffo dietro la testa!" protestò. "Stavo solo dando da mangiare ai pesci."
"Ma non è vero!"
"Chi ti ha dato il permesso di parlare?" tuonò Alvaro alzandosi in piedi.
"Calma Alvaro." Parlò piano il signor Serrano a capotavola, che non si era minimamente scomposto alla questione. Aveva gli occhiali in faccia, se li tolse e guardò Nico in piedi dall'altro lato del tavolo. "Nicolas è qui da poco, non sa come funziona."
"Non sa come funziona? Fratello, mi deludi, da quando fate entrare insubordinati all'interno del vostro clan come guardie del corpo?" domandò poi regolando i toni e tornando seduto. Poi guardò Miguel. "O forse devo supporre che è da quando..." poi si bloccò, guardando il nipote negli occhi.
"Immagino che sia tu il responsabile dato che è tutto in mano a te ora. Beh, lascia che ti dia un consiglio, Miguel Àngel." Scandì il nome con un certo disprezzo, e fu in quel momento che Nicolas si rese conto che le famiglie, o per meglio dire i clan si odiavano.
"L'addestramento di una guardia del corpo non è solo fisico e intellettuale. Devono imparare a seguire anche delle buone maniere, e soprattutto, devono sapere quando possono parlare." Insultò con disprezzo.
Miguel non si scompose minimamente dalla sua postura composta con le mani in mano con il suo computer davanti, anzi, guardava lo zio negli occhi con quello che sembrava un piccolo ed impercettibile sorriso.
"Ti ricordo, Alvaro, che io scelgo i miei subordinati, ed è mia la preoccupazione della loro formazione." Parlò il signor Serrano con tono seccato.
"Non l'ho fatto a posta, pensavo fosse figlio della cuoca." Si scusò lui.
"Papà, mi ha appena detto che sono figlio di una della servitù." Lamentò. Alvaro guardò il fratello che voltò lo sguardo solo con gli occhi al figlio alla sua sinistra.
Miguel si leccò le labbra, e prese un sospiro. "Sono rammaricato per il comportamento del mio subordinato, zio. È una mia responsabilità." Parlò alzandosi in piedi e avvicinandosi a Nicolas.
"E in quanto tale, sta a me insegnargli le buone maniere." Aggiunse schiaffeggiandolo davanti a tutti i presenti.
Nico non ebbe il tempo di capire nulla. Non riuscì neanche a provare imbarazzo per quello schiaffo, che Miguel gli mise una mano attorno alla gola, al di poco sotto le mandibole e si sentì mancare il respiro.
"Mig... uel..." borbottò diventando tutto rosso in volto e gli occhi si chiusero perdendo i sensi.
Miguel lasciò la presa e Nicolas cadde per terra, svenuto. Come se nulla fosse successo, il castano si rimise seduto al proprio posto.
"Ora, se vogliamo proseguire e non perdere tempo." Prese in mano la situazione calmando le acque.

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