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PARTE Terza:

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Nicolas stava lì, in camera davanti la scrivania con le cuffie collegate al PC ad origliare la conversazione tra Miguel e Francisco. Con l'aiuto di un sospettoso José che gli aveva ceduto un paio delle migliori cimici che avevano a disposizione, aveva approfittato dell'assenza momentanea di Cisco nella sua camera per piazzarle in modo tale da poter origliare qualunque cosa a sua insaputa. Non si fidava per niente di quella faccia di cazzo che era appena arrivato e provava ad intromettersi nel rapporto che c'era tra lui ed il suo capo, instaurando dubbi ed incertezze nella mente di Miguel.
Da quando lo aveva conosciuto, non l'aveva mai visto così incerto e titubante su quello che stava facendo. Non era più la persona fredda e decisa, e questo strano cambiamento era un campanello d'allarme per il riccio perché non si spiegava come mai gli aveva ceduto tutto quell'agio quando potevano tenerlo tranquillamente imprigionato come qualunque altro prigioniero che catturavano nel sotterraneo.
Così, a insaputa di tutti, compreso Miguel, installò queste spie.
Si stava quasi per addormentare se non fosse perché aveva riconosciuto i passi e la voce del suo amante.
"Allora? Dove sono queste fantastiche prove che mi avevi promesso in cambio della mia protezione? Vedo che ti sei decisamente ripreso dal tentativo di omicidio." Parlò seccato il castano.
"Sei sempre stato uno impaziente, amore mio." Dichiarò sorridendo. "Ti ho fatto una domanda." Controbbatté in tono freddo. "È un luogo segreto, ma è anche davanti al naso di tutti."
Miguel sospirò cercando di non perdere la calma. "Non ho tempo per i tuoi giochi di parole, Cisco."
"Oh e così mi chiami Cisco e non più Francisco." Punzecchiò lui con tono suadente.
Nicolas strinse un pugno. Era a poco dal fare una corsa per intervenire e zittirlo con un colpo secco sulla faccia. In effetti pensò perché non lo avevano messo sotto tortura per ottenere le informazioni che gli servivano. E poi si immaginò la faccia con un falso sorriso di lui.
"Domani mi dirai la location. Io e Nicolas andremo a recuperarle." Decise. "No." Lo interruppe secco.
"Domani io ti dirò la location, ma saremo io e te ad andarci. Da soli. Senza nessuno. Non mi fido delle tue guardie del corpo, sai benissimo che ci sono spie e talpe ovunque qui dentro." insinuò il dubbio in lui.
"Ti prego dimmi che non dirà di sì." Disse Nicolas stringendo il pugno. "Sai benissimo a chi mi riferisco. Ci sono persone molto vicino a te di cui dubiti fortemente. Andiamo, sei sempre stato un ragazzo molto perspicace, amore mio. Hai già i tuoi sospetti che la sotto-famiglia c'entri qualcosa in questa storia."
"Non avrebbe senso." Commentò lui con tono di voce titubante. "No. Non credergli Miki. Non farlo." Disse mordendosi subito il pollice preoccupato. Se prima aveva qualche incertezza, ora era proprio sicuro di odiare l'ex di Miguel. Non aveva mai sentito il suo capo pronunciare una frase così tremolante come in quel momento.
"Ascoltami, non ho alcuna intenzione di morire a causa del tuo cuore tenero solo perché si fida di una stupida guardia del corpo del cazzo." Criticò con tono fermo e acido.
Nicolas sbatté il pugno sulla scrivania e poi se lo morse. "O verrai con me. O ti puoi scordare delle prove. A te la scelta, Amorcito." Gli lanciò un ultimatum lasciando quello che era l'ambiente della cimice uno. Miguel era rimasto fermo lì per un minuto intero a rimuginare prima di uscire dalla camera, sentendo sbattere la porta.
Nicolas era affranto e distrutto e aveva una voglia di spaccare la faccia a quello stronzo che stava piegando la mente e la personalità di Miguel.
"Ehilà, tutto bene?" chiese Roberto entrando in camera. Nik si ricompose subito, togliendosi le cuffie e chiudendo il computer.
"Oh, oh... mica ti ho interrotto il seghino tattico?" ironizzò con un tono di voce abbastanza distaccato.
"No, nulla del genere. Affari privati." Si schiarì la voce. "Tu tutto bene?" chiese poi notando come fosse distratto e come in realtà non fosse lì nella stanza con lui ma con la testa altrove, precisamente a quella mattinata dove Diana aveva invaso il suo spazio personale in più di un'occasione, e anche quando non era necessario.
"Devo... andare a schiarirmi le idee. Se ti servo mi trovi in piscina." Dichiarò alzandosi in piedi. "Non ti preoccupare, starò qui a farmelo in mano, se proprio ti interessa." Ironizzò.


Il rumore del motore dell'acqua della piscina lo aiutò a focalizzare i suoi pensieri e fare chiarezza su tutto. Stava trattenendo il suo respiro, con le gambe incrociate e gli occhi completamente chiusi sul fondo della piscina. Quella tecnica di meditazione che gli aveva insegnato Roberto dopo l'episodio dello specchio, lo stava aiutando più di quanto pensasse.
In effetti era quasi rilassante e aiutava a schiarire i nervi. Era costretto a non innervosirsi o altrimenti avrebbe accelerato il battito e avrebbe consumato l'ossigeno più in fretta.
Voleva fare chiarezza con la storia di Cisco, perché parecchie cose non tornavano. La prima di tutte era: perché solo ora si era fatto vedere? Certo avevano pur sempre ucciso don Scotto da poco, però non aveva senso mostrarsi solo ora. E soprattutto perché? Aveva la sensazione che stesse nascondendo loro qualcosa.
Uscì fuori dall'acqua quando veramente i polmoni gli implorarono di respirare, e una volta fuori dall'acqua si aggrappò al bordo.
Udì dei passi riconoscibili avvicinarsi.
"Cosa ci fai qui?" chiese poi Nik riprendendo fiato e strizzandosi gli occhi. "Mi crederesti se ti dicessi che sono venuta qui per affari?" domandò lei cucciandosi.
Lui fece forza sulle braccia e si sedette a bordo piscina, mente lei osservava i muscoli del suo corpo contrarsi dalle braccia grandi agli addominali.
"A quest'ora della notte?" notò lui indicando il buio da fuori le finestre dell'enorme sala piscina olimpionica. "Come pensavo." Disse lei togliendosi le scarpe, e sedendosi vicino a lui, attenta a non bagnarsi nella pozzanghera lasciata da lui. Immerse i piedi nudi nell'acqua tiepida.
"Sono venuta per te. Volevo sapere come stavi, non abbiamo più avuto modo di conversare dopo l'ultima volta." Iniziò lei facendo scorrazzare i piedi in acqua. "Cosa si dice della perfida Diana ultimamente?"
Nik la guardò. "Perfida?" Chiese. "Oh avanti, Nicolas, lo vedo come vengo guardata ogni volta che entro in questa casa." Fece notare lei.
"Miguelito ha mandato Roberto a pedinarmi, e la cosa mi fa pensare che non è neanche la prima volta, che lo fa." Gli raccontò.
"Addirittura? Per come stia incasinato, ho dei dubbi che abbia tempo di pensare a te. Senza offesa."
Lei sorrise e mise le braccia all'indietro. "Tu dici?"
"Penso proprio di sì. È stata una coincidenza."
Lei lo guardò amareggiata. "È da quando sono nata che mi porto questo marchio ormai. Noi siamo la sottofamiglia. Dobbiamo occuparci degli affari sporchi." Ammise con una nota di rammarico. "Siamo il vostro capro espiatorio. Ad ogni minima cosa dubitate sempre prima di noi." Raccontò a cuore aperto.
A Nik quasi fece tenerezza quella ragazza castana, che aveva gli stessi occhi di Miguel, che celavano qualcosa. Di sicuro neanche lei avrà avuto una vita semplice, pensava.
"Nicolas." Lo chiamò poi lei. "Semmai Miguelito dovesse ordinarti di uccidermi." Esordì. "Dammi la grazia. Un colpo dritto alla testa. Rapido ed indolore."
Nicolas non rispose neanche a quello strano pensiero intrusivo che aveva vinto sul controllo della sua lingua, perciò la lasciò parlare.
Nel mentre, Miguel li osservò da lontano, e quella vicinanza lo turbò innervosendolo non poco.
Sbottò e si diresse verso la stanza di Cisco, quasi facendo irruzione.
"Partiamo domattina alle 8. Solo noi due, come richiesto da te. Fatti trovare pronto per quell'ora." Ordinò lasciando poi la stanza.
Cisco, che stava leggendo sul letto con la luce del comodino accesa, ghignò.
"As tu bien entendu? Nicolas?" chiese poi in tono di voce soddisfatto, come se avesse appena vinto una battaglia.


"Sorpreso che le abbia lasciate qui?" chiese Cisco, entrando nella casa di campagna dove era stato sparato da Miguel, il quale non faceva altro che avere flashback da quando aveva imboccato il viale.
"Vedo che hai pulito la mia macchia di sangue." Notò appena entrato. "Facciamo in fretta." Borbottò guardandosi attorno con le mani in tasca palesemente sconfortato e a disagio.
Si sedette sul letto e sospirò pesantemente, mentre l'ex andava in giro per la camera a cercare quella pennetta USB. Apriva cassetti del comodino, guardava attorno, ma non trovava nulla.
"E quindi?" domandò innervosendosi, incrociando le braccia e le gambe. "Devono essere qui... ne sono sicuro." Esitò.
Miguel iniziò a dubitare sempre di più finché il ragazzo non si mise in ginocchio davanti a lui, e senza alcun pudore avvicinò la sua testa ai pantaloni di lui mentre con la mano cercava sotto il letto.
"Eccola qui." Disse poi dopo averlo messo palesemente a disagio strappandola dalle doghe. "È rimasta qui per anni, proprio sotto agli occhi di tutti." Disse dandogliela.
Miguel la afferrò e si mise in piedi, cercando di non pensare a quella posizione ambigua.
"Come puoi ben vedere, non ti ho mentito. Ora mi credi?" chiese con tono suadente, inclinando un po' il volto avvicinandolo a quello del castano, che si limitò a negare con il capo. Aprì la porta e sobbalzò quando vide lì Nicolas.
"Oh. Immagino che tu non abbia chiesto alla tua guardia del corpo di seguirci, o sbaglio?" domandò il ragazzo dai capelli scuri con un ghigno, poiché sapeva che Nicolas li avrebbe seguiti perché lo stava spiando con le cimici in camera sua, e aveva udito i suoi passi già dal piano di sotto.
Il moro stava per replicare quando il castano se ne andò via.


"Te l'avevo detto che non ci si poteva fidare di nessuno." Giudicò Cisco una volta tornati a casa, nella sala riunioni, mostrando le microtelecamere che aveva trovato in camera sua. "Non ci posso credere. È una trappola!" esclamò Guillermo saltando dalla sedia.
"Il suo computer è collegato a queste telecamere, Guill. Mi ha spiato sin dal principio."
"Lo avrei fatto anche io!" esclamò giustificandolo. Cisco si strinse nelle spalle. "Non mi avrebbe stupito se l'avessi chiesto tu. Ma lui. È una guardia del corpo, da quando sono venuto non ha fatto altro che starmi attorno."
"Ho fatto il mio dovere, per l'incolumità di Miguel!" ringhiò a denti stretti sulla poltrona. Cisco lo guardò con sguardo da finto ingenuo mentre ronzava attorno alla poltrona di Miguel che stava con le mani incrociate ed un'espressione decisamente fredda e seria.
"Non credo che ti abbiano ordinato di spiarmi." Punzecchiò. "Quindi per quale motivo l'avresti fatto? Se non per cercare di scoprire qualcosa e andare a venderlo agli italiani. E poi, inizio a sospettare che sia stato tu ad avvelenarmi, mi stai col fiato sul collo da quando sono arrivato. Ed ha anche senso, se ci pensi Miki." Cercò di convincerlo. "Non è così?"
"Ah no? E come sarebbe? Perché hai messo delle cimici in camera mia, sentiamo?" domandò. "Perché non mi fido di uno come te." Sibilò inclinandosi in avanti. La vena del collo si gonfiò dalla rabbia.
Miguel deglutì, mentre pensava ad una soluzione. "Io le prove le ho portate, ho tenuto fede alla mia parola. Tu, dovevi seguire gli ordini e stare qui. Invece ci hai seguiti anticipandoci sul posto. Sei arrivato prima, ma non avevi idea di dove cercare." Concluse facendo piombare il silenzio nella stanza.
Miguel e Nicolas si scambiarono lunghe occhiate.
"Rinchiudetelo giù." Ordinò. Nik si alzò di scatto e Alejandro e Pedro lo afferrarono per le spalle. "Non puoi credere a questo stronzo, Miguel!" urlò.
"Convocate anche mio padre. Dobbiamo decidere." Parlò guardando l'espressione di dispiacere negli occhi scuri di lui, ignorando le sue parole. "Miguel, ascoltami."
"Non mi fido di nessuno." Gli disse senza scomporsi minimamente. Neanche un inclinazione di voce, un occhiolino, una qualsiasi cosa che gli facesse capire che era uno scherzo o un inganno o parte di un piano più grande.
"Miki." Scongiurò, chiamandolo come quando faceva solo in intimità davanti a tutti, guardandolo come a chiedere "ti prego, non farlo."
Ma non mosse sguardo di compassione negli occhi verde scuro di lui.
Gli era improvvisamente crollato il mondo addosso. Voleva dargli spiegazioni, ma a quanto pare aveva già preso la sua decisione.
Pedro passò lo sguardo tra uno e l'altro, e poi vide quell'espressione soddisfatta di Cisco.
"Portatelo via." Ordinò in tono freddo. Alejandro gli prese il braccio, ma Nicolas glielo scrollò di dosso, camminando da solo verso la strada.
Guillermo era senza parole. "Non ci posso credere che gli dai veramente credito." Pronunciò deluso, alzandosi ed andandose, lasciandolo solo nella sala con Cisco, il quale si avvicinò e gli toccò la spalla per confortarlo.
"Hai fatto la cosa migliore, credimi." Lo consolò.


Nicolas stava seduto per terra nella cella con le gambe raggomitolate, pensando alle parole e al tono di Miguel. Forse era un malinteso. Forse era troppo preso da quell'ambiguità di tutta quella situazione e lui certamente non si era spiegato proprio nel migliore dei modi, lo sapeva. E voleva parlare con Miguel, ma non era ancora arrivato.
Udì dei passi ed un fischiettio allegro avvicinarsi.
"Ahhh..." inspirò l'odore della fumante tazza di camomilla. "Spero che questo ti aiuterà a dormire." Disse Cisco con voce gongolante. Nik lo ignorò completamente, chiudendo gli occhi e controllando la respirazione. Francisco si inginocchiò, girò il cucchiaino nella tazza e poi lo fece cadere dentro con rumore.
"Mh... delizioso." Pronunciò poi passandolo tra le sbarre. Poi lo rovesciò sul pantalone di lui. "Ops. Che sbadato." Rise divertito.
Nik trattenne l'impulso di gemere per la tazza di camomilla bollente che gli era stata rovesciata sulla gamba, mentre nella sua mente si proiettavano un sacco di immagini di come avrebbe potuto prendere Cisco da dietro le sbarre e sbatterlo su di esse così tante volte finché non gli si sarebbe spaccato il cranio, ma cercò di controllare quell'istinto omicida.
Poi lo udì andarsene via. Guardò la tazza e inspirò profondamente. Si alzò in piedi, la prese, la strinse in una mano e con un urlo la schiantò nel muro mandandola in frantumi ovunque nella cella.
Poi sentì il suo cuore che stava impazzendo.
Nel mentre, nella sala riunione un paio di metri più su, la triade stava discutendo.
Guillermo con il massimo della sua lucidità aveva smesso di giocare con il suo anello da un po' pronunciando il suo parere sul fatto che uno come Nicolas non li avrebbe mai potuti tradire e che sicuramente era stato Cisco a incastrarlo. Il padre aveva un'espressione scettica in volto e guardò il secondo figlio.
"Tu cosa pensi?" chiese. Miguel sospirò. Non sapeva a cosa pensare in effetti.
"Io... non lo so."
"Ricordati che qualsiasi decisione si ripercuoterà anche sugli altri subordinati, soprattutto se sbagliata." Gli fece notare il padre con tono severo.
"È giusto che io vada a sentire anche la sua versione dei fatti, dopotutto." Si pronunciò con tono di rimorso pensando allo sguardo supplichevole che gli aveva lanciato. "Fidati di me, padre." Aggiunse guardandolo.
L'uomo lo guardò e si lisciò la barba con la mano sulla quale c'era l'anello, lo stesso che avevano i suoi due figli e poi annuì una volta con la testa.


Altri passi in avvicinamento. Nicolas si sentiva talmente nervoso, che come udì quei passi riconoscibili confessò subito.
"Non volevo vendere i tuoi segreti, stavo spiando Cisco perché non mi fido di lui. Devi credermi."
"Io ti credo." Disse una voce femminile. Nik sbarrò gli occhi quando la vide, lì, con un mazzo di chiavi in mano. "È per questo che sono qui. Sono venuta a salvarti, prima che la famiglia principale ti faccia fuori ingiustamente." Aggiunse lei, aprendo il cancello.
"Scappa con me, prima che ti vedano." Suggerì.
Nik ebbe il cuore in gola. Doveva scegliere: o scappare verso la libertà e cercare le controprove e quindi schierarsi contro Miguel, o restare rischiando di essere poi ingiustamente accusato di una cosa di cui non aveva colpe.

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