PARTE Terza (3.1)

27 2 0
                                    

PARTE Terza

1

Le tende automatiche si stavano aprendo lentamente come da programma, facendo penetrare la luce di quella giornata nuvolosa nella buia stanza di Miguel.
Nik vide la luce diventare sempre più intensa e aprì lentamente gli occhi, iniziando a stiracchiarsi lentamente per non svegliare il castano che stava dormendo.
"Mhhhh." Gemette lui aprendo quei fantastici occhi verdi. Nik sorrise nel vedere come si stropicciava gli occhi. Vederlo appena sveglio lo faceva sentire così bene e per la prima volta dopo tanto tempo si sentiva... felice.
"Che cazzo stai a guardare e a ridere a prima mattina?" gli chiese con la voce ancora carica di sonno lui, cercando di nascondere un sorriso per trattenere il classico malumore mattutino. Miguel non era mai stato una persona che si alzava felice e contento, neanche in presenza di amanti. Doveva prima ricevere la sua solita colazione, vestirsi, prepararsi e poi magari la giornata poteva ingranare. Ma per qualche strano motivo, la presenza di Nicolas nello stesso letto lo aveva già messo di buon umore.
"Niente, pensavo a ieri notte." Sussurrò mettendosi di lato per ammirarlo meglio mentre con le dita disegnava dei ghiri gori sul petto nudo. Poi gli passò una mano tra i capelli castani, sfatti, scombinandoglieli e dandogli un'aria trasandata ma al contempo attraente.
"I capelli così scombinati ti stanno meglio, sai?" complimentò sorridendo.
Miguel rise nello sbadiglio. "Mh, brezza di montagna." Ironizzò.
Miki gli diede un pugno sul petto. "La vuoi finire di rompere le palle di buon mattino?" scherzò con tono dolce lui.
"E dunque?" chiese Nik stendendosi di nuovo. Miguel gli passò il braccio dietro al collo per stringerlo meglio a sé. "E dunque cosa?" sollecitò, avvinghiandosi ancora di più baciandogli la spalla nuda.
"Come ci comportiamo ora?"
Miguel guardò la vetrata di fronte a loro. Scorse dei pantaloni sul pavimento poco più avanti, e una camicia lanciata ad un paio di passi di distanza, che giacevano dalla sera prima dopo che erano stati lanciati via con noncuranza.
Non sapeva rispondere bene a quella domanda. "Se per te non è un problema, io suggerirei di agire come se nulla fosse successo. Io sono il tuo capo, tu il mio sottoposto. Siamo abbastanza neutrali, penso che entrambi abbiamo la maturità di poter proseguire così, no?" propose al ragazzo moro.
"E quando devo vederti?" interpellò. "Sgattaiolerai qui. Di nascosto."
Nik lo guardò compiaciuto e con un ghigno. "Amore segreto. Mi piace."
Il citofonò squillo e Miguel rispose. "Che è successo?" chiese Nicolas. "Ah, sta solo arrivando la mia colazione." Rispose.
Nik scattò dritto sulla schiena. "Cazzo!" urlò cadendo dal letto nudo, di corsa raccolse i suoi vestiti e si rivestì di fretta.
"Ma sei cretino? Avevamo appena detto che non volevamo dire niente a nessuno!" esclamò cercando di infilarsi i pantaloni.
Miguel si godeva la visuale della faccia da panico che aveva il moro che stava facendo l'impossibile per vestirsi il più in fretta possibile.
"Signor Serrano, posso?" gridò la voce di Alejandro da lontano. Nicolas mimò con secco "no" con le labbra perché doveva ancora abbottonarsi la camicia.
"Certo, puoi entrare e come." Parlò allegro ridendosela mentre lui diventava dello stesso colore della camicia. La porta si aprì e Alejandro entrò con il vassoio e Nik scattò dritto poco prima che svoltasse l'angolo del corridoio.
Neanche sembrò notarlo mentre poggiava il vassoio di legno con la colazione.
"Volevo anche ragguagliarla sulle attività della settimana." Pronunciò indietreggiando di due passi con le mani dietro la schiena quando poi si rese conto che ci fosse qualcuno dietro di lui. "Oh che ci fai qui?" Balbettò Alejandro squadrandolo con un'occhiata infastidita. "Sono qui per..." guardò negli occhi di Miguel che nel mentre si stava godendo il suo caffè e gli fece un ghigno prima di tornare a indossare la sua maschera seria ed inespressiva.
"Per ragguagliare il signor Serrano sulle attività della settimana, appunto." Si schiarì la gola annuendo e sorridendo imbarazzato. "Strano, non ti ho visto stamattina a fare colazione." Notò. "Perché... sapendo che c'erano delle cose urgenti su cui ragguagliare Miguel, ehm, il signor Serrano, mi sono svegliato prima di buon mattino." Mentì.
Alejandro lo guardò storto. "Dunque, chi mi elenca il programma della settimana?" li interruppe Miguel con tono asciutto, chiedendo ad Alejandro di allontanare un po' il vassoio di legno ai piedi del letto dove stavano loro, poiché non poteva alzarsi perché era senza vestiti.
"Beh, non volevo di certo interrompervi, perciò vi lascio soli."
"No no, sei venuto fin qui... adesso tanto vale che adempi al tuo dovere." Puntualizzò. Alejandro notò come fosse bizzarro il comportamento di Nicolas, per non parlare di come era conciato.
"Quest'oggi c'è una conferenza in modalità ibrida con i capi maggiori per far capire che sei tornato in carreggiata. Nella giornata di domani deve passare all'evento di beneficenza per la ricerca dei tumori pediatrici al Hospital de San Ignacio de Loyola. Poi mercoledì c'è..."
Miguel scrutava Nicolas palesemente a disagio e cercava di trattenere le sue risate dentro per non destare troppi sospetti con Alejandro lì presente. "È tutto?" chiese appena finì il discorso.
"Sissignore."
"Bene, allora puoi andare. E Nicolas." Lo chiamò facendolo rinvenire in sé. "Per piacere, rimettiti in sesto per come ti sei conciato sembri un barbone. Le mie guardie devono essere impeccabili quando sono in servizio, come Alejandro." Pronunciò in tono duro, ma in realtà sapeva benissimo fosse una provocazione, Alejandro si gonfiò il petto e sorrise soddisfatto per il complimento.
Stava per uscire quando lo bloccò. "No Nicolas, tu rimani qui. Come sai per ogni carenza c'è una punizione da scontare. Alejandro, tu puoi andare."
"Sissignore." Pronunciarono entrambi.
Nik rimase lì fermo, aspettando che si allontanasse abbastanza prima di sorridergli. "Una punizione?" provocò avvicinandosi lentamente mentre si sbottonava la camicia di nuovo. "Spero non sia troppo dura, signor Serrano." Continuò ad istigare arrivando ai piedi del letto e lasciando cadere la camicia per terra.
Miguel lo seguì con lo sguardo, contento. Poi gli fece cenno con le dita di avvicinarsi sul letto, e lui si inginocchiò infilandosi da sotto le coperte.
Miguel rabbrividì e respirò profondamente non appena sentì il contatto delle sue labbra sulle cosce. Poi avvertì un dolore e alzò la coperta.
"Che diavolo fai?" chiese. "Le mie guardie devono essere impeccabili quando sono in servizio, come Alejandro?" ripetette ghignando. Miguel rise. "Geloso, forse? Alejandro è un bel ragazzo."
Nik gli mollò un altro morso sull'altra gamba e Miguel rise e scostò la gamba dai suoi denti.
"Non farai tardi a lavoro?" domandò poi guardandolo da sotto le coperte. "Fa niente, il mio capo capirà."
"Oppure potrebbe prendersela e punirti."
"Spero solo non sia così duro con me." Ammiccò con un doppio senso.


La riunione era pressoché caotica e duratura al punto che i capi si presero un paio di pause tra una discussione e l'altra.
"Dov'è Nicolas?" chiese poi Alejandro a Pedro sottovoce, che stavano spalle al muro come tutte le altre guardie. Si guardarono attorno alla ricerca del moro. "Non ne ho la minima idea." Sussurrò Pedro.
"Comunque, stiamo ignorando il punto. Don Scotto è morto." Parlò una voce femminile dalla video proiezione. Miguel, seduto dietro la sua scrivania in legno possente si stava decisamente annoiando.
"L'ho fatto fuori io." Interruppe la voce della donna zittendo tutti. "Il nobilissimo signor Scotto è un traditore. Ha rubato i miei carichi di droga, così come il denaro del mio casinò. E in più ha preso accordi e ha venduto la nostra alleanza con la signora Nakamura." Raccontò con tono seccato, versandosi dell'acqua dalla bottiglietta nel bicchiere mentre gli altri sudavano e saltavano dalla sedia scioccati.
Mentre stava bevendo qualcosa gli toccò l'interno coscia e sobbalzò sputando un po' di acqua dalla bocca e abbassò lo sguardo. Era Nicolas che gli stava sorridendo.
"Calmiamoci tutti, il signor Serrano ha fatto più che bene a procedere con l'esecuzione di Scotto, non possiamo tollerare tali atti di disubbidienza. Ha rotto la fiducia che avevamo riposto in lui danneggiando così l'immagine della sua reputazione." Intervenne uno di loro nella stanza.
"Sono d'accordo. L'esecuzione del traditore dovrebbe servire da monito per chiunque pensi di mettere in discussione l'autorità delle nostre famiglie. Dobbiamo dimostrare che i tradimenti non sono tollerati." Concordò un altro in videoconferenza.
Nel mentre Miguel faticava a tenere il respiro e deglutiva. Per sua fortuna la scrivania era tutta d'un pezzo e non si sarebbe visto di certo come Nik lo stesse istigando lì con le sole carezze da sopra il pantalone.
Provò a scacciare le sue mani con le ginocchia, ma non ottenne risultati se non un'improvvisa stretta decisa con la mano di Nicolas sul suo pacco, che lo fece sobbalzare così tanto da fargli urtare il ginocchio sul legno pregiato.
"Tutto bene, signor Serrano?"
Miguel era rosso in volto e con voce da finta sofferente che nascondeva un gemito di piacere disse: "Sì, mi è venuto un solo un crampo. Andiamo avanti."
"D'accordo... andiamo avanti..." concordò con un filo di voce il moro che stava sotto di lui. Con molta cautela gli sfilò aprì la cintura senza che facesse rumore, e in quel momento, Miguel gli afferrò la mano senza farsi vedere, facendo finta di massaggiarsi il crampo.
Nik approfittò portandosi la mano vicino alla bocca per leccargli le dita e il cuore di Miguel scalpitò. Deglutì un altro paio di volte lentamente mentre sentiva la lingua di lui fare dei giochi con l'indice ed il medio, distraendolo dalla mano libera che stava allentando molto lentamente la zip. Già lo vedeva il gonfiore pulsante e sempre più crescente che voleva liberarsi.
"Dobbiamo garantire che colore con cui collaboriamo abbiano una fedeltà assoluta e un rispetto per l'autorità che rappresentiamo tutti noi." Dichiarò una voce in conferenza, mentre Nicolas riuscì rapidamente a tirare fuori l'erezione di Miguel il quale avvertì un vuoto nel basso ventre. Si asciugò le dita umide sul pantalone e per poco non gemette appena la mano del castano gli afferrò la lunghezza con decisione iniziando a pompare piano.
"Basta così." Sbottò con voce rotta Miguel, rendendosi conto che per poco non aveva lanciato un gemito a seguito di quel 'basta'. Si schiarì la gola per masticare un altro verso e con molta calma e concentrazione esordì:
"Sono d'accordo con tutti voi. Faremo in modo da rafforzare i nostri legami, non possiamo permettere che questi eventi si ripeta... no." Parlò bloccandosi e sudando freddo.
Nicolas rise non appena lo sentì con la voce rotta. E fu così che allungò la lingua sulla punta di lui facendolo urtare un'altra volta il ginocchio sulla scrivania come gesto esasperato di fermarlo.
"Magari la prossima volta, una decisione del genere dobbiamo prenderla insieme, soprattutto se riguarda un membro interno. Non crede signor Serrano?"
"Sì! Sì, così!" esclamò con troppo entusiasmo mentre cercava di trattenersi dal muoversi al ritmo con la testa del suo amante sotto al tavolo, o di afferrargli la testa, o di gemere o di ansimare. Le dita erano contratte sul tavolo e aveva la mascella serrata e tesa per nascondere il suo godimento.
"Ora, se non avete altro da aggiungere la riunione è finita." Concluse frettolosamente. Alcuni di loro si guardarono attorno confusi. "Arrivederci a tutti. Potete uscire tutti, ora." Ordinò poi cercando di sgombrare quanto prima possibile mentre Nicolas sembrò finalmente dargli una tregua.
"Ho detto tutti." Disse con un tono più calmo poi guardando le sue guardie, le quali uscirono subito.
Nik spostò la sua sedia a ruote e gattonò fuori. Miguel lo afferrò per il colletto. "Tu dove hai intenzione di andare?" gli chiese poi passando una mano per i capelli. Il moro ghignò. "Hai detto che dobbiamo uscire tutti." Citò con un sorriso soddisfatto.
Il castano lo guardò con tono di sfida. "Tu no. Continui cosa hai iniziato." Ordinò con tono freddo. "E se non volessi?" lo guardò dritto negli occhi sostenendo il suo sguardo.
"Potrei doverti punire." Si chinò su di lui afferrandolo poi per i capelli dietro la testa ed inclinandogli la testa all'indietro. Lo baciò e sentì come Nicolas sorrideva nel bacio, e con la mano riprese a dedicare le sue attenzioni sulla lunghezza di Miguel, che era ancora lì.
Miguel si stese sulla sua sedia e alzò un po' il bacino perché Nicolas gli abbassasse completamente i pantaloni. Gettò la testa all'indietro e si abbandonò alla sensazione di annaspare e di gemere mentre il moro lo stava prendendo in bocca.


"Ma si può sapere dov'eri finito stamattina?" chiese Pedro mentre camminava con Nicolas lungo il corridoio per la camera di Miguel. "Ero..." non sapeva cosa rispondere. "Oh eccovi qui. Dovete prepararvi, stasera mi accompagnerete al casinò." Ordinò.
"Tu." Puntò il dito sul moro. "Dov'eri durante l'assemblea?" chiese con gelido tono accusatorio.
"Io ehm..." cercò di non ripensare a quello che gli aveva fatto. "Qual è la regola numero quattro, Alejandro?" chiese con tono autoritario. "Ogni pecca e abuso verranno puniti." Rispose prontamente.
"Bene. Allora sai cosa ti aspetta, Nicolas." Disse poi da dietro la scrivania della sua camera. Nik deglutì e sudò freddo.
"Voi potete uscire." Aggiunse poi, e le guardie eseguirono. Miguel mostrò un ghigno. E lo spinse violentemente sul letto.
"La prego signor Serrano non sia troppo duro con me!" esclamò con falsa esasperazione sorridendo.


"Com'è andata col capo?" chiese poi Alejandro con finta premura. In realtà sapeva benissimo che voleva solo sentire quanto avesse sofferto e quanto fosse stato umiliante per lui ricevere la punizione. Quello che Alejandro non sapeva però era che la punizione era stata fare sesso con Miguel.
"Decisamente ardua... mi fanno ancora male le ginocchia." Disse realmente, toccandosele e accusando un po' di fastidio. Per un momento pensò come facessero i porno attori a durare così tanto in una posizione del genere. Poi pensò al piacere che rendeva senza dubbio il dolore più tollerabile.
"Che peccato, quasi mi dispiace." Esordì andandosene con una sorta di ghigno in volto. Non sapeva per quale motivo lo odiasse così tanto sin dal primo giorno che aveva messo piede lì dentro.


"Come mai stasera non ti vedo scatenarti o bere col tuo amico là?" chiese il barista, cugino della sua conoscenza di Parigi. "Lui in realtà è uno dei miei capi. E no, sto a posto così per stasera." Disse Nicolas sorseggiando il suo drink con la testa pensierosa.
"Palle." Esordì il barista. Nicolas lo guardò confuso. "Faccio questo mestiere da un bel po', mio caro amico. Se permetti, so quando qualcuno mi racconta palle e quando dice la verità." Chiacchierò mentre ripuliva le ultime cose. Il bar era in chiusura ormai.
"Conosco questo tentativo di accattonaggio, usavo la stessa tecnica con i miei clienti per spillare più soldi e le mance."
Il barista si fece una risata. "Sì, beh è vero. Ma non ho bisogno di scroccarvi mance, siete i miei clienti migliori, vedendo che tipo è il tuo capo, so già che la mancia me la lascerete a prescindere. Mi interessava davvero sapere come stai." Commentò con genuina verità. Nik lo guardò e poi fece scorrere un dito attorno al bordo del bicchiere.
"Non lo so... sto pensando ad una persona." Confessò sorridendo. "E quindi?"
"Non lo so... è che... è strano."
"Pensare ad una persona è strano? Guarda che anche io penso spesso alle persone. Sai, tipo quando c'è una vecchietta al supermercato mentre stai in coda e ti fa passare vedendo che hai pochi prodotti in mano e dici cavolo, questa mi ha svoltato la giornata!"
"No, non è quel tipo di pensiero lì... è più... un pallino. Un chiodo fisso ecco. Ci penso sempre, dalla mattina quando mi alzo alla sera quando dormo."
"Oh."
"Sì, e cazzo... è brutto mi fa sentire... strano. Non so. Cioè... è come se fosse un pensiero compulsivo. Non so spiegarmi perché penso così tanto e così intensamente. Penso di volerla incontrare in ogni attimo della giornata, anche solo per una manciata di secondi..."
"Amico, sai vero che questa cosa magica che mi stai descrivendo si chiama infatuazione?"
Nicolas rifletté con attenzione a quella parola. Si era infatuato di Miguel? Si chiese. Sbuffò e si strofinò gli occhi disperato quando lo realizzò, mentre il barista se la rideva di gusto. "Sei innamorato, complimenti. Chi è la fortunata?" chiese.
Nik deglutì e si sentì un po' a disagio, risistemandosi più volte su quello sgabello e si fece coraggio. "Del mio capo... non lui... l'altro." Confessò bevendo subito dopo d'un fiato quel whiskey. "Oh... scusa non volevo assumere che ti piacess..."
"Non fa nulla." Lo interruppe osservando come dell'altro whiskey gli venisse servito nel bicchiere stretto nella sua mano mentre l'altra veniva consumata dai morsi di nervosismo.
"Hai un'aria così preoccupata, guarda che non è così grave come sembra..."
Nik lo guardò con quello sguardo da cucciolo smarrito ed indifeso dalle sue emozioni.
"È che..." non sapeva come spiegare quell'ansia che aveva addosso da quando gli incontri occasionali con Miguel non erano più tanto occasionali. Sospirò e si fece un altro sorso per prendere più coraggio.
"...non sono mai stato con un ragazzo prima d'ora." Confessò, ed il barista spalancò le sopracciglia ed annuì. "Quindi è il tuo primo lui."
Confermò con la testa. "L'amore è amore, amico." Si strinse nelle spalle. "L'amore vince su tutto."
"Sì, è vero... ma non so neanche da dove iniziare."
"Ragazzo mio, lascia che ti dica una cosa. Non c'è una differenza tra un ragazzo ed una ragazza, si corteggiano allo stesso modo."
"Il problema è questo: non ho mai... provato nulla del genere prima d'ora e non so come gestirla."
"Non ti sei mai innamorato?"
Nik si strinse nelle spalle. "Forse alle elementari, chi se lo ricorda. Comunque no... diciamo che le mie storielle duravano qualche sera, al massimo un paio di settimane la ragazza poi pretendeva altro ed io mi tiravo indietro perché mi dispiaceva illuderla."
"Quindi non hai mai frequentato seriamente nessuno?" inquisì. Il moro scosse i ricci. "Oh... amico tu sei proprio cotto di lui. Si vede lontano un miglio che lo ami."
"Oh sta zitto!" protestò arrossendo e bevendo un altro sorso di whiskey amaro. Si strinse in sé stesso assumendo una posa decisamente timida ed insicura, e iniziò a roteare lentamente sullo sgabello per il nervosismo.
"Cosa dovrei fare?" chiese il ragazzo che stava sotto un treno per il suo capo. Il barista lo guardò negli occhi.
"Beh non è nulla di difficile. Per prima cosa: intimità. E no, non intendo sesso, non è tutto limitato all'andare al letto, o trovare quel tempo per farlo... no, bisogna creare dei momenti. Un appuntamento. Tempo privato solo per voi due: andare al cinema, andare a mangiare qualcosa assieme, una passeggiata, un aperitivo al bar..." spiegò.
"E dove dovrei andare per un appuntamento? Di solito i miei erano a casa delle ragazze o nel retro del mio vecchio bistrot per limitarsi ad una scopata." Ammise sincero. "Che ne so, portalo in un bar."
"Quale? Ne ho portate diverse in giro..."
"Amico. Dev'essere una cosa speciale. Crea l'appuntamento. Inizia dalle basi. Con quello puoi costruire quello che sarà un sano rapporto che va ben oltre il sesso."
Nicolas prese un grande sospiro sconsolato.
"Ehi, non è una condanna l'amore. È bello. Ti farà sentire felice anche il solo pensare a quella persona. Ti farà fare cose stupide e goffe se non l'avrà già fatto. Cercherai in tutti i modi di attirare la sua attenzione facendo gesti stupidi. E poi prenderai decisioni drastiche addirittura per amore. Cambiamenti. Non devi esserne spaventato, okay? Fidati dello zio Jed." Gli allungò una pacca sulla spalla.
"E va bene. E così sia." Mormorò a sé stesso.

TiltDove le storie prendono vita. Scoprilo ora