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FINALE

6

"Lasciami qui." Disse a Diana.
"Sei sicuro?" chiese lei. "Sì, me la devo vedere io con lui. Va'."
La ragazza lo osservò e si mise in spalla lo zaino con il denaro dello zio.
"Questa famiglia è diventata vulnerabile, soprattutto Miguel. Sai cosa sta per succedere ora, vero?" domandò lei sistemandosi una ciocca castana dietro l'orecchio nella stessa maniera sensuale e provocatoria com'era solita fare, guardandolo con gli stessi occhi che aveva il suo Miki ma di una tonalità leggermente più scura.
"Mi stai svelando il tuo piano?" chiese Nicolas, leggendo oltre le righe.
La ragazza rimase in silenzio. "Farò ciò che mi chiederà mio padre. È un avvertimento, Nico. Ti voglio bene e che tu possa crederci o meno, non voglio vederti in mezzo a questa cosa, per cui... uomo avvisato mezzo salvato."
"E come la mettiamo con Roberto?"
"Farò in modo che lui non venga toccato."
Nik fece un cenno con la testa, e così fece anche Diana, che si mise un casco in testa per nascondersi dalle telecamere e scappò via. Nik guardò l'ingresso segreto e non sorvegliato della tenuta. Prese un lungo respiro e aprì il portone arrugginito con tutta la forza che aveva in corpo.
Il corridoio lungo e buio liberò l'aria fredda che c'era. Nik accese la torcia del cellulare e camminò con la pistola puntata in avanti e si immerse in quel corridoio cieco.
Fu un tuffo nei ricordi, perché man mano che avanzava nel corridoio non sorvegliato, la sua mente proiettava varie immagini.
Nella sua infanzia si era quasi dimenticato del volto della madre e del padre se non tramite quelle foto che aveva, eppure ecco un'immagine vivida della madre che stava disegnando con lui sulla terrazza, reggendo in braccio il neonato Antoine.
Continuò a camminare nel tunnel, e ad andare avanti coi ricordi. Il padre gli correva dietro mentre lui pedalava a tutta velocità e convinzione sulla bicicletta. "Bravo! BRAVISSIMO" lo incoraggiava da lontano, urlando poco prima di cadere e di sbucciarsi un ginocchio. Ma non pianse, perché il padre lo soccorse subito prendendolo in braccio e portandolo in casa a medicargli la ferita e a dargli un bacio sulla fascia.
Svoltò l'angolo a destra.
Era un caldo pomeriggio estivo. E stavano appena uscendo dalla gelateria lui, la mamma e suo fratello nel carrozzino, avvicinandosi ad un tavolino di un bistrot. Lui e la mamma si stavano godendo un bel gelato e chiacchieravano tra di loro nell'attesa che il papà uscisse dall'ufficio. Era questione di minuti, lo ricordava bene, e sarebbero andati tutti a casa assieme.
La donna, mentre il piccolo Nicolas raccontava una storia, s'incupì.
"Resta un attimo qui con il tuo fratellino, la mamma deve vedere un attimo una cosa." Si raccomandò sorridendogli. Poi si alzò e si diresse verso due uomini. Uno aveva una somiglianza vagamente familiare, era ben vestito, con la barba, gli occhiali da sole e un sigaro nel taschino della giacca.
Si ricordò solo che all'improvviso sua madre urlò qualche parolaccia in francese e tornò scazzata al tavolo afferrando con forza Nicolas e spingendo il carrozzino così bruscamente che svegliò Antoine e lo fece piangere.
"Mamma mamma!" lo chiamò Nico mentre lei continuava a stringergli il braccio con prepotenza, senza farlo manco a posta. "Antoine sta piangendo." Disse, e la donna ritornò in sé. Si asciugò le lacrime e dopo aver svoltato l'angolo, si voltò alle spalle varie volte per accertarsi che non fosse seguita e prese Antoine in braccio per tranquillizzarlo, ma non ebbe molti risultati. "Mamma ma no, non fare così." Disse porgendo le braccia per prendere Antoine.
Paulette era abbastanza sconvolta da lasciare il bambino in braccio al fratello che lo tranquillizzò subito, e la donna, nel vedere quella scena si commosse e si mise a piangere. "Nik." Disse tra una lacrima e l'altra. "Sai cosa significa Ya'aburnee?" chiese la madre. Il piccolo negò col capo. "So solo che lo dici sempre a me e papà."
Lei si fece una grassa risata e annuì. "Sì, e sai perché lo dico? Perché significa ti amo. Ma non è un ti amo qualsiasi, è una promessa: è un voglio morire prima di te perché la mia vita senza di te non avrebbe senso. Ora, so che queste parole non hanno senso per te, però in sostanza questa parola che mi dice sempre tuo padre, significa che ti voglio davvero tanto tanto bene, e che farei di tutto per te, capisci?" lo interrogò cercando di mantenere un tono.
In un certo senso, Paula sapeva che quella giornata sarebbe andata storta e non si sarebbe conclusa nel migliore dei modi ora che aveva visto quei due, perciò sentiva l'esigenza di dover dire quante più cose possibili al figlio.
"Ora, promettimi che tu dirai questa parola solo a tuo fratello e alla persona che tu ami veramente."
"Va bene mamma."
"E giurami, che qualsiasi cosa dovesse succedermi, ti prenderai cura di lui, e di te. Okay?"
"Ma sì mamma, ma... perché sei triste e piangi? C'entrano quei due cattivoni?" chiese percependo il tono della voce della madre singhiozzante. La donna non rispose ma si limitò a stringere forte a sé il bambino.
Poi arrivò il padre che uscì dall'ufficio con una faccia stanca e sbiancò quando vide la moglie piangere.
"Paulette? Ma... che succede?"
"Dobbiamo andare via, amore."
"Ma, non capisco, che succede?"
Parlarono una lingua incomprensibile, e poi si misero in macchina. Nico era troppo stanco per essere sveglio e attivo durante il viaggio. Si ricordò solo che si era svegliato perché la mamma ed il papà urlavano e discutevano ad altissima voce, e poi qualcuno li urtò e lui batte fortissimo la testa sulla porta dell'auto.
Iniziò a piangere e a vedere tutto sfuocato. La madre uscì dall'auto e lo stava per sbottonare ma poi uno sparo e si accasciò su di lui. "Mamma..." la chiamò con voce stanca. Ma la testa gli faceva troppo male e c'erano le urla di Antoine in sottofondo che lo fecero svenire.
E poi. Aprì gli occhi, e una luce fortissima lo svegliò.
Era nella stanza del signor Serrano, non sapeva come si era ritrovato lì e quale fortuna avesse avuto nell'averla trovata incustodita.
Era deciso a scoprire la verità a costo di ucciderlo. Finchè la verità non lo travolse in pieno come un treno.
"M-Ma... come era t-t-t-t-t-t-tua s-s-s-s-s-orella..." balbettò. In quel momento la vista gli si annebbiò e vide tutto sfuocato con delle piccole luci che sfarfallinavano attorno alla visuale. Le gambe stavano cedendo.
Ebbe un conato di vomito appena la sua mente gli mostrò le immagini di lui e Miki che facevano l'amore.
"Nico, tutto bene?" chiese il signor Serrano vedendo come sbatteva gli occhi e com'era grondante di sudore.
"Non è possibile. Tu... e mia madre..."
"Nik!" urlò Miguel che lo raccolse in tempo appena il ragazzo cadde all'indietro perdendo i sensi per qualche secondo prima di ritornare in sé.
"Come hai potuto?" urlò. "Sei un malato di merda!" sbraitò con le lacrime agli occhi sentendosi nauseato. "Come hai potuto permettere a me e a Miguel di... ti rendi conto che noi siamo..." vomitò.
"Nik... padre... ma che sta succedendo."
"Calmati, Nicolas." ordinò il vecchio. "Non c'è consanguineità diretta tra voi due." Lo rassicurò. Il ragazzo lo guardò ancora più confuso.
"Mio padre ha sempre voluto una femmina. E ha avuto quattro figli, tutti maschi. Il terzo fu un aborto spontaneo. Il quarto morì in una sparatoria accidentale. Così, decise di adottarne una. Quella donna era tua madre. È sempre stata parte della famiglia principale finché non si innamorò di tuo padre e scappò di casa."
"Quindi... io e Nik siamo..." balbettò incredulo e sconfortato Miguel.
"Tecnicamente imparentati, sì. Ma non lo siete geneticamente, potete stare tranquilli."
"Perché... perché?" urlò poi il ragazzo cadendo per terra e piangendo. "Perché hai ucciso la mia famiglia?" si mise a piangere raccogliendo le gambe. Miguel si abbassò e gli accarezzò la schiena per dargli conforto. Tutta quella situazione era al limite dell'assurdo e del ridicolo. Si sentiva mancare il fiato non osava immaginare cosa stesse succedendo nella testa del suo povero piccolo.
"Tua madre ha deciso di trasferirsi a Parigi con tuo padre, perché lo conobbe che lavorava qui sulle spiagge di Barcellona come bagnino stagionale. Si innamorò e scapparono assieme. Mio padre, dopo averle concesso questa fuga d'amore durata decisamente troppo a lungo, mi costrinse a riportarla indietro. Rintracciai tua madre in una gelateria e cercai di parlare ma tua madre non volle sapere più nulla di noi. Così scappò con tuo padre in auto. Non volevo fare quell'inseguimento, infatti non ero neanche io alla guida, ma mio fratello Alvaro." Raccontò.
Nik alzò lo sguardò su di lui. "Mio fratello eccedette e iniziò a tamponarli costringendoli ad accostare. Io scesi dall'auto per parlare con tuo padre che urlava dandoci dei folli. Mi stavo scusando quando poi." Mimò il gesto di una pistola con le mani. "Mio fratello lo sparò senza scrupoli perché meritava di morire per essersi opposto a tutto ciò. E tua madre morì di crepacuore davanti a te perché non riuscì a sopportare l'idea di vivere senza tuo padre. Com'era quella parola che gli diceva sempre?"
"Ya'aburnee." Dissero entrambi contemporaneamente.
"Rintracciai il parente più prossimo e lo pagai affinchè si prendesse cura di te e tuo fratello, ma soffriva di problemi di gioco di azzardo di cui non ero a conoscenza. Credimi... mi ... dispiace."
Il vecchio si mise una mano in petto e iniziò a gemere e a sudare accasciandosi lentamente in avanti. "Il cuore... il... cuo..."
"PAPÀ!" urlò Miguel precipitandosi ad aiutarlo per farlo stendere a terra. "AIUTO, AIUTO!" gridò prima che due guardie lo presero in braccio per portarlo via.
Miguel li seguì e poco prima di lasciare la stanza guardò Nicolas come a dire "Guarda cosa hai fatto..." con il cuore infranto e preoccupato per il padre.
Nik era confuso e non capiva nulla... e la prima cosa a cui pensò era scappare via. E così fece.

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