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PARTE Seconda

8

Diana stava in piedi ad aspettare al molo, un jeans stretto tenuto da una cintura nera, un'elegante maglietta verde scollata fino all'inizio dei seni, delle semplici converse al piede, un po' di rossetto e gli occhiali a specchio.
Dietro di lei, cinque delle sue migliori guardie del corpo, che attendevano lì il fatidico incontro con don Scotto, il quale apparve da dietro l'angolo, con il suo bastone nero dal pomello argentato, scortato da cinque delle sue guardie del corpo.
"Dov'è la guardia?" chiese il signore dal forte accento italiano. Lei si spostò mostrando la guardia dalla quale avevano ottenuto l'incontro seduta per terra con la schiena poggiata dietro un camion.
"È morto." Pronunciò, e subito si puntarono le pistole addosso, solo Diana alzò le mani.
"Ti ha tradito." Puntualizzò lei. "Ti ha venduto a noi. Ed ho pensato di prendere i provvedimenti al posto suo." Disse con tono superficiale, abbassando le mani poi subito dopo, con fare sicuro.
"Cosa vuoi da me?"
"Il clan principale vuole risolvere a tutti costi quel... problemino del casinò." Fece lei. "Ma io le dico, lasciamoci il passato alle spalle. E patteggiamo solo noi e voi." Propose.
Il vecchio si fece una risata e passeggiò vicino a lei poggiandosi sul bastone.
"Pensi davvero che io sia così stupido?" chiese deridendola. "No.
Anzi. Io credo che sia molto intelligente... perché crearsi dei nemici quando il nostro leader è debole ed in convalescenza?" domandò lei con lo sguardo di chi ne sapeva una in più del diavolo.
"Facciamo un patto. Questo carico di droga qui dentro." indicò con la testa il camion alle spalle. "È tutto vostro. Una sorta di ricompensa per dimostrarle la mia fedeltà e la mia riconoscenza per l'essersi presentato qui. Abbiamo un accordo?" chiese lei avanzando la mano.
Lui la guardò, e ghignò. Patteggiare con un sottoclan ribelle non avrebbe fatto altro che migliorare i suoi contatti e quindi ci avrebbe sicuramente guadagnato, pensava, stringendo la mano di lei in stretta vigorosa, dandole una dimostrazione di come si stringeva una vera mano.
"Ora, lasci che le mostri il carico." Ammaliò avvicinandosi al camion.
"Entreremo con la guardia al porto, così che ci daranno il permesso per scaricare." Spiegava lei attorno al tavolo con la cartina del molo di fronte.
"Una volta dentro, farò fuori la guardia e la userò come escamotage per guadagnarmi la loro fiducia. Gli farò credere che abbiamo un problema con la famiglia principale e che possiamo stringere un accordo siglato dall'arca dell'alleanza: un camion di droga. E poi da lì... BOOM. Ne uscirete fuori voi e li faremo fuori." Propose il piano lei guardando tutta la crew concentrata sul piano.
"Sei sicura che ti crederà?" chiese Nicolas. "Ha già accettato di vedermi, significa che già sospetta che possano esserci problemi col clan principale." Ghignò lei, che aveva previsto tutto.
Aprì lentamente le porte del camion e poi con una spaccata cadde a terra lasciando che i membri nel camion facessero piazza pulita attorno a loro.
Nicolas saltò fuori dal camion e sfilò Horatio da dietro la schiena, iniziando a sparare le guardie di don Scotto nascoste. Diana lo afferrò per una spalla e lo voltò sparando alla schiena di lui, mentre Nik si inginocchiò in rotazione sparando alla schiena di lei, colpendo entrambi i nemici che puntavano su di loro.
I due si scambiarono uno sguardo divertiti. E continuarono in giro. "Nik, a destra!" urlò lei vedendo uno che si avvicinava a loro, lei rotolò sulla sua schiena non appena lui si accucciò e con un calcio colpì la testa di uno, nel mentre che Nicolas gli sferrò un colpo sul femore.
Fecero piazza pulita in sintonia come se fossero due agenti segreti che si conoscevano da tanto tempo.
"Bel colpo." Ammise lei a lavoro ultimato. "Già."
"Mi è piaciuto, dovremmo farlo più spesso." Parlò con entusiasmo. "Sì, è stato divertente quando abbiamo preso gli stronzi alle nostre spalle."
"Perché quando ho fatto la ruota su di te?"
"E quando io ho fatto la sponda su di te? Sei forte ragazza, non pensavo potessi reggere il mio peso in volo."
Lei si strinse nelle spalle. "Ricordati che anche io faccio arti marziali." Sorrise guardandolo negli occhi, col fiatone.
I loro volti erano decisamente vicini, ma una voce dolorante li riportò alla realtà.
Don Scotto che si stava trascinando via, come un verme.
Lei sparò un colpo poco al di sopra della sua testa. "Dove credi di andare?" gli chiese in italiano.
"Tu, sei la peggiore delle donne che ho mai incontrato." Disse. "Mai visto donna più subdola di te."
"È un complimento?"
Lui ghignò. "Sì, se sei fortunata e riesci nel tuo intento. Peccato che loro non sanno."
"Sono troppo stupidi per rendersene conto."
Il vecchio si strinse nelle spalle. "Sta di fatto che mi hai tradito."
"Piccolo effetto collaterale imprevisto, ma... stiamo su una scacchiera, la perdita di un pezzo non implica lo scacco matto, anzi. A volte, la perdita di pezzi è una strategia per vincere." Spiegò lei con metafore.
"Ciò non cambia quello che sei... una traditrice." Sibilò. Lei cacciò il sorriso più gelido e serafico che avesse mai potuto cacciare. "Sai che fine hanno fatto Bruto, Cassio e Giuda, i peggiori traditori della storia?" domandò. Lei lasciò il suo sorriso spettrale in volto.
"Ti stupirebbe sapere che ho letto la Divina Commedia in italiano?"
Il vecchio ghignò. "Allora sai cosa ti aspetta."
"Accetterò la mia sentenza a tempo debito, come stai facendo tu ora mio caro Giovanni." Balbettò. "Riposa in pace." Aggiunse mentre lui si preparava.
"Amen." Concluse lui e un colpo netto al centro della fronte lo spense definitivamente.
"Che vi siete detti tutto il tempo?" chiese Nicolas incuriosito. "Parlava di Bruto, Cassio e Giuda e di quanto fosse affascinante la Divina Commedia italiana reputandola la migliore delle opere scritte mai esistite... che puttanata." Commentò lei mentendo. "Patriottico." Sottolineò il moro.
"Beh, possiamo andare a festeggiare ora." Ammiccò lei.


Diana stappò una bottiglia di spumante e tutti attorno a lei esultarono. Riempì i calici di tutti e poi cedette la bottiglia a qualcuno che si occupò di continuare.
Nicolas, Roberto e Josè festeggiarono bevendo e prendendosela con comodo, sapendo di poter abbassare la guardia e che a festa finita sarebbero tornati alla tenuta.
"Andiamo a prendere un po' d'aria qui fa troppo caldo." Propose Josè dopo l'ennesimo bicchiere di spumante. Era sudaticcio, in quel locale del barrio mancava l'aria condizionata rendendolo il classico posto familiare dove si incontravano gli alcolizzati della zona per bere fino allo sfinimento.
"Dove vai?" chiese in tono provocatorio Diana stringendo il braccio di Nicolas che stava seguendo i due amici. "Un brindisi, a noi due e alla nostra prima collaborazione." Fece lei cozzando i bicchieri.
Lui rispose e bevette l'ennesimo calice. Aveva già perso il conto dei bicchieri bevuti, senza contare la musica ad alto volume che lo frastornava ed il fumo delle sigarette che gli entrava in circolo.
Aveva pur sempre ventitré anni e voleva divertirsi quando poteva, soprattutto prima di tornare alla severa vita della tenuta.
"Tutto bene, Roberto?" chiese Miguel al cellulare. "Sì capo, tutto bene. Il piano è andato a buon fine. Don Scotto è fuori dai giochi, definitivamente."
"Ottimo lavoro, ben fatto. Tu e Josè tutto bene?" chiese poi. "Sì sì, Diana ora ci ha portato a festeggiare. José sta..." lo vide vomitare di fronte a lui. "Diciamo che forse ha bevuto un po' troppo." Si limitò a commentare cercando di non ridere troppo a causa dell'alcool.
"Nicolas?"
"Nico..." gettò un'occhiata all'interno del locale cercando di mettere a fuoco con la vista che lentamente si stava offuscando. Forse aveva un po' esagerato anche lui, pensò tra sé e sé. "Sta in dolce compagnia di Diana. I due stanno amabilmente conversando lì."
"Amabilmente conversando?"
"Sì beh, lei le sta facendo gli occhi a cuoricino, gli stringe il braccio, gli tiene la mano, gli sta riempiendo il calice. Non mi stupirei se quei due a breve scopino." Commentò con una risata, ma non sentì più risposta. "Capo?" lo chiamò e guardò il cellulare. Chiamata attaccata. Il biondo si strinse nelle spalle e andò ad aiutare l'amico che stava vomitando.
Nicolas nel mentre era sfuggito dalle grinfie di Diana che lo avvolgeva nei suoi tentacoli cercando di non lasciarlo andare per nulla al mondo
Era in bagno, brillo, col mondo che gli girava attorno.
Le sue orecchie fischiarono per il volume della musica. Aveva la fronte imperlata di sudore, e anche la maglia arancione che mostrava gli aloni scuri trasmetteva l'idea di calore che c'era in quella sala.
Si guardò allo specchio con il sorriso in fronte da beota e si sciacquò la faccia per riprendersi.
Presto sarebbe ritornato da quel sadico bastardo, pensò felice. Il suo sadico bastardo. Si corresse. Mentre l'acqua gelida gli lavava via il sudore.
Sentì dei tacchi in avvicinamento. "Tutto okay?" chiese lei che si fingeva brilla, ma non lo era per niente.
"Sì. Tutto bene." Rispose sorridendole.
La ragazza si avvicinò a lui gettandosi completamente su di lui, facendo combaciare i loro corpi. Alzò lo sguardo e giocò con i suoi ricci. "Mi farebbe piacere se restassi qui con me. Mi sono trovata molto bene."
Nik sorrise. "Anche io..." sospirò. "Ma rispetterò l'accordo che hai preso con il signor Serrano. Al termine della missione sarei tornato come la principale guardia di Miguel, ora che si è ripreso completamente."
"Ma se vuoi... puoi restare. Io ti voglio con me. Hai la massima libertà, puoi fare ciò che vuoi."
"Apprezzo tutte queste attenzioni, Diana, sul serio. Ma..." non sapeva come dirlo; pensò a Miguel. A come lo guardava, a come si rivolgeva a lui con tono dolce e premuroso. Aveva dei modi rudi e freddi, ed era conscio che ritornare da lui significava ritornare in balia del suo umore lunatico, cinico e diffidente, ma lo capiva. E non lo capiva e basta, lo sentiva. Sentiva che non erano così diversi come pensava sin dal principio.
Certo c'era sempre l'inaspettato omicidio del suo 'migliore amico'.
Ma non poteva negare di certo l'attrazione che nutriva per quel ragazzo che era palesemente tormentato dal passato e che quel suo comportamento non era nient'altro che una maschera. Quel ragazzo che viveva sulla luna perché il mondo attorno era troppo crudele.
Eppure lo vedeva, ed era palese che Miguel, proprio come Nicolas, era come l'inverno che si fingeva aprile. Fingeva le proprie emozioni reali per adeguarsi alle aspettative e apparire diverso agli occhi degli altri da come si sentiva veramente.
"Mi spiace, ma non posso." Dichiarò semplicemente sorridendole.
Lei gli guardò le labbra e stava per avvicinarsi quando Miguel fece irruzione in modo prorompente, quasi sfondando la porta.
Nicolas si sentì profondamente a disagio con il corpo di lei incollato al suo, al punto che arrossì talmente velocemente che fu colto da una vampata di calore sulle guance e dietro al collo e alla schiena.
"Levati subito di dosso a lui." minacciò Miguel puntandole la pistola contro, e lei rispose cacciando la sua. "Lo vedi l'anello sulla mia mano? Stai agli ordini, clan inferiore." Esordì con tono aggressivo.
Lei digrignò i denti indignata, abbassò la pistola e se ne andò indispettita. Poi fu la volta di Nicolas.
Lo guardò disgustato, infuriato e con il cuore ghiacciato. "Cosa cazzo stavi facendo, eh?" urlò spingendolo contro il lavandino al punto che urtò con la testa sullo specchio e poggiò i gomiti sulla ceramica.
Sentiva le goccioline di saliva poggiarsi sulle sue labbra mentre lui gli sbraitava contro.
Nik non se lo meritava quel tono dopo tutto quello che aveva fatto per lui, e dopo tutto quello che provava per lui, così reagì spingendo via il suo peso.
"Non ho fatto un bel niente!" urlò. "Non ti fidi mai di me." Aggiunse alzando il tono della voce e sentendo il cuore battergli all'impazzata. "Che vuoi fare? Spararmi? Bene. Fallo cazzo. Sparami come hai fatto con il tuo ex." Esordì.
Il cuore accelerato di Miguel ebbe un paio di palpiti. Ora lo sapeva anche lui.
"Sei proprio una puttana." Ruggì avvicinando il suo volto a quello di Nicolas facendolo indietreggiare e piegare sul lavandino di nuovo.
Nik gli menò un sonoro schiaffo che gli fece girare il volto.
"Sapevo che non avrei mai dovuto innamorarmi di un sadico bastardo come te." Ringhiò per la prima volta ad alta voce con un tono di rabbia misto a tristezza e biasimo per sé stesso.
Stava per andarsene quando il polso gli tirò. "Lasciami." Protestò, ma Miguel lo tirò a sé e lo incastrò in un angolo. "Ti ho detto di lasciarmi!" lamentò con gli occhi che gli bruciavano.
"Cosa hai detto?" gli chiese rilassando le sopracciglia. "Hai sentito bene." Parlò indifeso arrendendosi al blocco di lui, non riuscendo a guardarlo più in faccia, con le guance che ormai erano diventate braci ardenti.
Miguel lo abbracciò e poi poggiò la sua faccia sulla spalla. "Mi dispiace." Tremulò.
"Mi dispiace." Ripetette di nuovo con lo stesso tono di voce rotta. Nik aveva smesso di ribellarsi e si voltò guardandolo negli occhi e lasciando che lui lo baciasse e lo accarezzasse.
La lingua del castano entrò nella sua bocca e le mani andavano ad accarezzarlo ovunque, lasciandosi travolgere dalla passione del momento.
Nik lasciò che la propria mano sbottonasse i pantaloni di lui, e che si strofinassero sui boxer neri, mentre sentiva come gemeva al suo tocco che man mano si faceva sempre più intenso. Nik lo vedeva come si staccava dalla sua bocca per prendere respiri più profondi e poggiava la sua fronte sulla propria clavicola mentre la mano scorreva la lunghezza di lui ad un ritmo sempre più veloce e deciso.
Il moro non ne potette più così gli afferrò il polso bloccandolo e gli tolse la maglia facendola cadere per terra. Gli sbottonò i jeans e si inginocchiò.
Nicolas lo seguì con lo sguardo e si morse un labbro per non emettere suoni non appena vide sparire la propria erezione nella bocca di lui.
Miguel iniziò a muovere la testa su e giù mentre lavorava con la lingua e con le mani accarezzando tutta la pelle liscia e glabra di lui.
"Miguel..." sospirò sentendosi vicino. "Miguel..." lo avvisò affondando la mano nei capelli castani di lui. "Miki." Sospirò soffocando un gemito prima di liberarsi emettendo suoni con la bocca spalancata.
Per un momento gli mancarono le forze, ma Miguel si rimise in piedi per baciarlo e sostenerlo.
Nik approfittò per continuare a toccarlo e a scorrere la sua mano più velocemente possibile e si eccitò di nuovo quando vedeva il volto contorto di lui, mentre ansimava con forza alla ricerca di quanto più ossigeno potesse immettere nei polmoni, e gli tirava i capelli e si manteneva al suo corpo. Nik vide come Miguel era vulnerabile in quel momento, e come gli avesse ceduto il controllo, reputando ancora più eccitante come gemeva e si tirava indietro involontariamente da ogni spinta, era lui che gli stava causando tutto ciò, tutti quei gemiti e quei suoni soffocati, prima che anche lui si liberasse e venisse su di lui.

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