PARTE Seconda
5
"Li hai trovati, Josè?" domandò Roberto da dentro il furgoncino mentre il ragazzo stava lavorando su più schermi simultaneamente.
"L'ultimo segnale li porta qui in mezzo alla foresta, un'ora fa. La batteria sarà morta probabilmente."
"Dunque staranno qui. Perfetto. Squadra di ricerca alfa, vi invio posizione. Procedete verso nordest, squadra bravo voi verso sudovest. Cercate qualsiasi tipo di traccia dobbiamo rintracciarli il prima possibile." Ordinò parlando nell'auricolare.
"E tu dove andrai?"
"Noi andremo verso qui." Indicò sulla mappa. "Adrian ci raggiungerà in posizione."
"Perfetto." Annuì il ragazzo con gli occhiali, alzandosi in piedi pronto ad andare alla ricerca del capo e del collega. "Staranno bene?"
"Nicolas è pieno di sorprese, e ha buone capacità di sopravvivenza. In più sta con Miguel, quindi... spero che non si uccidano a vicenda." Ironizzò lui.
Nicolas e Miguel si svegliarono a pochi minuti di distanza nel retro di un camion, ammanettati con delle maniglie particolari.
Riuscirono a fermare il furgone picchiando le guardie che stavano con loro e gli autisti che si erano fermati per cercare di capire cosa fossero quei tonfi.
Scapparono nella foresta per quasi tutta la notte.
"Merda non posso neanche slogarmi il pollice per toglierle queste." Ammise frustrato sedendosi per terra esausto alle prime luci del mattino.
Una volta ripresi iniziarono a girovagare per tutta la mattinata.
"Siamo già passati da questo punto." Lamentò Miguel colpendo un albero frustrato, sentendo Nicolas fischiettare allegro.
"Cosa cazzo hai da fischiare? Siamo persi. Nel nulla. Non ho la minima idea di dove ci troviamo."
"Beh, se mi avessi ascoltato sin dal principio, magari stavamo già su qualche strada." Pronunciò con soddisfazione.
"Dovremmo evitarle le strade, o altrimenti ci troveranno, genio." Gli ricordò. "Allora continuiamo a vagare nel nulla?" chiese.
"Hai altre idee in mente?"
Lui si strinse nelle spalle. "Beh, diciamo che il tuo peggior sottoposto qui pensa di trovarsi sul versante ovest della montagna."
Miguel si grattò la fronte. "Che ne sai che è il versante ovest?" chiese guardandosi attorno. Nicolas indicò per terra.
"Funghi. Di solito crescono sul lato ovest della montagna che è quello un po' più umido. E poi basta guardare il sole che non si vede ancora bene sulla nostra testa."
Miguel rimase stupito dalla conoscenza del moro. "Ora vorresti seguirmi?" domandò.
"Ehi." Lo bloccò. "Non ho mai detto che sei il peggior sottoposto." Chiarì.
"Okay." fece indifferente mettendosi davanti e iniziando a camminare, conducendo la strada.
Camminarono per ore e la stanchezza, la fame e la sete si fecero sentire.
"Stiamo girando in tondo." Disse col fiatone il mafioso. "C'è dell'acqua nelle vicinanze."
"Acqua un corno, è la quinta volta che vedo quel cazzo di albero storto, non sai veramente dove stai andando."
Nico si bloccò. "Senti un po' se non ti piace dove sto andando, perché non te ne vai per fatti tuoi?" domandò ingenuamente esasperato.
Miguel alzò il braccio dove aveva la manetta legata al suo polso e Nico si sentì stupido.
"Basta, prendo io il comando, andiamo di là."
"No." Si oppose alla tirata. "Andremo di là."
"Ma ci siamo stati prima!" protestò tirando verso di lui e Nico si oppose piantando i piedi per terra, e all'improvviso tirò uno strattone che lo fece scivolare e cadere lungo il pendio della collina trascinando con sé anche il ragazzo con la camicia coreana.
"Cristo, la mia spalla." Lamentò Nicolas mettendosi seduto. "È uscita fuori asse." Notò Miguel che si toccò la testa che aveva sbattuto per terra. Lo guardò preoccupato e gliela toccò.
"Stai fermo, respira. Chiudi gli occhi e al tre, te la metto a posto."
"No, mi farai male."
"Se non la rimetti a posto sarà solo peggio." Lo ammonì. Bruciava da pazzi e si sentiva come se l'osso non era in asse, come se non dovesse essere così in basso.
"Fidati di me." Disse guardandolo negli occhi il riccio. Nico annuì e distolse lo sguardo.
"Okay al mio tre. Ci sei?" domandò. "Vai. Fallo."
"Uno." E la spalla fece crack. Nico strinse le labbra e diede una tallonata per terra. "Brutto figlio di puttana avevi detto al tre."
"Eri tutto teso, cogliendoti alla sprovvista è meglio."
"Vai a farti fottere, questo perché mi hai chiesto di fidarti di te." Gli rinfacciò, Miguel si sentì offeso ma poi una pozzanghera aveva attirato la sua attenzione. "Ehi. Guarda... è acqua!" indicò.
Nicolas guardò in direzione dell'indice del castano e si alzarono contemporaneamente precipitandosi verso quella direzione.
"È un fiumiciattolo, se lo seguiamo controcorrente troveremo un fiume più pulito." Nicolas esclamò entusiasta. "Te l'avevo detto che avevo sentito un fiume." Sorrise.
Miguel sorrise con lui e si incamminarono contro corrente fino a giungere su un grande fiume dove si chinarono per bere.
Il moro si alzò e si avvicinò a dei cespugli con delle bacche e ne mangiò alcune. "Che fai? E se fossero velenose?"
"Sai, a differenza tua io cucino, e lavoro in pasticceria, so riconoscerle delle bacche buone quando le vedo. Tieni." Gli mise in bocca una mora sfiorandogli le labbra con le dita. Il moro masticò scettico. Era dolce e dal sapore un po' asprognolo, ma gli piacque molto. E si fiondò sul cespuglio. Nico iniziò a ridere.
"Che fai, quelle sono acerbe. Ecco. Tieni." Gliene passò una in bocca e poi un'altra ancora.
"Sono deliziose."
"Sono selvatiche, è difficile che i supermercati vengano nei boschi a prenderli, le coltivano nelle serre ed il sapore è diverso un po' più... insipido."
Miguel era affascinato dalle cose che sapeva il moro. Lo guardò sorpreso e ammirò il suo volto come se lo avesse visto per la prima volta.
Aveva la pelle olivastra, i tratti arabi con le ciglia lunghe e il taglio di occhi sottile e un po' a mandorla. Aveva un sorriso perfetto, coi denti dritti e bianchi, gli occhi castani e dai forti riflessi gialli.
"Più avanti mi pare sentire ci siano delle cascate. Ora abbiamo due opzioni. Se seguiamo il corso del fiume, arriveremo sicuramente verso qualche città o villaggio."
"Ma ci troverebbero. Se non ci stanno già aspettando lì." Pronunciò paranoico. "Ma se arriviamo nel villaggio possiamo chiamare qualcuno e farci venire a prendere."
"Non mi fido Nik di entrare in un villaggio." Lo chiamò di nuovo in quel modo così strano che lo
fece arrossire. Distolse lo sguardo perché non poteva reggere il suo di nuovo. "Allora dobbiamo aspettare che ci trovino i nostri. E comunque prima o poi dovremmo muoverci verso la civiltà. La nostra priorità è trovare un posto dove stare, dobbiamo trovare del cibo, e rimanere qui affinché non ci trovino. Tu ce l'hai sempre la tua pistola?"
Miguel annuì. "Ottimo."
"Allora, seguiamo la corrente del fiume a ritroso, il fiume dovrebbe allargarsi un po' di più e dovremmo trovare un po' più di fauna, quindi cibo." Riassunse il piano attuale.
Miguel dovette fidarsi del moro anche perché sembrava sapesse il fatto suo e così fecero.
Nicolas e Miguel si tolsero le scarpe e si alzarono i pantaloni fino a sopra le ginocchia camminando nel fiume contro corrente prestando attenzione a non scivolare tra i sassi lisci. Camminarono per un bel po' finché l'acqua non iniziò a diventare più alta e più forte. Il fiume si addentrava dentro la foresta, ed i due iniziarono a camminare lungo la riva ripida che si distaccava diventando una salita e aumentando l'altezza.
"Woah..." esclamò Miguel a bocca aperta quando vide quella cascata davanti i suoi occhi. "È bellissima." Commentò il moro, anche lui esterrefatto dalla bellezza di quel flusso d'acqua. Non era molto alto e si poteva certamente scalare, però aveva il suo fascino.
Il castano ebbe un'improvvisa voglia di buttarcisi dentro per una nuotata. "Che stai facendo?" disse notando come si stava spogliando. "C'è una cascata, fa caldo, e sono sudato. Mi sembra ovvio."
Miguel lo guardò torvo. "Dai. Siamo qui ormai. Quante sono le probabilità di ritornarci in futuro?" gli chiese. "Ma come faremo con le maglie?" chiese il ragazzo castano preoccupato. "Così." Se la avvolse e arrotolò mettendola dietro la nuca. "Si bagneranno lo stesso."
"E quindi? C'è il sole si asciugheranno subito una volta usciti dall'acqua."
"Io non voglio."
"Certo che sei proprio una mammoletta tu."
"Cosa?"
"Un bambino lagnoso."
Miguel sollevò un sopracciglio e alla fine si alzò la maglia imitandolo e abbassandosi i pantaloni restando solo con le mutande. Nico ghignò contento.
"Ma come facciamo a sapere se è abbastanza profondo da non schiantarci?"
Il moro si strinse nelle spalle e questo fece venire un po' di ansia al castano che voleva tirarsi indietro. "Non voglio più farlo."
Nicolas roteò gli occhi al cielo, poi si avvicinò a lui, e col braccio libero lo abbracciò.
"Che stai facendo?" domandò Miguel che restò rigido a quell'abbraccio. "Fidati di me." Sussurrò all'orecchio facendogli venire i brividi e all'improvviso si lanciò all'indietro, con Miguel che si abbracciò a lui urlando per quei pochi metri.
Impattarono in acqua, gelida. Miguel aprì gli occhi sotto acqua, rimanendo stretto a lui e per quel secondo lo vide ridere. Riemersero poco dopo.
"Sei impazzito?" disse prendendo aria, mentre Nicolas se la rideva di gusto, spingendo i loro corpi più verso la riva dove toccava. "È stato bello però." Commentò il castano sedendosi poi poggiando la testa su uno di quei sassi facendosi baciare dal sole.
Miguel lo guardò ancora sconvolto per quello che aveva fatto, e Nicolas aprì l'occhio verso di lui. "Oh avanti non fare quella faccia imbronciata che poi ti vengono le rughe e si rovina quel tuo bel faccino da mafioso." Lo prese in giro.
"Vaffanculo." Disse schizzandolo in faccia. "Sei un idiota, come facevi a saperlo."
"Senso di profondità, si vede, potrei spiegartelo ma non capiresti lo stesso." Continuò a schernirlo, rivendicandosi in qualche modo, per tutte le volte che lui lo aveva sottovalutato. Da bambino aveva fatto lo scout quindi aveva un minimo di senso di orientamento nei boschi e nella natura. "E poi ti sembro così stupido da lanciarmi da un precipizio sapendo che di poterci uccidere entrambi?"
In effetti non aveva tutti i torti. "Dovresti rilassarti un po' di più, Miguel Àngel ." Dichiarò guardandolo dritto negli occhi.
Miguel gli schizzò di nuovo in faccia e continuò facendolo rispondere con altri schizzi. Iniziarono una guerra come se fossero due adolescenti che si divertivano al mare o in piscina. Al punto che iniziarono persino a ridere, e poi si fermarono perché non ce la facevano più.
Nicolas rideva così tanto che gli faceva male la pancia e le costole e si poggiò sulla spalla di lui. "Mio dio, guarda le mie mani." Fece Miguel dopo un po' mostrandogliele al ragazzo che stava sotto il suo mento. Erano tutte raggrinzite.
"Guarda le mie." Gli mostrò mettendole vicino a paragone. "Hai delle mani piccoline." Commentò il castano afferrando quella del moro per mettere a paragone la loro dimensione.
Nicolas sentì un brivido appena le loro mani entrarono così in stretto contatto e non sapeva se era per il freddo dell'acqua o per quel contatto. Alzò lo sguardo su di lui, con la mascella squadrata e le labbra doppie rosse baciate dal sole che lo stavano guardando.
La mano del castano gli accarezzò la guancia e poi avvicinò il suo volto baciandolo sulle labbra. Nico chiuse gli occhi e si lasciò trasportare dal bacio. Miguel si rese conto di non avergli chiesto il permesso e il flashback della serata gli venne in mente e si staccò subito dopo, lasciandolo così confuso, mentre lui lo guardava come se nulla fosse successo.
"Inizio a provare un certo languorino e ho un po' freddo. Dobbiamo far asciugare le maglie e cercare ancora un riparo." Riassunse con tono distaccato come se quel bacio non fosse mai successo, illudendo il moro al punto che pensava fosse successo tutto nella sua immaginazione.
Pescarono con delle trappole ideate da Nicolas con un po' di legno e delle foglie lunghe resistenti. E vagarono con questi due pesci abbastanza a lungo, finché non trovarono quella che sembrava una roulotte abbandonata nel mezzo della foresta. Nico gli disse di prestare attenzione mentre camminavano in quel posto stretto e chiuso da tempo perché potevano esserci siringhe o oggetti arrugginiti, ed era l'ultima cosa di cui avevano bisogno.
Decisero perciò di piazzarsi fuori dalla roulotte, trasportandosi il materasso fuori da esso con non poca difficoltà, e ispezionandolo per bene, anche al suo interno.
"Prenderò le pulci, già me lo sento." Commentò Miguel sentendosi spossato a dormire su un materasso sporco dove solo Dio sapeva cosa ci avessero fatto.
"Beh o così, o per terra, deciditi. Già così siamo vulnerabili."
"In quella topaia là dentro non ci entro più." Disse dopo averla ispezionata. Aveva solo trovato un coltellino da caccia che si infilò nella tasca. La centralina non funzionava e quindi non poteva far partire il cellulare per chiamare aiuto.
Accesero un fuoco, e cucinarono il pesce, mangiandolo così insipido, senza alcun condimento, ma era pur sempre meglio di niente.
La sera calò e i due si stesero su quel sudicio materasso.
"Devo fare pipì." Si lamentò Nico che era già irrequieto di suo, e Miguel sbuffò afferrando un pezzo di legno che faceva da torcia per fare un po' di luce. Non capiva il senso di andare dietro un albero se tanto si muovevano insieme.
Il moro rise poi. "Che ridi?"
"Nulla, nulla."
"Non tutti abbiamo la fortuna di averlo grosso come ce l'hai tu." Dichiarò stizzato. "No, non era per quello, mi faceva ridere il fatto che tu sia voluto venire dietro un albero come se volessi nasconderti, ma sono praticamente venuto con te."
"Oh."
"Ma ora che me l'hai fatto notare, sì, è un po' piccolo." Sfottette. "Vaffanculo, è diverso quando è in erezione."
"Sì certo." Lo punzecchiò. "E comunque le dimensioni non contano, avercelo grande e non sapere cosa farsene è completamente inutile."
"Stai dicendo che non so come usarlo?"
Nico si spinse nelle spalle e si risistemò una volta finito. "Da quel poco che ricordo non era nulla di eccezionale." Commentò lasciandolo a bocca aperta e trascinandolo verso il materasso.
"Ehi. Guarda." Disse poco dopo facendogli alzare lo sguardo sul cielo stellato. Era bellissimo. Mai vista una visuale così completa.
"Quello è il piccolo carro, e quello è il grande." Gli indicò. "Quelle linee lì, sotto la stella polare sono Orione." Disegnò una figura astratta con il dito. "E quella là a destra è Cassiopea." Indicò.
La verità era che Miguel non vedeva nulla di quello che gli stava indicando, perciò guardò il volto del ragazzo che stava sorridendo.
"Perché guardi qua, le stelle sono lì."
"Sei un ragazzo pieno di sorprese, Nicolas Blanchot." Dichiarò con sincera ammirazione. Lui arrossì. "Non mi conosci per niente, mi hai giudicato troppo in fretta." Ammise.
"Hai ragione." Concordò con lui stupendo il moro che non si aspettava un'affermazione tale. "Mai giudicare un libro dalla copertina. È un errore banale che ho fatto su di te." Dichiarò tornando a guardare le stelle. "Ma anche tu hai commesso lo stesso errore con me." Confessò. Nicolas lo guardò. "Beh, e allora fammi sentire, chi è Miguel Àngel Serrano?"
"In realtà è Miguel Àngel Cipriano Luna y Serrano." Lo corresse. "Cipriano Luna, sembra il nome di un attore." Commentò. Miguel sorrise. "Lo diceva anche mia madre. Luna è il suo cognome. Da bambino ricordo che mi diceva che se fossi diventato un attore avrei avuto il nome d'arte perfetto."
"Attore?" si incuriosì. "Amavo la recitazione, mia madre mi incitava molto ad inseguire il mio sogno. Ho frequentato anche l'accademia di arte e teatro per un periodo da ragazzino, ma poi... mia madre è morta, e con la storia di mio fratello uscito pazzo, e l'altro che già da bambino dimostrava disinteressa per gli affari di famiglia, ." Raccontò in tono malinconico mettendosi la mano dietro la testa.
"Quindi... il sogno nel cassetto di Miguel Àngel Cipriano Luna y Serrano era diventare un attore?"
Lui annuì. "Cipriano Luna, il nuovo volto delle telenovelas spagnole." Scherzò indicando il titolo con la mano libera. Miguel rise. "Saresti stato perfetto per una di quelle serie adolescenziali thriller spagnole che Guillermo guarda, quelle in cui gli adolescenti risolvono un omicidio e nel mentre si trovano in un contesto sociale che non gli appartiene e fanno esperienze sessuali e di vita mistiche che li sconvolgeranno per sempre." Espose la trama generale in maniera molto vaga. "Qual è stato il tuo ruolo preferito?" gli chiese.
Miguel ci pensò su. "Non ne ho avuto uno in particolare, ma ho ricevuto i complimenti dalla direttrice per le mie interpretazioni di Romeo Montecchi e Amleto."
"Posso dire che cliché i ruoli shakespeariani?"
"Sono affascinanti, uno ti insegna la passione e cosa si fa per amore arrivando anche al suicidio pur di stare con la persona amata, e l'altra invece la vendetta e l'onore."
"Uno dei due aspetti ti rappresenta, a quanto pare. Ma l'altro?" chiese riferendosi al primo guardandolo. Miguel guardò negli occhi. "Se mi conoscessi veramente, avresti la risposta a questa domanda." Disse con un barlume negli occhi di tristezza e risentimento, come se ci fosse dell'altro.
"Ma, parliamo di te. Tu cosa faresti? Qual è il tuo sogno nel cassetto?"
Nicolas si imbarazzò. "Oh dai, hai fatto lo sbruffone per tutto il tempo e ora non mi vuoi dire il tuo sogno qual è?"
Iniziò a fargli il solletico sotto le costole e lui scoppiò a ridere. "Va bene va bene... è aprirmi una pasticceria, molto banalmente. Vorrei finire la scuola superiore così che posso iscrivermi ad un corso di pasticceria di Pierre Hermé, e diventare anche un maitre chocolatier." Confessò. "Uau... molto ambizioso."
"Sì, lo so... ma è per questo che si chiama sogno nel cassetto. È lì che deve rimanere, non si avvererà mai ma potrò custodirlo dentro di me."
"Mai dire mai." Sottolineò il ragazzo che ora era così dolce. Sembrava un'altra persona rispetto a quella che si imponeva e dettava ordini. A giudicare dalle parole che gli aveva pronuciato: "Se mi conoscessi veramente, avresti la risposta a questa domanda" e "mio padre mi ha indirizzato verso un altro ruolo" capì che neanche lui aveva avuto un infanzia ed un adolescenza facile. Il mondo era stato troppo cattivo con lui, perciò ora tutto quadrava. I suoi atteggiamenti, il suo cinismo, la sua diffidenza.
Nico si sentiva come se avesse appena composto un pezzo del puzzle.
"Vivi sulla luna perché qui è troppo crudele." Citò attirando la curiosità del moro. "Me lo diceva sempre mia mamma come forma di augurio, ma oggi conoscendoti ho rivalutato questa frase."
"Che intendi?"
"Fai lo stronzo, sei distaccato e freddo, irraggiungibile. Sulla luna appunto. E lo sei perché il mondo in cui vivi è decisamente troppo crudele. È un modo che hai per sopravvivere, ora mi spiego molte cose."
Miguel palpitò quando sentì quelle parole. Ora si sentiva nudo ed osservato. Aveva c'entrato il punto e non osò controbattere.
"Nik." Lo chiamò nel silenzio delle stelle per assicurarsi che non stesse dormendo. "Mi dispiace." Aggiunse. Poco dopo con tono sinceramente dispiaciuto.
"Essere il capo è difficile, e a volte si devono prendere decisioni che non sempre ci fanno piacere. Non volevo umiliarti così, credimi. Sono stato male quando sei sparito, e quando ho saputo che sei stato drogato... io non volevo..."
"Va bene così." Sussurrò in tono stanco, sorridendo. "Non mi devi spiegazioni." Commentò chiudendo gli occhi. "Ora che ti conosco so che hai dovuto agire di conseguenza." Comprese.
"La verità è che..." Miguel rimase in silenzio finché il ragazzo non si addormentò profondamente. "Mi piaci e non so come cazzo devo fare per dimostrarlo a te e non farlo capire agli altri..." confessò sottovoce in tono triste, asciugandosi una lacrima che calò dall'occhio.
Nik sentì quella dichiarazione e voleva rispondere, ma se pure avesse voluto, non avrebbe saputo dire nulla.
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Tilt
ChickLitMiguel Àngel è il figlio di una famiglia mafiosa. Nicolas è un giovane ragazzo che lavora in un diner. Una sera Miguel viene inseguito dai suoi rivali che lo vogliono uccidere, Nicolas assiste alla scena e sebbene all'inizio sembra restio nell'aiuta...