EPILOGO 1

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Epilogo 1Sei mesi dopo...
Miguel camminava con calma verso la sua camera da letto dopo una lunga e stressante giornata di lavoro. Si fermò a metà strada e si toccò sotto il polmone sinistro. La cicatrice gli faceva ancora male ed ebbe un giramento di testa.
Doveva stare a riposo, ma la sua presenza urgeva un po' ovunque visto il ritiro del padre. Certo Guillermo era d'aiuto, ma visti i suoi modi un po' pazzoidi mandarlo in una riunione di riappacificamento tra gang era come gettare benzina sul fuoco per cui doveva sbrigarsela lui.
Aprì la porta del suo appartamento e poggiò Horatio sul tavolo. Si prese un momento sospirando e facendo mente locale tra sé e sé e ripensando a tutto quello che era successo.
"Giornata lunga?" gli fu chiesto.
Miguel alzò lo sguardo verso la finestra panoramica. "Non sono in vena di chiacchiere, soprattutto d'affari. Hai avuto il tuo tempo per parlare oggi." Pronunciò seccato, avvicinandosi ad osservare la visuale.
"Ci sono per caso problemi, signor Serrano?" chiese con tono arrogante.
Lui guardò il profilo finché l'altro non voltò lo sguardo.



"Non so, forse la famiglia inferiore ha problemi con la principale?" chiese poi guardandolo negli occhi.
"Credo di sì, visto il suo atteggiamento dispotico nei miei confronti, devo proprio dirle che non mi piace."
"E quindi? Come intende risolvere la questione, signor Blanchot?" chiese Miguel con tono di sfida.
Il moro sorrise. "Nell'unico modo che ho per tenere la sua bocca chiusa." Parlò malizioso baciandolo e strofinandosi su di lui.
"I medici hanno detto che devi evitare il sesso."
"E da quando noi facciamo ciò che ci dicono i medici?" controbatté pronto.
"Da quando hai queste battute alla mano e questa voglia impulsiva di fare sesso?" chiese Miguel ridendo. "Sarà uno degli effetti collaterali del trapianto di fegato."
Miguel lo guardò con finta comprensione e i due scoppiarono a ridere.
"Ora sei una parte di me." Gli disse toccandosi il fegato. Miguel sorrise e gli diede un bacio sulle labbra.
"Dobbiamo andare, ci stanno aspettando." Gli disse poi chiedendogli la mano.
"Uff... dobbiamo proprio? Io volevo stare a casa." Protestò. "Farlo lì, lì, e pure lì." Cercò di convincerlo.
"Ho anche imparato delle cose col kamasutra." Stuzzicò all'orecchio.
"E sarò contento di vederle tutte quando torneremo." Rispose resistendo alla tentazione e trascinandolo via.
"In quanto capo della famiglia secondaria, mi sento offeso dal fatto che la mia parola non conta niente nella tua decisione testarda di volermi portare fuori." Ironizzò.
"Si si... parla quanto vuoi, ma dobbiamo andare e anche subito o ci ammazzeranno."
"Siamo i capi, che vuoi che ci ammazzino."
Nik rimase immobile davanti alla porta prima di uscire. Miguel
si voltò e lo guardò.
Gli sorrise e poi lo baciò prima di uscire: perché i due si sarebbero promessi di baciarsi ogni volta che sarebbero usciti di casa dal momento in cui avrebbero comandato le rispettive famiglie.


Sei mesi prima, dopo lo sparo.
Rumori di passi in un lungo corridoio.
Il signor Serrano vestiva elegante come sempre, in uno dei suoi completi firmati. Era molto conosciuto all'interno dell'ospedale (di sua proprietà tra l'altro) per le molteplici visite mediche che si era fatto nell'ultimo periodo e per le copiose donazioni che aveva compiuto per mandare avanti il mondo della sanità.
Era considerato da tutti una persona estremamente gentile e soprattutto affascinante e carismatica. C'erano voci di corridoio che dicevano fosse un mafioso, ma a nessuno importava perché la sua magnanimità e la sua filantropia erano ben note all'interno della società.
Passeggiò fino alla camera privata di Nicolas, bussò e poi entrò. Vide il figlio che stava seduto in sedia a rotelle affianco al ragazzo steso sul letto.
"Figliolo, non dovresti stare qui." Gli disse. "Non mi interessa, voglio stargli accanto finché potrò. Gli ho giurato che non gli avrei mai lasciato la mano." Rispose.
"Ma ora sta bene, l'hai salvato con il trapianto di fegato."
"Lo so, lo so." disse lui. "Che ci fai qui?" domandò poi.
"Ecco a dire il vero volevo controllare come stava mio nipote."
"Sta bene, sta riposando ora."
Lui rimase in silenzio. "Speravo di trovarlo sveglio, in realtà dovevo dirgli una cosa visto che la sua dimissione è a giorni."
"Che cosa?" domandò il figlio incuriosito.
"Non è importante, può aspettare." Gli sorrise.
"Che cosa mi deve proporre?" mormorò Nik svegliatosi non appena aveva sentito il suo nuovo zio entrare.
"Oh sei sveglio." Disse Miguel baciandogli la mano. Il riccio gli sorrise e gli accarezzò la testa.
"Posso aspettare."
"Non si preoccupi, sono vigile e attento, posso ascoltarla tranquillamente. E poi... se è venuto fin qui, significa che è importante."
Il signor Serrano sospirò e poi annuì.
"Come sapete visti i recenti accaduti, mio fratello è morto, Diana è ancora in terapia intensiva."
"Non si sa quando si sveglierà?" chiese il figlio. Il padre negò col capo. "Purtroppo no."
Nik e Miki si guardarono dispiaciuti ed il riccio diede una carezza di conforto alla mano del castano.
"La famiglia secondaria è senza un leader, e Paco è ancora troppo piccolo per prendere il comando. Le sorelle non sanno nulla di questo mondo... per cui..."
Il padre gli mise in mano un porta-anelli di velluto rosso. Nik lo aprì ed entrambi lo guardarono confusi.
"In quanto membro della famiglia Serrano, vorrei che tu prendessi in mano il controllo della famiglia secondaria."
Nik si fece una grassa risata, ma vide che lo zio era decisamente troppo serio.
"Davvero?"
"Non scherzo."
"Io? E che ne so io di come si gestiscono gli affari mafiosi?"
"Più delle sorelle di Diana e Paco, sicuramente. Tecnicamente è un diritto che ti spetta."
"Signor Serrano, senza offesa, ma quando le dicevo che non ho intenzione di avere nulla a che fare con questa famiglia, era perché non avevo alcuna intenzione. Anche alle veci di quanto accaduto, non ho alcun interesse nel governare una famiglia, non so neanche come si fa."
"Figliolo ascolta." Disse sedendosi vicino ai suoi piedi. "Possiamo insegnarti tutto. Miguel ti starà vicino, e anzi, nominare te sarebbe un'ottima scelta vista la sintonia che c'è tra di voi. Di sicuro terminerebbe tutta questa faida."
"Non sarebbe più semplice unificare la famiglia?"
Il signor Serrano negò col capo. "Se fosse così semplice non pensi che ci avremmo già provato?"
"Touché." Ribadì. "Comunque, abbiamo bisogno di un leader che non sia della famiglia principale; perciò, tu sei il membro più indicato." Ripetette indicandogli l'anello.
Il ragazzo prese la scatolina e vide l'anello che era simile a quello che aveva Miguel, col sigillo di famiglia, solo che era di un colore diverso.
"No." Rifiutò l'offerta chiudendo la scatola e riconsengandola allo zio che rimase perplesso.
"Sei proprio un testardone osso duro... come tua madre." Sogghignò.
"Mi dispiace, ma l'unico modo che ho per stare in questa famiglia è perché io voglio stare con Miguel e nessun altro."
"Papà, ti prego di non pressarlo." Fece eco Miki guardando il padre che sospirò.
"E se..." iniziò ad avanzare un'ipotesi grattandosi il mento. "Se lo fossi ad interim?"
"Ad interim?" ripetette con tono interrogativo. "Sì, ad interim, finché Diana non si risveglia o Paco non è abbastanza pronto per prendere in mano la situazione."
Nik ci pensò su.
"Sarebbero comunque tempi molto lunghi, Paco è comunque un adolescente, gli ci vorrebbe tempo per apprendere a pieno tutto, e per quanto riguarda Diana è... beh. La situazione a lei è quella che è." Guardò Miguel in cerca di consiglio.
"Piccolo, non devi farlo se non te la senti." Gli disse stringendogli la mano.
"Lo so, ma... se la tua famiglia ne ha bisogno? Cioè non voglio che ora si scateni una lotta interna che si riversi su di te e rischi di perderti... di nuovo." Pensò ad alta voce guardandolo in quei bellissimi occhi verdi.
Miguel non sapeva cosa rispondergli e dopo cinque minuti buoni di silenzio ed una lunga serie di sospiri, Nicolas guardò la faccia dello zio.
"Prenderò il comando di leader ad interim. Ma solo finché uno
dei due non sarà pronto a subentrarmi." Ribadì.
Lo zio sorrise. "Eccellente." Sogghignò prima di alzarsi e di andarsene via.
"Hai sul serio accettato?"
"Sì, Miki. Io sono dalla tua parte. Non dalla famiglia principale o da quella secondaria. Ma dalla tua. Sempre e per sempre." Gli ricordò baciandolo delicatamente sulle labbra.


Circa un anno dopo...
Nik si stava godendo la serata assieme a degli amici di Miguel e delle nuove amicizie che aveva stretto in quel periodo. Su una barca privata, lontani dalle coste di Barcellona. Man a mano che la gente se ne andava con l'avanzare del tempo e il cielo diveniva più buio, dove rimasero solo Esteban, Fabio, la fidanzata e Guillermo.
Miguel li chiamò dietro il bancone dei drink, facendo allontanare il barman.
"Negli ultimi tempi, una certa persona mi ha sconvolto la vita." Annunciò cacciando dei soufflè.
"Insegnandomi molte cose." Ghignò guardando Nik e servendo il primo piatto a lui, decorato con molta minuziosità. Sembrava un dolce preparato dal miglio pasticcere del mondo.
Nik non resistette alla fretta e iniziò ad assaggiare la ganache al cioccolato bianco, il gelato alla vaniglia e la marmellata di lamponi.
"Mio Dio, ma l'hai fatto veramente tu?" pronunciò stupito mentre le sue papille gustative esultavano dalla gioia per i mille sapori coloriti che avvertiva.
Miki sorrise. "Ho provato ogni ingrediente finché non ho trovato il dosaggio perfetto per fare il... corazòn de Miguel." Scherzò lui servendone uno anche agli altri.
Nik aprì il soufflé a metà e il cioccolato fuoriuscì come lava di un vulcano.
"È magnifico." Disse semplicemente.
Miguel trattenne il respiro non appena lo vide prendere un cucchiaio dal pezzo centrale e si scostò subito dal bancone alle sue spalle.
Nik stava assaporando quel pezzo morbido di soufflé e poi sentì qualcosa di duro che gli fece male sotto ai denti. Lo sputò lentamente sulla mano e vide un anello.
Si voltò verso Miguel che stava in ginocchio.
"Nicolas Yves Blanchot." Lo chiamò con un nodo alla gola e il sudore che gli scendeva dalle tempie.
"Vuoi passare il resto della tua vita con me?" gli chiese. Tutti rimasero a bocca aperta.
Nik non sapeva cosa dire, alternando lo sguardo tra il ragazzo in ginocchio e l'anello che aveva in mano. Aveva la bocca aperta e ancora sporca di cioccolato ma non riusciva a dire nulla né tanto meno a chiuderla.
Miguel sentiva che la presa allo stomaco si contorceva sempre di più ad ogni secondo che passava e il ginocchio iniziava a fargli perdere l'equilibrio.
"S-Sì." Disse scendendo e inginocchiandosi per baciarlo. E tutti esultarono contenti.
"Sì." Ripetette più di una volta mentre si baciavano, continuando davanti a tutti come se nulla li potesse tangere, godendosi la felicità del momento.


"Bella serata, eh?" chiese Miki ad un certo punto, raggiungendolo a prua, mentre lui si godeva le stelle ed il vento del mare.
"Sì."
Dopo un paio di minuti di silenzio, Nik fece la sua domanda:
"Notizie di Diana?"
"No. Ho chiamato prima Roberto che sta lì con lei e Paco, ma i medici dicono che a questo punto dobbiamo solo aspettarci un risveglio improvvisato. I medici dicono che le probabilità però sono molto, molto basse considerando il fatto che è passato quasi un anno..." esplicò il ragazzo castano.
"Devo dirti una cosa." Dissero poi entrambi, ridendo. "Sì ecco. Inizia tu." Nicolas cedette la parola a Miguel che iniziò.
"Forse sono stato timido in un altro tempo, ma è stato qualcosa del passato che ora non voglio ricordare. Quando pensai di essermi innamorato mi sono ritrovato in una zona di periferia con i lampioni in glitch in mezzo ad una zona compagnia. Provavo a scacciare la malinconia perché... il mio cervello è andato in tilt dopo che sono stato illuso. E poi... quando ho scoperto la verità, mi bruciava, come se mi avesse aperto in due, mi sono sentito di morire, però sono sopravvissuto andando a vivere in un altro luogo. Diventando freddo come l'inverno e fingendomi quello che non ero. Ho conservato questa, la sua rosa, come promemoria, l'ho vista appassire e ci scrivevo memo tristi sul fatto che non dovessi provare mai più nulla del genere." Parafrasò. Poi lanciò quella rosa nel mare, definitivamente. E Nik sentì un vuoto nello stomaco.
"Io so che sono stato ingenuo nei tuoi confronti, soprattutto all'inizio. Ma ne avevo bisogno. Ti ho detto l'ultima bugia anche quando ci eravamo ripromessi di essere trasparenti, dicendo che sarebbe stato un altro giorno, ma non era così. Tutta questa situazione mi è pesata e come non dirtela e ti devo delle scuse a riguardo. Stare con te, entrare a far parte di questa... cosa è stata una follia. È stato come..." schioccò le dita. "cliccare dentro una vita nuova. Sarò stato vittima della magia dell'amore e lo so, che è un'altra scusa questa ma è così." Aggiunse lui.
"Ti ho voluto troppo bene, e mi ha fatto male, troppo male vederti così sofferente in questo tempo, Miki. Quando... sono stato nel vuoto, c'è gente che vedeva la propria memoria, e chi invece vede luci o angeli... io... ho sentito l'universo... l'universo che ha fatto il tuo nome."
Gli occhi verdi, diventati blu alla luce della luna e di quello scuro, si illuminarono.
"Anche io sentivo l'universo dentro di me che non faceva che chiamarmi il tuo nome all'inizio. Ogni cosa c'eri tu dietro, bella o brutta che sia. Faceva il tuo nome e... ho iniziato a pensare a questo possibile destino assieme. Ti ho fatto del male e Dio solo sa quanto mi dispiace per averti fatto del male... ma ho fatto certe cose per te... è come se..."
"Fossi andato in Tilt per te." Dissero entrambi guardandosi stupiti.
Nik sfoggiò il suo sorriso, uno di quelli che aveva all'inizio di questa storia solo che ora era sincero e vero. Non nascondeva alcun dolore, alcun ripensamento, alcuna preoccupazione, se non amore nei confronti di quello che un tempo era definito un uomo freddo e privo di ogni sentimento.
Miguel avrebbe fatto di tutto per il suo Nicolas, compreso un trapianto di fegato.
I due erano fatti l'uno per l'altro, un'anima divisa in due corpi.
Nik sorrise e poi baciò a stampo Miki, il quale poi si abbassò di poco e diede un bacio sulla fronte del moro, un bacio che era di un altro tipo non era un "ti amo" ma un voglio morire prima di te, affinché io non sia triste nel vedere la tua morte prima della mia, perché non sopporterei l'esistenza senza di te. Era un Ya'aburnee che fu sussurrato nell'orecchio del più giovane e che fu ripetuto a sua volta nell'orecchio del mafioso.
In lontananza a tribordo, Guillermo, che aveva fatto il tifo per loro da molto tempo prima che loro due si potessero rendere conto di ciò che stava accadendo, scattò una foto che inviò al padre dal cellulare.
Il signor Serrano aprì quell'immagine subito e sorrise felice per il proprio figlio e il proprio nipote.
Poi guardò le foto di lui, del cognato, della sorella e di un piccolo Nicolas. Gettò quella foto insieme a tanti altri fogli e un diario nel cestino accanto alla sua scrivania e gli diede fuoco.
"La storia è stata scritta dai vincitori." Proclamò poi sottovoce soddisfatto, riguardando di nuovo la foto dei due ragazzi follemente innamorati.   

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