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PARTE Terza:

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Nik stava tormentando il suo pollice con dei morsi, osservando il ritratto che aveva appena disegnato. Non sapeva neanche da dove iniziare con le indagini, ma sapeva solo che quel volto continuava a vederlo ovunque e puntualmente lo vedeva sparire come se fosse frutto della sua immaginazione.
"Probabilmente sarà uno degli amici di Miguel che avrà rifiutato sai. E che quindi è nei paraggi per farsi accettare." Propose Roberto prendendo del succo all'ananas dal frigorifero mentre lo vedeva tormentato davanti al computer sulla scrivania. "Dici che può essere uno degli spasimanti?"
A quanto aveva capito, Nicolas aveva appreso che bene o male tutti sapessero degli amanti di Miki, solo che nessuno preferiva parlarne. Era una sorta di regola "don't ask, don't tell", non bisognava chiedere né dire nulla sulla vita privata dei Serrano, anche perché nessuno aveva le prove concrete di averlo colto in flagrante, se non solo Nicolas in persona.
"O è un fantasma." Sfottette.
"Ma piantala." Disse Nik chiudendo il laptop e posando il blocco da disegno. "Devo uscire e schiarirmi le idee."
"Non puoi senza permesso." Gli ricordò. "Beh, io devo cambiare aria. In qualche modo." Si alzò di botto uscendo dalla camera.
"Nico, andrai in contro a delle puni... come non detto." Disse Roberto bevendo il succo direttamente dal cartone.


Nicolas riuscì a mentire alla sicurezza esterna usando la sua autorità di capo delle guardie di Miguel e della missione che gli avesse ordinato in segreto.
Era diventato più bravo a mentire, pensò. Camminò verso la città con le mani nella tasca e la testa calata immersa nei suoi pensieri più profondi. Chi era costui che gli stava dando il tormento? E soprattutto perché aveva la sensazione che Roberto gli avesse mentito? Aveva imparato a leggere il linguaggio del corpo, e aveva la sensazione che gli occhi del biondo avessero vagamente riconosciuto quel volto, ma aveva notato anche dell'incertezza nel suo sguardo. Perché non aveva condiviso quell'ipotesi con lui?
Un possibile amante che si era sentito rifiutato ora cercava di dargli il tormento? E com'era possibile che bypassasse gli occhi di tutti ma non i suoi? C'era qualche talpa all'interno?
Si sentiva confuso. Non fidarti di nessuno. Diceva il suo compagno. Avrebbe dovuto indagare, e per farlo avrebbe dovuto cercare degli indizi a partire dal luogo più probabile dove poteva trovare qualcosa: la camera da letto di Miguel.
La sua mente cambiò corrente, e proiettò il volto sorridente e rilassato di Miguel quando uscivano da soli nella più totale privacy, inventando scuse più assurde per non destare troppi sospetti agli occhi degli altri. Arrossiva al solo pensiero di stare con lui. Ai suoi baci, alle sue carezze. Aveva ancora le farfalle nello stomaco. Vedeva una certa ingenuità nei suoi occhi quando faceva certe cose o certi gesti improvvisi come prenderlo per mano, o strafogarlo di baci ovunque su tutto il collo anche nei luoghi con più gente, fregandosene se qualcuno potesse giudicarli o meno, perché erano al di fuori dell'ambiente familiare e lo vedeva nei suoi occhi che si sentiva più a suo agio. Non erano più una guardia e un capo, ma erano due fidanzati. Pensò. "Fianceé." Si ripeteva mentalmente in francese, continuando a camminare con la testa bassa finché non urtò qualcuno.
"Ehi ma guarda chi si rivede! Occhi innamorati." Disse Jed, il barista del locale che erano soliti frequentare con Guillermo.
"Ciao Jed." Lo salutò timidamente.
"Giornata libera oggi?"
"Ehm, no. In realtà non dovrei starmene in giro."
"Oh." Lui si zippò le labbra come a dire che la sua trasgressione era al sicuro con lui. "Come mai da queste parti?" chiese poi lui. "A dire il vero non stavo andando da nessuna parte in particolare, non so neanche dove sono, né come ci sia finito qui."
"Ehi ehi ehi... ti vedo un po' sconsolato amico, che succede?" notò il barista prendendolo per le spalle e cercando di fare contatto visivo invano. "È che sono un po' pensieroso, tutto qui." Ammise grattandosi la nuca.
"Non sarà mica per la storia col tuo capo?"
"No, cioè sì, ma il problema non è più l'innamoramento... quella l'ho superata. Siamo usciti insieme, sai? Ho seguito il tuo consiglio."
"Ottimo amico, ottimo!" gli diede una pacca sulla spalla. "E dunque cos'è che ti affligge?"
Nicolas non sapeva se dirgli la verità o meno. Prese un lungo respiro e si grattò un sopracciglio col pollice, e vuotò il sacco cercando di essere il più vago possibile.
"Magari è uno spirito." Ipotizzò lui. "Qualcuno che ti vuole mettere in guardia. O vuole avvisarvi."
"Stronzate."
"Oh non sottovalutare la natura divina delle cose. Noi non siamo di questo mondo, sai?" filosofeggiò iniziando ad ingranare in un discorso cattolico sulla creazione e l'esistenza di Dio. Anche Nicolas credeva nell'esistenza di Dio, ma era da un po' che non entrava in una chiesa. Jed gli raccontò dell'esperienza che aveva vissuto riguardo un tizio che lo stava seguendo per un bel po', praticamente la stessa esperienza sua. Non aveva mai visto quella persona e poi scoprì essere suo nonno morto da giovane tramite qualche fotografia che aveva scoperto a casa della nonna. E quando lui raccontò la storia a lei, lei sorrideva e diceva che il nonno aveva giurato sin da subito che avrebbe difeso la sua famiglia e che ci sarebbe stato nel momento del bisogno, anche da morto.
Le parole erano così convincenti che Nico cedette e ci credette, perché in effetti, una persona seria come Jed perché avrebbe dovuto inventare una storiella stupida e insensata?
"Dio è la luce e la via. Va' da lui, parlagli. Vedi che ti ascolta e saprà consigliarti visto che sei così pensieroso." Consigliò indicandogli la cattedrale alla fine della strada. "Non sono sicuro che Dio possa ascoltare le preghiere di una persona come me." Parlò riferendosi al suo mestiere.
"Dio ascolta le preghiere di tutti, non fa differenze con i suoi figli, quindi va'. Provaci. Cosa ti costa spendere cinque minuti in una chiesa? Tanto sei qui." Lo spronò. Lui annuì e lo salutò.
Entrò in chiesa, scarsamente illuminata, e si sedette nella panca.
Si ricordò di farsi il segno della croce e si mise in ginocchio, poggiandosi coi gomiti sulla panca di legno di fronte.
"Ebbene sì. Sono qui. Dopo tanto tempo." Momento di riflessione. "Vorrei che mi dessi che ne so, un consiglio... sai riguardo questa situazione. So che quello che sto facendo ora non è giusto, ma lo devo a mio fratello, ho solo colto un'occasione che mi è stata offerta, credimi non ne vado fiero neanche io. Però... questa storia ha avuto un risvolto positivo, mi sono innamorato e anche tanto. È così bello... ma... c'è qualcosa che non va. Me lo sento dentro. C'è qualcosa di sbagliato in questa situazione, e ho la netta sensazione che c'entri questo strano tipo che ho attorno. Vorrei indagare, ma dovrei agire alle spalle di Miguel e questa cosa non mi piace. Roberto è vago, e dice che non posso fidarmi di nessuno e questa cosa mi insospettisce e mi dà ancora più tormento. Secondo te, è giusto che io indaghi?" chiese aspettandosi una risposta, un segno. Una candela che si spegneva, un soffio di vento più forte, un rumore, qualsiasi cosa.
Niente.
Silenzio più tombale. Una cattedrale così grande e così silenziosa. Neanche un prete che passava per controllare.
"L'ho detto che era una perdita di tempo." Disse alzandosi in piedi sconfortato, e girandosi per andarsene quando un'ombra dietro una colonna attirò la sua attenzione. Riguardò di nuovo in quella direzione e vide quel volto. "Ehi!" lo chiamò ed il volto sparì e iniziò a correre via.
Nik non corse subito, fu come se non fosse certo che quello fosse un fantasma o una persona reale, e quando prese coraggio decise di corrergli incontro, e seguirlo per tutta la cattedrale.
Corse così per la sagrestia, e per il seminterrato, addentrandosi tra i vicoli labirintici di quelle che erano delle catacombe, svoltando nei vari corridoi di roccia scavata con crani e ossa umane ordinatamente sistemate e impilate per terra e sulle mura. "Fermati!" gli urlò, ma l'ombra nera continuava a scappare e a fuggire.
Nicolas inciampò per terra e cadde, perdendolo di vista. "Merde!" imprecò in francese frustrato. Si rimise in piedi. Aveva il fiatone e si pulì i vestiti sporchi di polvere.
Non sapeva se quello fosse un segno o meno, ma quell'episodio gli fece capire che avrebbe dovuto indagare a costo di tenersi all'oscuro di Miguel decidendo che fosse la cosa migliore per entrambi così che non avrebbe alimentato le sue paranoie sulla talpa, né tantomeno sarebbe passato come pazzo agli occhi suoi.


Miguel entrò nel suo appartamento, allentò la cravatta mentre lentamente si dirigeva verso la sua camera da letto. Si fermò in cucina dove si versò da bere e con il bicchiere in mano entrò nella stanza. Alzò le tende per la vista, e aprì l'acqua della vasca decidendo che aveva bisogno di un meritato riposo per distendere i nervi tesi che aveva tenuto nell'ennesima riunione della sua vita impegnativa.
Andò nel bagno privato per spogliarsi, ma quella che era una sensazione di essere osservato e di sentire una presenza nel suo appartamento divenne reale quando sentì un fruscio impercepibile. Erano delle scarpe che strisciavano molto lentamente sul suo pavimento. Lentamente estrasse la pistola da dietro la schiena, e acuì l'orecchio per precisare la posizione dell'individuo. Era proprio nella sua camera da letto, ed aveva la sensazione che stesse pure lì vicino.
Uscì di scatto puntando la pistola. "Oh ehi vacci piano." Ammonì Nik sorridente.
"Che cazzo ci fai qui?" domandò teso abbassando la pistola, e rilassando tutti i suoi muscoli. "Mi mancavi." Gli disse.
"È per questo che ti ho dato un cellulare con il mio numero sopra. E poi stavamo parlando fino a cinque minuti fa."
"Sì, ma non... 'mi mancavi'. Mi... mancavi." Disse cambiando tono rendendolo più ammiccante e sensuale. Miguel alzò un sopracciglio, interessato alla proposta.
"So che sei uscito senza il mio permesso." Domandò poi incrociando le braccia e poggiandosi sul muro, rendendolo così attraente in quella posa da modello. "Lo so... lo so... devo chiedere il permesso per uscire ma... diciamo che l'ho fatto per una giusta causa." Rispose poi facendo un gioco di scambi nella sua tasca e lanciando una cosa sul letto.
Miguel si avvicinò e la guardò sorpreso. "Lubrificante gel gusto mango?"
"Sì beh... visto che ultimamente stiamo sperimentando cose nuove come le uscite al bar, in pubblico, al cinema eccetera... magari potremmo sperimentare anche cose nuove sai... qui. Sul letto." Provocò sudando freddo e sorridendo malizioso.
Miguel lo rigirò tra le mani. "Mango è il tuo frutto preferito, eh?"
"Dopo il frutto della passione." Si avvicinò a lui per baciarlo sotto all'orecchio facendolo gemere. "Dovevi chiedere comunque il mio permesso per uscire a comprare una cosa del genere, non ti avrei detto di no." Pronunciò il castano con tono freddo.
"Volevo fosse una sorpresa." Continuò a mordicchiarlo nell'esatto punto dove gli faceva solletico e dove voleva allontanarlo perché era un'insopportabile tortura, ma al contempo gli piaceva così tanto che inclinò la testa dal lato opposto per lasciargli più spazio.
"Dovevi comunque chiedermi il permesso."
Nik si fermò e lo guardò negli occhi. "Oh no... e che vorresti fare? Punirmi?" chiese con sguardo provocatorio perdendosi in quegli occhi che in quel momento nelle luci soffuse sembravano grigi tendenti al blu.
"Non mi piacciono le sorprese se non le ordino io."
"E che sorpresa sarebbe stata? Mi sono dovuto anche intrufolare qui in camera tua, trovandomi una pistola puntata contro... e non quella che speravo io..." continuò a provocarlo poi andando a toccarlo proprio in quel preciso punto facendogli scappare un grido soffocato.
"Non farlo mai più."
"Altrimenti?"
Miguel lo spinse violentemente sul letto e Nik cadde sui gomiti guardandolo divertito. Si spogliò di fretta e spogliò di fretta anche Nik, che iniziò a rilassarsi.
Sì. Era decisamente migliorato con le menzogne.


Tornò in camera sua, e vide Roberto davanti al PC assorto. Prese il foglietto di carta piegato e glielo lanciò sulla scrivania, catturando l'attenzione del biondo che lo aprì e il suo volto si schiarì.
"Dunque, devo tirarti le parole di bocca?" chiese Nicolas con tono abbastanza scazzato. "Nico. Lui è Francisco Silva. Quello che tutti sospettiamo sia il suo primo amante. Quello che Miguel ha ucciso per averlo tradito. Non puoi averlo visto, Nico. È morto." Esordì Roberto guardandolo negli occhi.
E quando pensò di essere riuscito a risolvere una domanda, gliene sorsero altre. Doveva veramente pensare che fosse un fantasma quello che aveva visto? Era possibile fossero vere le parole dell'amico Jed?


Aveva passato due notti insonni, tormentato dal pensiero del passato di lui. Da quel volto che non gli dava tregua e che giurava di aver visto e riconosciuto dal vivo.
"Ehi." Lo chiamò abbracciandolo da dietro e baciandogli una spalla nuda, mentre lui era in piedi a fissare il magnifico paesaggio.
"Tutto bene?" chiese il castano mentre continuava a baciarlo. "Sì." Gli sorrise, pensando a quella foto e a quel volto. "Mi hanno invitato ad un ballo di gala, sai." Cominciò a conversare. "La cosa divertente è che non so ballare." Disse poi lui.
Nicolas riuscì a distrarsi per un momento. "Non sai ballare?" gli chiese. "Sì in coppia, i valzer queste cose così... non ne ho la minima idea."
"Sai vero che è buon galateo partecipare."
"Lo so. E so anche che devo invitare qualcuno a ballare, in particolare devo cercare di invitare la figlia dell'organizzatore dell'evento per accattivarmela."
"Posso insegnarti qualcosa se vuoi." Propose poi. "Sai ballare in coppia?"
Nico strinse le spalle. "Me la cavicchio. Metti un po' di musica classica dai." Gli propose.
"Allora, prima cosa la posizione delle mani. Mano sinistra qui, e la destra va qui sulla schiena per te che sei maschio e che conduci. La ragazza la metterà qui sulla tua spalla." Gli mostrò guidandolo. "Ora prova a seguire i miei passi." Nico iniziò con dei semplici passi, un paio a destra e un paio a sinistra.
"Esatto. Concentrati sulla musica, senti il ritmo e chiudi gli occhi. Proprio così. Sincronizza il passo ogni volta che senti il ritmo scandirsi, e muoviti con la stessa velocità del tempo. Vedi? Qui è andante il tempo. Un, du, tre e... di nuovo un, du, tre... esatto bravo."
"È complicato, sto cercando di non inciampare sui miei stessi piedi."
Nicolas rise mentre continuava a ballare con naturalezza. "Come diavolo fai a stare ancora in piedi, ti sto massacrando. "Non ti preoccupare. Ci stai pensando troppo. Lo sento... sei tutto teso, sciogli un po' le spalle. Sì, la postura dev'essere diritta ma rilassata." Suggerì cercando di massaggiarlo per tranquillizzarlo.
"Bravo, e ora..." Nicolas si allontanò e voltò su sé stesso senza mai lasciare la mano di Miguel. "Esatto. E riprendiamo coi passi. Un, du, tre. Te la cavi bene."
"Le arti marziali sono molto più semplici."
Nicolas rise ancora una volta e si lasciò andare appoggiandosi completamente su di lui. "Dove hai imparato a ballare così?" chiese Miguel ispirando il suo odore.
"Mia madre quando ero piccolo. Spesso quando faceva le pulizie a casa la vedevo ballare e ballavamo assieme. Anche lei e papà ballavano assieme. Sembravano una di quelle coppie che ballano da anni, c'era così... sintonia. I loro cuori battevano in sincro. Si vedeva come ognuno di loro ballasse seguendo l'altro. Esistevano solo loro e nessun'altro, nessuno poteva perforare la loro bolla... fino a quel tragico giorno."
"Oh."
"No ma va bene, tranquillo. In ogni caso, da mamma ho imparato a ballare e poi anche un po' in discoteca con i pezzi latino-americani. Anche se in discoteca ci andavo principalmente per rimorchiare."
"Quindi non hai fatto il mitico ballo di fine anno, o il met gala universitario."
"Nossignore, nulla del genere. Ti ricordo che io la scuola non l'ho neanche finita." Gli fece presente poi distaccandosi una volta finita la seconda canzone. "Secondo me ce l'hai un bel passo. Devi sono concentrarti sulla musica ma non troppo."
Miki arrossì per il complimento e perché aveva appena realizzato quello che aveva appena fatto con Nicolas. Quella stretta e quell'intimità... gli mancavano da tempo.
Nicolas vide il punto da cui aveva rubato la fotografia e per non destare troppo sospetto guardò la rosa con le spine appassita.
"Dovresti cambiarla quella rosa, è un po' spenta." Commentò accarezzandola poi. "No. È così apposta. L'ho fatta immortalizzare a posta." Disse poi guardando quello che era il suo monito.
Nik vide come il suo umore era cambiato all'improvviso, e questo gli fece aumentare il numero di domande che stava cercando di porre a Miguel da quando era entrato, ma si sentiva anche molto violatore della privacy del capo.
"Immortalizzare una rosa appassita? Con le spine?" chiese stupito. "Sì."
"Che sciocchezza, magari sarebbe ora di camb..."
"Puoi tornare in camera tua ora." Lo congedò freddo. Nik lo guardò confuso e poi rivide quello sguardo, come se fosse un estraneo.
Qualcosa era scattato nella sua testa, ed era sicuro che avesse a che fare con quella rosa.
Nicolas non replicò neanche e se ne andò stranito e un po' dispiaciuto.
Si avvicinò alla rosa, sfilandola dal vaso di cristallo bianco. La prese con delicatezza accorto a non pungersi con le spine come faceva un tempo. Osservò i petali appassiti di un colore bordeaux spento.


"Hai visto? Ti ha salutato di nuovo." Disse Esteban mentre si limava le unghie in aula mentre aspettavano che il professore arrivasse.
"Non capisco perché insista a salutarmi." Rispose Miguel facendo finta che non gli interessasse, mentre sfogliava le pagine del libro. "Sul serio, Miguel? Sul serio?" gli chiese Esteban rimettendo i piedi per terra e sedendosi più composto. "Ti sta salutando da un mese. Con tanto di nome. Ciao Miguel Àngel. Ciao. Hei. Ciao." Imitò la sua voce. "Secondo te cosa vuole dire?"
"Non lo so, Esteban. Cosa vuol dire?"
Il ragazzo roteò gli occhi al soffitto. "È interessato a te, evidentemente no?"
Miguel rise. "Divertente."
"Avanti, credi che ogni volta che ti trovi il magico caffè sul tuo posto siamo noi ad offrirtelo?"
Miguel spalancò gli occhi. "Mi stai dicendo che ogni mattina che mi trovo il caffè lì è offerto da lui?" chiese stupito. "Io non prendo il caffè, caro. Mi fa venire la tachicardia e lo sai. E Fabio arriva sempre in ritardo. Quindi chi altri può magicamente fartelo trovare lì?" gli fece notare riprendendo a limarsi le unghie.
"Ora sono decenti. Comunque, secondo me dovresti andargli vicino."
"Cosa? E perché?"
"Oh mio dio... ecco Fabio. Fabio se una ragazza ti saluta e ti fa trovare il caffè ogni mattina al tuo posto qui all'università, le andresti vicino per ringraziarla?"
"Stiamo parlando di Occhi a Cuore e di Miguel? Per quanto mi riguarda: ovvio. he domande fai." Disse poi guardando la ragazza che era appena entrata in aula, seguendola con lo sguardo fino a dove si era seduta.
"Oh mio dio, avete scopato vero? Ecco perché fai sempre tardi." Disse dandogli uno schiaffo sulla pancia. "Ahia sta' fermo." Criticò. "Comunque ha ragione Esty, dovresti andargli vicino, vedi cosa vuole."
"E che gli dico?" chiese Miguel confuso grattandosi la testa coperta da capelli lunghi come il taglio di Justin Bieber da bambino. "Grazie per i caffè. Chiedigli il nome. Insomma, non mi venire a dire che non sai fare pubbliche relazioni che stai a fare questo da quando eri in fasce praticamente."
Miguel sbuffò. "Muoviti!" lo incoraggiarono facendolo alzare. Lui si mise in piedi e si avvicinò al ragazzo con la testa china sul libro che stava studiando. Parlarono per buoni cinque minuti e poi tornò a posto.
"E quindi?" chiese Esteban. "Ci vediamo a casa sua a studiare per l'esame."
"Wow... hai ottenuto un appuntamento alla prima botta, incredibile."


"Ti ho preso un po' di the." Disse giungendo nel giardino con un vassoio. Miguel lo baciò sulle labbra. "Ti amo." Disse il castano mentre lo osservava sedersi vicino a lui per riprendere a studiare.
"Manca poco alla laurea eh, nervoso?" chiese Cisco accarezzandogli la testa. Il moro poggiò la testa sulla spalla di lui e sospirò. "Sì, un po'. Anche se non mi preoccupa minimamente ti dico la verità. Ho altre priorità."
"Tipo scegliere la magistrale? Io stavo pensando di andare in Francia, alla Sorbonne."
"No. Lo sai... sono vincolato qui. Ho degli affari da dirigere qui, papà ha bisogno di me."
Cisco continuò ad accarezzarlo. Miguel si sentiva così felice e in pace con sé stesso nel mostrarsi vulnerabile con il suo ragazzo. Con lui si sentiva a proprio agio, poteva abbassare la guardia, non doveva avere paura di niente e di nessuno.
"Dovresti iniziare a vivere il tuo sogno e a pensare un po' più a te stesso, Miki." Sussurrò baciandogli la testa. "Lo so, lo so... ma è la mia famiglia. Conta molto per me."
"Capisco. E quindi ce ne staremo a studiare qui la magistrale?" chiese.
Miguel si alzò e lo guardò stupito. "E la Sorbonne?"
Fece spallucce. "L'importante è stare con te. Se tu stai qua, non ha senso andare di là, da solo. In mezzo ai francesi. Potrei trovarmi un bel francesino."
"No ti prego... odio i francesi. Sono tutti così arroganti e presuntuosi. Si credono i padroni del mondo."
Cisco rise. "Non devi stare con me per forza qui. È giusto che uno di noi intraprenda la propria strada."
"E lo farò, mi frequenterò una magistrale diversa dalla tua, contento? Così però non posso più averti a lezione dietro ai banchi a fare quelle cose che ti piacciono tanto... che peccato." Provocò sul momento baciandolo e poi scivolando con la mano sul pacco.
Faceva molto caldo quella giornata di piena sessione estiva di studio. Erano sudati entrambi, ma l'attrazione che aveva Miguel per Francisco era troppo forte perché un po' di afa potesse abbatterli.


"Ad Maiora!" esclamò Cisco vestito con la toga andando ad abbracciare Miguel, anche lui in toga. "Ce l'abbiamo fatta!" esultò saltando in braccio al ragazzo dai capelli scuri. "Ce l'abbiamo fatta!"
"Mettetevi in posa!" gridò Esteban con una polaroid in mano, e scattò la foto nel preciso momento in cui Cisco e Miguel si baciarono.
"Questa la metto qui." Disse la sera più tardi dopo la festa incorniciandola e mettendola sul mobile. "La terrò con me per sempre." Disse poi baciandolo.
"L'abbiamo fatto assieme... di nuovo."
"Una seconda volta. Dottor Silva."
"Una seconda volta... dottor Serrano." Scherzarono. "Sai... stavo pensando... che forse... potremmo andare avanti con la nostra relazione orm-"
"Voglio che tu venga a vivere con me." Concluse la frase Miguel interrompendo Cisco, lasciandolo stupito. "Io wow... era quello che stavo per dirti..." disse Cisco contento.
"Era da un po' che ci pensavo." Confessò sorridendo. Vide il ragazzo incupirsi all'improvviso. "Che c'è?"
"No è... che stavo pensando ad una cosa."
"Ovvero?" chiese il castano preoccupato. "Voglio fare una follia. Andiamo... andiamo insieme in una casa di periferia. Ora. Partiamo per un viaggio così, dai. Un viaggio post-laurea tuo padre capirà."
Miguel ebbe un dubbio. L'idea era folle e gli piaceva, ma non sapeva se poteva abbandonare la sua postazione di lavoro così all'improvviso senza preavviso. Ponderò bene l'idea mentre Cisco lo persuase tutta la notte.


Le strade di campagna erano sempre così belle. Cisco pedalava lucido per aver alzato un po' il gomito al bar della cittadina vicina. Una strada che attraversava il bosco, coi lampioni arancioni posti a metri di distanza l'uno dall'altro, che erano in glitch per la scarsa connessione di corrente che li attraversava.
Era passata più di una settimana da quando aveva lasciato casa, e aveva vissuto il meglio della sua vita, pensava il castano mentre si faceva portare nel suo villino in quella zona che non era decisamente l'habitat dov'era cresciuto ma dove voleva crescere poi in futuro.
Inspirò profondamente l'aria fredda della notte e si tenne stretto appena Francisco imboccò il sentiero verso il loro cottage. L'erba alta si muoveva come un tappeto argentato al soffio del vento ed aveva un movimento quasi ipnotico. Era tutto così perfetto, pensava lui. Eppure, c'era qualcosa di strano, pensò Miguel. La direzione del vento cambiò e sentì un brivido di freddo scendergli lungo la schiena. Decise di scacciare via quel pensiero malinconico e si concentrò sugli ultimi metri.
Miguel scese dalla bicicletta e Cisco la lasciò cadere per terra inginocchiandosi poi su un cespuglio. Il castano entrò in casa e mise il cellulare in carica che aveva la batteria completamente morta. Lo accese.
Il ragazzo dai capelli scuri lo abbracciò di schiena e gli diede una rosa che il castano afferrò e si punse. "Ha le spine." Commentò succhiandosi il pollice e l'indice.
"Mi sono dimenticato di toglierle scusa." Si scusò baciandolo sulle labbra. "Vado a farmi una doccia, mi raggiungi?" lo informò poi andandosene.
"Tra poco." Rispose distrattamente leggendo una serie di messaggi da parte di Pedro e delle altre guardie del corpo. Compose il numero.
"Capo tutto bene?" chiese quasi urlando. "Sì, sì... ma che sono tutti quei messaggi? Non hanno senso..."
"Capo, dov'è Francisco Silva?" chiese in tono serio. "Sta sopra si sta facendo una doccia, ma perché? Che sta succedendo?"
"Non si muova da lì, sto arrivando da lei sono in macchina, una decina di minuti."
"Pedro. Cosa sta succedendo?"
"È un traditore capo. Ha venduto i suoi segreti di famiglia agli italiani. Hanno attaccato il signor Serrano. Hanno cercato di farci fuori. Io ho indagato per conto di suo padre su di lui e ho scoperto che è un traditore, per poco non ci hanno. L'ha raggirata signore. L'ha usata." Spiegò.
Miguel rimase lì, in piedi con la rosa stretta nella mano e le spine conficcate nella carne. Rivoli di sangue scorrevano tra le dita e goccia dopo goccia cadevano sul pavimento.
Tremò per un momento e sentì un dolore in petto talmente forte che stava pensando di avere un infarto. Attaccò il cellulare e si mise la mano sul cuore come se volesse strapparlo via per non provare quella fitta più lacerante di quella che provava il suo palmo con la rosa in mano. Era talmente sconvolto che non sapeva neanche come sentirsi, sapeva solo che faceva in male, e si sentiva bruciare per intero.
Gli facevano male i muscoli della faccia sentendo che aveva le guance rigate dalle lacrime di dolore.
Il rumore dei passi di lui al piano di sopra lo riportarono alla realtà. Prese un sospiro profondo, si pulì le lacrime ed il naso e si spense.
"Oh ti stavo aspettando in doccia come mai non sei venuto?" chiese mente si asciugava tenendolo di spalle. "Una chiamata di lavoro." Rispose freddo.
Vide come il compagno si irrigidì. "Spero nulla di serio."
"No, nulla di serio... mio padre è stato aggredito, colto di sorpresa da una gang che gli ha teso un imboscata."
Francisco si bloccò completamente. Poi si girò preparando una faccia sconvolta e quando lo fece si trovò una pistola puntata davanti.
"Che? Che fai?" sbiancò.
"Dovevo essere lì con mio padre." Balbettò. "Miki. Abbassa quella pistola. Miki..." lo persuase con tono dolce, e ad ogni volta che lo chiamava in quel modo sentiva un dolore lancinante nel petto che gli faceva venire le vertigini e gli faceva sudare freddo, ma la sua mano era ferma, di ghiaccio.
"Mi hai pugnalato alle spalle."
"No, io non ho fatto nulla del genere."
"L'ho scoperto già, Francisco Silva. So che hai preso accordi con l'altra mafia... in tutto questo tempo sei stato un doppiogiochista che mi ha usato per i suoi scopi."
"No Miki ascolta io..."
Miguel sparò un colpo in petto. Il ragazzo raccolse le mani sul punto perforato e lo guardò barcollando all'indietro e cadendo per terra in un tonfo pesante.
Il castano singhiozzò cadendo sulle sue ginocchia che avevano ceduto al peso della delusione, non realizzando quello che aveva appena fatto.
Poco dopo entrarono in casa Pedro e Alejandro, seguiti da altre guardie del corpo e la cugina Diana che si stava assicurando se stesse bene.


"Mi dispiace per te, Miguel." Disse Esteban abbracciandolo, senza essere ricambiato. "Dovresti sbarazzarti di quella rosa." Propose Fabio guardandola.
"No." Parlò in tono freddo. I due amici si guardarono. "Mi ha dato una rosa come suo ultimo gesto, e io la guarderò appassire."
Una rosa che appassiva era il simbolo perfetto per osservare una cosa così apparentemente bella come la sua relazione che stava appassendo, un po' come lui in quel momento. Si sentiva un fiume in piena di emozioni, che stava cercando di reprimere come meglio potendo, sprofondando negli artigli del demone del cinismo e della paranoia totale. Quella rosa era piena di spine che lo continuavano a pungere ogni volta che la toccava, come monito del dolore che quella bellezza gli aveva provocato.
Fu in quel momento che il ragazzo cambiò completamente il suo temperamento per sempre, decidendo di diventare più duro e severo con chiunque avesse attorno, imparando a rifugiarsi lontano da quel mondo crudele, così che non dovesse provare più nulla in vita sua.
Nessun'altra distrazione, ora contavano solo e soltanto la sua famiglia e gli affari della sua famiglia.

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