Capitolo 53. Bodie

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Io e Ryss lasciamo la festa prima degli altri. Scrivo un SMS a Maxine, promettendo di parlare con lei e Seth. Credo di dover loro delle scuse per il casino che abbiamo fatto.

Raggiungiamo a piedi la mia auto, ma andiamo via solo quando Maxine mi assicura che lei tornerà all'albergo con Seth. Io e Maxine avevamo preso due camere separate, per la sera della festa, così torno nella mia insieme a Ryss, che intanto si sta riprendendo dalla sbornia. È pesante questa, ha detto di aver bevuto anche della Vodka.

Guido con calma, tanto non abbiamo fretta, e ridiamo tutto il tempo. Non ne potevo più del silenzio, dei viaggi da solo, dei pomeriggi senza Ryss. Mi mancava, perché non c'è nessuno che mi capisce come lui.

Arriviamo in albergo e ci chiudiamo nella stanzetta un po' angusta. Ha le pareti bianche e il copriletto azzurro, assomiglia un po' alla camera di John, il fratello di Ryss, dove mi ero sistemato dopo essermene andato di casa.

«Siediti. Ti porto qualcosa da mettere nello stomaco» ordino e raggiungo il cassetto in cui stamattina ho lasciato dei Crackers, per sicurezza, nel caso fossi tornato sbronzo dalla festa. Li porto sul letto dove si è seduto Ryss e cominciamo a mangiarli, anche se così sono un po' secchi.

«Mi dispiace per quello che ho detto» esordisce dopo un po', bevendo un sorso d'acqua. Sembra che si sia ripreso. «Io ero fuori di me».

«Lo so».

«Non mi sentivo...Come dire? Abbastanza, di fianco a te» sospira.

Non so se voglio andare avanti in questo discorso, ma so che è necessario. Non voglio che rimanga niente in sospeso.

«Tu sei sempre uguale, non sei cambiato da quando abbiamo firmato con Waltz» riprende. «Sei sempre educato, amichevole, e io non sono affatto così».

«Questo non è vero» protesto, ma lui mi ignora.

«L'unica cosa che avevo erano le mie canzoni. E, non so, credo che vederle attribuite a te mi abbia fatto andare fuori di testa. Mi dispiace».

«Dispiace anche me. Non avrei dovuto dire le cose che ho detto. Non le penso, sappilo».

«Neanche io penso quello che ti ho urlato contro».

«Ero arrabbiato e ho esagerato. Mi dispiace tanto».

Si allunga per abbracciarmi di nuovo e per poco non mi metto a piangere.

«Okay» mi passo rapidamente una mano sulla faccia. «Adesso, le cose importanti: cosa stavi raccontando alla festa?» ammicco mentre il suo volto si tinge di rosso.

«Sono successe tante cose in questi mesi, non ne hai idea» sorride.

«Raccontami tutto» incrocio le gambe e riprendo a mangiare. Anche io ho tante cose da raccontare e, mi rendo conto, non vedo l'ora di dirgli tutto.

«Ho conosciuto una ragazza» spiega. «Ci siamo sentiti per un po' e...Beh, una sera è successo».

«E com'è stato?» fremo di curiosità.

Ormai ho quasi vent'anni e ancora non ho fatto sesso. Non che sia una gara, ma a volte sento un desiderio, nella pancia, di provare questa cosa che nelle canzoni è la più bella del mondo.

«Veloce» risponde con una mezza risata. «Più di quanto mi aspettassi».

Mentre ride, gli mollo un cazzotto sul braccio. «Dico sul serio».

Si fa un po' più serio. «È stato bello. Un po' strano, e umido, e lei non mi ha più chiamato. Però voglio rifarlo, mi è piaciuto».

«E i ragazzi?» mi scappa di bocca. «Intendo dire: sei arrivato a una conclusione?»

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